Per metà hobo e per metà fine musicista di bluegrass e profondo ricercatore e studioso degli strumenti tradizionali rari e preziosi (dulcimer, autoharp, etc…): questo è l’identikit spirituale di Jaime Brockett, un cantautore non conosciuto da molti, ma estremamente valido e profondo per i sinceri legami che lo accomunano con la musica tradizionale, oppure al mondo di quei country-singer che non hanno raggiunto il successo pieno, ma che ti colpiscono e ti prendono completamente, nelle loro storie trasposte in chiave musicale.
Questo è il primo album dell’artista per l’Adelphi, dopo che lui aveva militato per diverso tempo tra le file della Capitol. Un cenno doveroso di gratitudine, comunque, va indirizzato alla Adelphi per avergli concesso questa ennesima possibilità di farsi conoscere presso il pubblico di amatori di musica tradizionale. Ad un attento esame o ascolto, l’album rivela spiritualità e ricerca, sposate con gusto squisitamente personale, tale da lasciare l’ascoltatore incantato. La spiritualità emerge, tenue ed ispirata, nei brani di altrui produzione: Rompin’ Rovin’ Days di Bruce Murdock e The Ballad Of Darcy Farrow di Steve Gillette, sono i due pezzi che più rimangono incisi nella mente, per questa loro caratteristica e per il dipanarsi suggestivo ed ammaliatore.
Accanto a queste, citerei la colorita North Mountain Window Song dello stesso Brockett; Rodeo Rider di Alex Bevin e Second-hand Cowboy di A.J. Rubino, entrambe, come il titolo anticipa, descrivono gli atteggiamenti ed i modi dei cow-boys in via d’estinzione, in una squisita cornice sonora. In South Coast, e nell’entusiasmante Just Stopped By To Git A Cup Of Coffee, scopriamo un Brockett sinceramente hobo, guidato dal grande Ramblin’ Jack Elliot. La passione per la ricerca, in Jaime, si denota in alcune difficili ed estimabili escursioni strumentali al dulcimer ed all’autoharp, e più precisamente nella Dulcimer Dimension Duet, un lungo ed avvincente duetto strumentale al dulcimer, consumato assieme a quel virtuoso che è Kevin Roth, e dai risultati alquanto pregevoli. Ottimi anche i due pezzi, Lost In My Stash di Brian Bowers, e I’ll Be Bach In A Minute scritta da lui medesimo, in cui il buon Brockett si accompagna all’autoharp.
In sintesi, il disco è stupendo per la varietà di stili ed il calore che vi sono profusi, e si lascia meritatamente segnalare tra i migliori di questo tardo ’77. Unico neo, in mezzo a tanta bellezza, la scarsa presenza di songs composte dallo stesso Brockett, ma per il resto non ci resta che arrenderci dinanzi alla bravura del cantautore. Importante l’aiuto prestato, in veste di session-men, dai Seldom Scene al gran completo, Kevin Roth, Ramblin’ Jack Elliott, A.J. Rubino, Scott Johnson, etc… per quel tono e colore strumentale e vocale, indispensabile per la giusta riuscita di un buon album.
Adelphi AD-1028 (Folk, 1977)
Mauro Quai, fonte Mucchio Selvaggio n. 5, 1978
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