Cantautore di fama, con quaranta e più anni sulle spalle, Axton ha avuto quel successo che gli compete per le sue naturali doti e di autore e di performer. Figlio d’arte, la madre Mae aveva composto nei fifthies Heartbreak Hotel con Elvis Presley, ha iniziato la carriera già nel ’58. Hoyt ha avuto una lunghissima gavetta, infatti mentre le sue doti di autore hanno avuto un responso quasi immediato, fin dall’inizio degli anni sessanta, con il grande successo Greenback Dollar, scritto per il gruppo folk Kingston Trio (di cui avrebbe fatto parte più tardi John Stewart), il suo valore di esecutore ed interprete non è stato scoperto che verso la metà degli anni settanta.
Dopo il boom di Greenback Dollar, Hoyt ha avuto un lungo tirocinio come artista folk ed ha inciso vari album di medio valore per l’etichetta Vee-Jay. Il nostro viene riscoperto da John Kay, leader degli Steppenwolf, verso la metà degli anni sessanta, mentre suona al Troubadour: tramite Kay e soci, Hoyt ha grande successo come autore con brani quali The Pusher e Snowblind Friend. Mentre fa da opening act per i Tree Dog Night, alla fine degli anni sessanta, Danny Hutton convince Hoyt a scrivere alcune canzoni per loro: così abbiamo altri due grandi hit americani: Joy To The World e Never Been To Spain.
Qui la carriera di Hoyt ha una svolta decisiva: dopo un album di buon valore per la Columbia (My Griffin Is Gone), passa alla Capitol dove nel giro di un anno incide due ottimi album: Joy To The World ed il famoso Country Anthem, che vede la partecipazione fattiva di un grande Chris Darrow. Anche se il risultato commerciale dei due dischi è pessimo, Hoyt non si perde d’animo e firma un buon contratto con l’A & M. Dal ’73 al ’76 pubblica quattro album eccellenti, che gli danno quella giusta fama di performer che per tanto tempo aveva rincorso. Dall’acustico Less Than The Song all’elettrico Life Machine, per concludere con i due stupendi esempi country progressive di Fearless e Southbound.
Il periodo trascorso con l’A & M è certamente il migliore di Axton, e la prova ne sono alcune sue splendide composizioni, che in seguito verranno riprese da vari artisti: Nono Song, un grande hit di Ringo Starr, Southbound (Commander Cody), Lion In Winter (Linda Ronstadt) Evangelina (Arlo Guthrie), quindi Boney Fingers , I Dream Of Highways, When The Morning Comes e moltissime altre.
Lasciata l’A & M per alcuni contrasti sulle scelte musicali, Hoyt passa alla MCA, ma qui la sua vena si inceppa leggermente: se Snowblind Friend è di buon valore, senza però quei lampi di genio che avevano caratterizzato le sue precedenti opere, il seguente Free Sailin’ è purtroppo deludente. Infatti la MCA cerca di trasformare Axton in una Nashville star, sulla scia di Conway Twitty e Don Williams, e l’operazione fallisce perché Hoyt esce completamente spersonalizzato da questa sua ultima fatica. Quindi il musicista lascia cadere il suo contratto per la MCA per le troppe pressioni subite, e pur mortificando la sua vitale vena di autore, esce volutamente dalla scena professionale.
Lo vediamo riapparire alla fine del ’79, con un coraggioso album autogestito. Infatti la Jeremiah Records altro non è che Axton ed il suo nucleo di famigliari ed amici: ed il disco, A Rusty Old Halo appunto, è un eccellente esempio di ottimo country rock, come da tempo non sentivamo. Per un settore chiaramente in crisi, quella di Axton è una prova vitale e valida, che pone l’album certamente ai vertici tra i prodotti attuali. Completamente libero da qualunque pressione Axton produce un disco squisitamente musicale, in cui la sua profonda voce perfettamente si adatta alle riuscite composizioni.
La musica scorre agile, splendidamente eseguita da alcuni tra i migliori session men: da Jeff Baxter (ex Steely Dan e Doobie) a Stephen Stills, da Dr. John a Garth Hudson (the Band), da John McEuen (Dirt Band) a Paul Butterfield, da James Burton a Glen D. Hardin, e così via. Le canzoni sono tutte belle, rese molto musicali dagli arrangiamenti. In particolare trovo molto riuscite le riedizioni di Evangelina e In A Young Girl’s Mind, apparse rispettivamente su Fearless e Southbound. Le nuove composizioni poi rispecchiano una invidiabile freschezza: dalla mossa Della And The Dealer alla messicana Pancho Villa, a Wild Bull Ride. A Rusty Old Halo è un gran bel disco di country, ed è la piena conferma di Hoyt Axton autore/performer. Da sentire assolutamente.
Jeremiah 5000 (Country Rock, 1979)
Paolo Carù, fonte Mucchio Selvaggio n. 26, 1980