Già dal titolo e dalle illustrazioni visionarie è ben chiaro dove Jim Lauderdale abbia voluto arrivare con Headed For The Hills: un viaggio polveroso attraverso le radici della musica americana, con un’ampia gamma di coloriture e sfumature, non legate strettamente ad un genere specifico della traditional music come invece aveva fatto in precedenza.
Con la collaborazione di Robert Hunter, amico e coautore del compianto Jerry Garcia dei Grateful Dead, Lauderdale ha messo alla luce in un paio di mesi una trentina di canzoni, tredici delle quali sono presenti nell’album.
Come è solito fare, anche questa volta si è affiancato a personaggi di rilievo, riuscendo nell’intento di arricchire i differenti aspetti musicali ed emozionali delle canzoni con le diverse sensibilità creative dei singoli artisti.
Gli arrangiamenti, semplici e funzionali, sono eseguiti senza l’apporto della batteria ma con il solo ed esclusivo utilizzo di strumenti a corda, eccezion fatta per la traccia di chiusura Upside Down, realizzata con la roots jam band Donna The Buffalo al completo.
La spina dorsale delle canzoni è affidata al talento di Darrell Scott e Bryan Sutton alle chitarre, di Tim O’Brien al mandolino, di Byron House al basso, di Bucky Baxter al pedal steel e di Randy Khors al dobro, mentre Emmylou Harris, Gillian Welch, Buddy Miller e Allison Moorer si alternano nelle harmony vocals insieme a Tim Coats, co-produttore con lo stesso Lauderdale di Headed For The Hills.
Il risultato finale delle interpretazioni è di grande valore e coglie a pieno lo spirito povero e sincero di questa musica.
Una notazione particolare la meritano Sandy Ford, una storia mistica sullo sfondo della guerra civile americana, il country lento ed emozionante di Tales From The Sad Hotel e la spensierata road tune Leaving Mobile.
Dualtone 155 (Singer Songwriter, Traditional Country, 2004)
Matteo Montana, fonte JAM n. 108, 2004