James Morrison

Dopo alcune isolate edizioni su cilindri Zonophone (1903) ed Edison (1907) di brani irlandesi del fisarmonicista John J. Kimmel (ironia della sorte, d’origine germanica), tra gli anni 1920-1930 le maggiori compagnie discografiche americane (Columbia, Victor, Decca, Okeh, Vocalion, Brunswick, Gennett) inaugurarono nei loro cataloghi una serie in buona parte dedicata alla musica irlandese che, al fattore puramente commerciale, univa un’inestimabile opera di conservazione di materiale tradizionale destinato altrimenti ad estinguersi con la naturale scomparsa dei depositari.
Parecchi di questi 78 giri (alcuni con una velocità effettiva di rivoluzione di 75 o 76 giri al minuto!) contengono una delle più genuine, vive ed eccitanti tra le musiche etniche incise in USA nel periodo immediatamente precedente e durante la depressione.

Tra i musicisti più popolari del periodo spicca James Morrison, questo ex maestro di scuola di Riverstown (Sligo) giunto in America nel 1915. I primi strumenti musicali di James Morrison (1891-1947) furono il flauto ed il tin whistle, nonostante avesse preso lezioni di violino classico in gioventù (dimenticò presto comunque, e per sempre, a leggere e scrivere musica). Ricominciò a studiare il fiddle quando emigrò negli Stati Uniti, durante le pause che gli lasciava il suo nuovo lavoro di portiere di notte all’Essex Hotel di Boston. Molte delle sue incisioni (alcune estremamente rare, stimabili esistenti in due o tre esemplari) denotano inequivocabilmente la sua impostazione classica, molto simile a quella di un altro grande virtuoso degli anni Trenta: Hugh Gillespie.
Questa formazione accademica da autodidatta egli mantenne pressoché per tutta la vita, in tutta la sua produzione, salvo l’ultimissima in cui sembrò concedere sporadiche libertà alla propria fantasia e scegliere (forse con rammarico perché costrettovi dai discografici) tempi e melodie a lui poco congeniali (polka e walzer).
Un cenno particolare merita l’eccellente raccolta su CD From Ballymote To Brooklyn a cura del Coleman Heritage Center, edita dalla Shanachie nel 2002.

Pierangelo Valenti, fonte Suono, 2012

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