Jim Hurst - Second Son cover album

Jim Hurst nel 2001 e poi ancora nel 2002 balza prepotentemente alle nostre… orecchie con l’award come miglior chitarrista per l’International Bluegrass Music Association. Nato in Kentucky ma presto trasferito in Ohio, trascorre l’infanzia con la chitarra in mano circondato da una famiglia che vive nella musica. Da loro e dall’ascolto dei grandi chitarristi, in particolare Jerry Reed, assorbe quel nutrimento che lo ha portato a suonare con molte stelle del country e del bluegrass, senza dimenticare l’attuale fruttuosa collaborazione con Missy Raines.
Chitarrista che eccelle sia nel flatpicking sia nel fingerpicking (a tratti il suo stile si potrebbe definire molto rurale e poco urbano, sempre piacevole e decisamente efficace), possiede una voce non eccelsa ma particolare e soprattutto sincera. Questo Second Son è il suo secondo lavoro a proprio nome (dopo Open Window del 1998) e, come subito ci fa notare già nel titolo, è interamente dedicato ai propri genitori ed in particolare al padre, scomparso prima di poterlo vedere musicista affermato.

All’ascolto il dischetto è ottimo: gli arrangiamenti a volte sono raffinati come nei primi tre brani, a volte più vintage come in Wings Of An Eagle o nello strumentale Stafford’s Stomp dedicato all’amico Tim Stafford, entrambi con la sua firma, a volte imprevedibili come nella combattuta Three Days Deep Forever Wide (combattuta nel senso che i vari strumenti pare che lottino per emergere), a volte esplosivi come nel classico di Earl Scruggs Lonesome Road Blues, a volte sofferti come nella tenue Danny Boy.
Il disco si avvale della collaborazione di ben ventisette altri musicisti ospiti (inutile elencarli, sono quasi tutti i migliori) con i quali Jim Hurst ci offre un sound contemporaneo che tiene sempre ben presente l’eredità della musica tradizionale, per un risultato finale strepitosamente piacevole e ricco di genuine emozioni.

Pinecastle 1119 (Bluegrass Moderno, 2002)

Claudio Pella, fonte TLJ, 2005

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