Jasper Stone – Shoot The Moon cover album

Meglio conosciuta all’interno dei confini texani come ‘the best little cowpunk band’, il gruppo nasce come quartetto formato da Ed Voyles (voce e chitarre), Henry ‘Hank’ Meyer (batteria e percussioni), Dan Stewart (voce corista e basso) e Tommy Ware (chitarra acustica e chitarra solista).
I quattro non si sono mai presi molto sul serio come musicisti, equidistanti come sono sia dal sound mainstream che da quello dell’alt. country. Sono depositari di un suono molto ruvido ed immediato, figlio di madre country e di padre punk, con una grinta ed un impatto davvero invidiabili.
Tanto per capirci siamo sullo stesso filone degli Slobberborne, degli Hollisters e degli Old ’97.

Il gruppo dei Jasper Stone, originario di Fort Worth, esordisce nel 1998 con Shoot The Moon, che contiene l’accattivante Bastard Out Of Texas, un pezzo di presa sicura ed immediata che potrebbe fare la fortuna di gente tipo Cooder Graw.
La voce di Ed è molto rustica ed epidermica e ben si presta a farsi ricordare nei pezzi quali la suddetta Bastard, Old Boots, Azle Barrel Ride, Handful Of Change e nell’esilarante Mexican Vampire Truck Drivin’ Girl.
Sono tutti pezzi di fumante rock venato di country, conditi di tutti quegli elementi che contribuiscono a creare un piccolo gioiello di produzione indie.
Non mancano comunque divagazioni più laid-back, quali $1 Rose (sporca di blues), Rural Box A (Neil Young si è trasferito in Texas?), Bound (meditabonda sugli accordi di una chitarra elettrica che prende fiato, almeno temporaneamente), Lay Me Down (inaspettatamente alt.country e di alto livello, per buona misura) e Cure For Troubled Times (gradevole esercizio elettroacustico che mette in risalto le notevoli qualità chitarristiche di Ed Voyles che, almeno in questo brano specifico, si rifà a certe sonorità tipiche dei Big In Iowa).
Nonostante il successo locale dell’album di esordio, trainato dal singolo Bastard Straight Out Of Texas, ci vogliono ben tre anni perché la band arrivi al suo secondo album.

Let ‘er Smoke esce appunto nel 2001 ed è immediatamente identificabile per la bellissima copertina, raffigurante un capo indiano con i colori di guerra.
La band ha perso per strada il chitarrista Tommy Ware e si è quindi ridotta ad un trio, ma questo non ha assolutamente pregiudicato il suo impatto sonoro.
Le parti lasciate scoperte dalla chitarra solista di Ware sono state riempite dallo strumento di Brent Boggs (che suona anche il dobro), mentre si fa sentire al fiddle (ascoltate Jack Co. Fair) l’altro gregario di nome Will Brumley. Le implicazioni country sono più evidenti in questo secondo CD, ma si tratta pur sempre di country-rock abbondantemente ‘inquinato’ da quelle sonorità punk che avevano caratterizzato (pur se in misura maggiore) il disco di esordio.
Episodi quali l’iniziale Jack Co. Fair, Grey Dog Blues o Sweet Lil’ Victim sono inconfutabilmente validi esempi di vitalità sostenuta dal fiddle ‘mercenario’ di Brumley, ma ballate quali February Light rovesciano il significato dello stesso fiddle fino quasi a commuoverci per la malinconia che esso riesce ad evocare.
E’ poi la stessa voce (di Ed Voyle) a guidare brani più grintosi quali Kickin’ The Blues, Me & Billy, Change Jar mentre la curiosa Pick Up The Pen si rifà ad influenze tipicamente alt.country.
Apartment Party ha il profumo del rock Sudista (sì, con la S maiuscola), con tanto di svisate chitarristiche d’autore, ma le conclusive I Keep My Baby Rockin’ e soprattutto la languida armonica del bassista Dan Stewart che introduce Good-bye, ripropongono influenze Younghiane che già avevamo apprezzato nell’album precedente.
Se cercate soluzioni strumentali alternative od innovatrici, questi CD non fanno per voi, ma se vi piace il sound chitarristico onesto e diretto, sporco di blues, di rock, con robuste dosi di country ed una spruzzatina (ma proprio ‘…ina’) di punk, questi ragazzi hanno ciò che fa per voi.

Hoedown Entertainment 2 (Country Punk, 1998)

Dino Della Casa, fonte Country Store n. 62, 2002

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