Nonostante gli oltre quindici anni di attività artistica di Jeanette Williams, prima in campo country e successivamente bluegrass, Jon Weisberger, noto giornalista collaboratore di numerose riviste come Bluegrass Unlimited, Bluegrass Now e No Depression – forse il più richiesto tra quelli che oggi si cimentano nella stesura dl note di copertina – si è sentito in dovere di presentarla tracciandone la biografia, cosciente della sua scarsa popolarità tra gli appassionati di musica bluegrass. Per molti americani, evidentemente, Cherry Blossom… può essere considerato un vero e proprio debutto discografico di una nuova, emergente voce femminile. Stando così le cose credo che, a maggior ragione, il suo nome sia ancora del tutto sconosciuto quaggiù, quindi faccio la mia parte anch’io passandovi qualche informazione sul suo conto.
Nata nel North Carolina, ma cresciuta in Virginia, a soli 23 anni calca già il palcoscenico eseguendo country music con una formazione elettrica che le fa guadagnare la porta della Grand Ole Opry. Nel 1989 conosce Johnny Williams e da lì a poco (1991) abbandona il vecchio cognome per indossare quello del neo marito, oltre che una parte nella di lui bluegrass band Clearwater. Il gruppo ha al suo attivo alcuni dischi, un tour europeo (mi pare abbia toccato in realtà la sola Francia) e un ‘Chris Austin Songwriting Award’ per la canzone What Will Become dello stesso Williams. Incidono anche un disco a loro nome nel ‘96, mentre il vero debutto di Jeanette risale a due anni prima, un CD registrato con i Clearwater e con la partecipazione dl special guest del calibro dl Russell Moore (IIIrd Tyme Out) e Ronnie Bowman (Lonesome River Band).
Ed eccoci a Cherry Blossom In The Springtime del 1998. La squadra che la circonda è di prim’ordine, di serie A: Dan Tyminski (co-produttore e mandolino), Tim Austin (co-produttore e chitarra ritmica), Craig ‘a-ridaje’ Smith (banjo), Ben Isaacs (contrabbasso), Aubrey Haynie (fìddle), Rob Ickes (dobro) e Gena Britt (harmonies).
Apre Break My Heart, già ascoltata da Rhonda Vincent In A Dreams Come True del ‘90 (Rebel Records). La parte cantata piace, quella strumentale, visti i nomi di cui sopra, è facilmente immaginabile. L’avrei tuttavia apprezzata di più se fosse stata registrata ad un ritmo leggermente inferiore. Altra bella prova vocale si dimostra Careful Of My Heart, un pezzo nuovo, ben costruito dal punto di vista dell’arrangiamento, relaxed nel suo incedere, con un ritornello dolcemente accattivante. Il pezzo seguente, lento ma al contempo piacevolmente cadenzato, si fa apprezzare per le avvolgenti armonizzazioni vocali, il suo titolo è Cherry Blossom… A Too Late To Say Goodbye ci si deve abituare, non credevo di poterlo ascoltare da una voce femminile, pensavo non potessero farla che dei machos come i Johnson Mountain Boys (è di Dudley Connell), e invece va bene anche così. It’s A Matter Of Time sembra una canzone come quelle che Alison Krauss amava incidere anni fa, ma è nuova di zecca, e Jeanette la veste con classe. Ed ecco il pezzo del marito Johnny, quella What Will Become Of Me che tanto lo ha gratificato come autore, e si capisce perché, è bellissima, un pezzo bluegrass veloce e moderno.
Leavin’s Heavy On My Mind mi ha catapultato indietro di oltre vent’anni, questa canzone fa parte del primo disco CMH dei fratelli Osborne, uno dei miei primissimi acquisti, è la prima volta che l’ascolto da qualcun altro, e dopo così tanto tempo: emozioni a mille. Con Lonely Side Of Goodbye si ha modo di apprezzare ancora una volta le doti di Randall Hylton autore, che uomo, e che brava Jeanette alle prese con un pezzo semplice semplice come questo: non si concede, evita possibili virtuosismi finalizzati ad arricchirlo, cosciente che tale semplicità deve rimanere intatta, è bello così proprio grazie alla sua disarmante sobrietà. In This Arms I’m Not Afraid è una canzone country, quel tipo di traditional country concepito per essere suonato In acustico, e non a caso è stato scritto dall’indimenticabile Jim Eanes. Anche Stripped Of My Pride, sempre di Randall Hylton, poteva essere inserita dalla Krauss in Two Highways o l’ve Got That Old Feeling perché, scusate il gioco di parole, possiede esattamente il feeling dl quel dischi.Si chiude con un lentaccio, Your Last Mile, di quelli che messi in fondo ad un disco hanno la funzione di lasciare all’ascoltatore una sensazione di dolcezza e serenità. Non poteva che finire così, e così finisce. In maniera forse un poco prevedibile, ma sicuramente col desiderio di riascoltarla ancora.
Doobie Shea CD 2003 (Bluegrass Moderno, 1999)
Maurizio Faulisi, fonte Country Store n. 52, 2000