I Dieci Migliori Dischi Degli Anni Novanta

I dieci migliori dischi country degli anni ’90 secondo Remo Ricaldone.
Condensare dieci anni di country music nashvilliana in altrettanti dischi è impresa titanica e altresì dolorosa. Dover lasciare fuori artisti importanti e dischi validissimi che hanno contraddistinto la nostra musica nella scorsa decade fa decisamente male al cuore. Per aggirare questo durissimo ostacolo e rendere il tutto più facile ho, di getto, scelto questi 10 albums che sono comunque, a mio parere, imprescindibili per ogni appassionato di american music.

BROOKS & DUNN, Brand New Man (Arista, 1991)
E’ l’inizio della ‘saga’ di Brooks & Dunn, duo che ha monopolizzato la scorsa decade con una serie infinita di Awards. Rock’n’roll infuocati, sapide ballate e trascinanti honky-tonks sono gli ingredienti di una ricetta insaporita da due grandi voci. In particolare quella di Ronnie Dunn è una delle più belle nell’ambito della country music contemporanea. Brand New Man è la perfetta sintesi del sound di Brooks & Dunn: arrangiamenti scintillanti e armonie vocali che a volte si rifanno ai grandi del periodo d’oro del country rock, Eagles su tutti. La title-track, My Next Broken Heart, Cool Drink Of Water, Neon Moon e Boot Scootin’ Boogie sono ormai dei piccoli classici. Un ottimo inizio se non conoscete ancora Brooks & Dunn o se vi siete persi (!) quello che Nashville ha proposto negli ultimi dieci/quindici anni.

CLINT BLACK, The Hard Way (RCA, 1992)
1992. Dopo due buoni albums di country music molto legati alla tradizione, esce The Hard Way che segna un notevolissimo salto di qualità e contribuisce a far diventare Clint Black una delle stars della country music degli anni ’90. Un disco assolutamente privo di pecche dove ad un eccezionale lavoro strumentale si aggiunge un’ispiratissima vena compositiva. La coppia Clint Black/Hayden Nicholas firma nove delle dieci composizioni del disco, un album dalle soluzioni melodiche mai banali che si fanno apprezzare sempre di più ascolto dopo ascolto. La travolgente We Tell Ourselves, Something To Cry About in cui duettano il dobro di Jerry Douglas e l’armonica di Clint, la scorrevole When My Ship Comes In, There Never Was A Train, nostalgica e profonda e l’honky-tonk The Good Old Days sono i punti di forza di un disco che a mio parere è nel suo genere un classico.

KATHY MATTEA, Lonesome Standard Time (Mercury, 1993)
Chi non conosce ancora la grande cantante del West Virginia può benissimo iniziare da questo suo disco. Country, bluegrass e canzone d’autore formano un insieme di rara bellezza in cui grandi compositori (Bob McDill, Kieran Kane, Hugh Moffatt, Nanci Griffith, Pat Alger) vengono rivisitati dalla notevole sensibilità e dalla splendida voce di Kathy Mattea. Gli arrangiamenti sono prettamente acustici e avvolgono la sua voce in maniera praticamente perfetta. Inutile citare qualche brano vista la coesione e la completezza della proposta. Da conoscere assolutamente.

SHAWN CAMP, Shawn Camp (Reprise, 1993)
Una delle grandi sorprese e delle grandi delusioni degli anni ’90. Eccellente cantante, chitarrista e fiddler dell’Arkansas venne fuori quasi dal nulla con un disco quasi perfetto. Trascinante e godibilissimo è uno di quei dischi che è piaciuto subito a tutti coloro ai quali l’ho fatto ascoltare, anche ai non appassionati di country music, tale è l’impatto vocale/strumentale e la bontà delle composizioni. Evidentemente non è stato così negli States visto che (e qui sta la grande delusione!) Shawn ha dovuto aspettare ben otto anni per pubblicare il suo secondo disco (Lucky Silver Dollar – estate 2001). Fallin’ Never Felt So Good, K-I-S-S-I-N-G, Man, What A Woman, Speaking Of The Angel, Bound To Cry, One Of Them Days e A Little Bit Of Love sono immediate, brillanti e soprattutto classicamente Country.

ALAN JACKSON, Who I Am (Arista, 1994)
Alan Jackson è uno dei più rispettati tra i country singers contemporanei e rappresenta alla perfezione la continuità della tradizione pur nella modernità dei suoni. Una carriera all’insegna dell’eccellenza nella quale splende questo Who I Am, a mio parere il suo disco più completo e maturo. Uno di quei dischi che mette d’accordo critici e pubblico dimostrando al tempo stesso le qualità di Alan Jackson come interprete e compositore. Tra le covers spiccano Summertime Blues, cover di Eddie Cohran anno 1958, Gone Country di Bob McDill, Song For The Life ballata senza tempo di Rodney Crowell, Thank Gog For The Radio di Max Barnes, grande firma della Nashville contemporanea e All American Country Boy dell’amico/produttore Keith Stegall. Non da meno sono Livin’ On Love, I Don’t Even Know Your Name e Let’s Get Back To Me And You, tutte firmate dallo stesso Alan Jackson.

TRAVIS TRITT, The Restless Kind (Warner Bros., 1996)
Per ulteriori informazioni rimando all’articolo di Country Store sul cantante di Marietta, Georgia. C’è poco da aggiungere su questo The Restless Kind, un disco che appassiona dall’iniziale title-track di Michael Henderson (rifatta anche da Trisha Yearwood e da Marty Stuart) alla conclusiva Where Corn Don’t Grow; la consueta miscela di country e rock’n’roll sudista qui in versione più ispirata che mai. La intensa e fattiva collaborazione dell’amico Marty Stuart e l’intelligente produzione di Don Was fanno il resto. Grande American Music!

DWIGHT YOAKAM, A Long Way Home (Reprise, 1998)
Inserire un album di Dwight Yoakam in questa scelta necessariamente limitata è molto difficile visto la qualità e la quantità della produzione del cantante di Pikeville, Kentucky trapiantato in California. A Long Way Home è comunque un disco di rara freschezza e ci mostra il Dwight Yoakam autore al top della forma. La sua classica voce nasale è più brillante che mai e gli arrangiamenti devono molto a quello che è stato definito ‘Bakersfield Sound’, del quale Dwight è stato uno dei musicisti che hanno maggiormente contribuito al suo ritorno in auge. Pedal steel e fiddle sempre in primo piano con l’immancabile Pete Anderson in veste di musicista/arrangiatore/produttore e una notevole apparizione del grande vecchio Ralph Stanley nella tradizionale Traveler’s Lantern. Una delle figure guida della Nostra Musica.

SUZY BOGGUSS, Nobody Love, Nobody Gets Hurt (Capitol, 1998)
Un disco che farà la felicità di coloro che amano le voci femminili nell’ambito della country music. La bella e brava cantante di Aledo, Illinois all’apice della sua maturità artistica. Rifuggendo il dorato mondo della pop music ci dimostra con questo suo disco come anche a Nashville ci sia spazio per la musica intelligente e ‘roots oriented’. In questo caso le radici sono la country music tradizionale (Take Me Back di Julie Miller con un Garth Brooks alle armonie vocali come lo avremmo voluto sentire sempre e Train Of Thought con altre due grandi voci come quelle di Alison Krauss e Trisha Yearwood) e la canzone d’autore qui nobilitata da firme come quelle di Cheryl Wheeler e di Kim Richey. Un disco veramente delizioso per un personaggio troppe volte sottovalutato.

RANDY TRAVIS, You And You Alone (Dreamworks, 1998)
You And You Alone segnava un punto importante nella carriera discografica di Randy Travis: un nuovo contratto dopo essere stato scaricato dalla Warner Brothers. Con il senno di poi non che le cose con la Dreamworks siano andate molto meglio (solo due albums incisi) ma dal punto di vista artistico, il periodo passato con la major affiliata al colosso di proprietà di Steven Spielberg è coinciso con un momento di grande ispirazione e freschezza. Dei due dischi questo è su un gradino più in alto; dodici grandi canzoni guidate dalla sua ormai inconfondibile e calda voce ma a stupire è la qualità della scelta del repertorio che non poteva essere più felice. The Hole di Skip Ewing apre in maniera decisa l’album ed è impossibile dimenticare gioiellini come Spirit Of A Boy, Wisdom Of A Man, Only Worse, la splendida western ballad Horse Called Music e I’m Still Here, You’re Still Gone con i contrappunti vocali di Alison Krauss e di Dan Tyminski. Randy Travis at his best!!

CHRIS KNIGHT, Chris Knight (Decca, 1998)
Straordinario esordio per un musicista che pur incidendo a Nashville si è posto in quella frangia alternativa all’establishment di Music City. Musica diretta e profonda, figlia di Steve Earle, John Prine, John Mellencamp e di tutti coloro che hanno mediato country e folk con i suoni ruvidi del rock’n’roll. Quadretti amari e poetici della più vera provincia americana (Chris è del Kentucky) in un disco che più lo si ascolta più si entra in un affascinante mondo di farmers, blue collars, di perdenti e di cuori spezzati. L’America rurale vittima dell’insensibilità e dell’ingordigia di banchieri senza scrupoli, attorno alla quale da alcuni anni si sono raccolti molti musicisti sotto l’egida di Farm Aid. It Ain’t Easy Being Me, Framed, Bring The Harvest Home, House And 90 Acres, Summer Of ’75, Love And A .45, The Hammer Going Down, The River’s Own sono solo alcuni dei brani (tutti scritti dallo stesso Chris Knight) che rendono grande questo disco.

Remo Ricaldone, fonte Country Store n. 60, 2001

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