Jimmie Rodgers – The Unissued Jimmie Rodgers cover album

Probabilmente non esiste un musicista americano più amato, adulato, imitato, compianto e sopravvalutato di Jimmie Rodgers, il ‘padre della country music’. Grazie a lui oggi siamo infestati dalla robaccia di Nashville e grazie alle sue illuminate manipolazioni parecchio materiale genuinamente tradizionale ci è giunto praticamente irriconoscibile.

Purtroppo ci si sono messi anche certi studiosi di blues, nostrani e non, che hanno visto e vedono in Rodgers una specie di paladino bianco che ha elevato i ‘blues della strada ferrata’ al rango di forma musicale compiuta e dignitosa e, in definitiva, come colui che ha aiutato l’idioma di colore ad uscire dai ghetti dell’emarginazione e della sottocultura; francamente ci sembra che i blues di Rodgers, sdolcinati al punto giusto, di maniera e privi di un qualsiasi aggancio con la realtà (eccetto forse quelli ispirati dalla e alla TBC, la terribile malattia che lo porterà alla tomba nel 1933 a soli 36 anni), facciano sorridere ancora oggi i bianchi e con tutta probabilità facciano incazzare una volta di più i negri.

Con una o due eccezioni tutti i brani del leggendario ‘Blue Yodeler’ sono stati riediti dalla RCA americana in una serie di sette LPs in rapida successione nel decennio 1954-1964. Usciti dal mercato con la stessa velocità con la quale furono immessi, i dischi si possono reperire forse ancora tra le giacenze di qualche negozio specializzato nell’importazione, anche in Italia.

Quest’album, al quale farà seguito ben presto un gemello, The Unheard Jimmie Rodgers (ACM-12), presenta una generosa selezione di matrici mai pubblicate, scarti delle varie sessions, brani eseguiti nella forma non definitiva o appena abbozzati, arrangiamenti molto differenti da quelli resi a suo tempo di dominio pubblico. A parte un supposto valore storico del materiale e la quantità ancora a disposizione per future emissioni (Rodgers incise 122 titoli con almeno 3 ‘takes’ per titolo!), il sottoscritto non può fare a meno di domandarsi a chi possa interessare se, per esempio, in una particolare traccia della nota My Rough & Rowdy Ways lo yodel durava 5 secondi anziché 15, o se l’ordine degli assolo fiatistici era diverso nel primo tentativo di My Good Gal’s Gone Blues, o ancora se la forma arcaica di Whisper Your Mother’s Name marciava più lenta di quella ufficiale.

I lettori desiderosi di conoscere anche il personaggio Rodgers farebbero meglio ad andare a caccia dei dischi citati sopra od orientarsi verso un paio di recenti antologie di marca britannica (c/o 20 Of The Best Of Jimmie Rodgers, RCA NL-89370) invece di perdersi in quisquilie e scarabocchi che lasciano il tempo che trovano, giovano a pochi maniaci del vinile d’annata a corto di cartucce e penalizzano in maniera indecente ed irriguardosa un artista che ha comunque il suo altare nel santuario della Country Music Hall of Fame.

ACM-11 (Early Country, 1983)

Pierangelo Valenti, fonte Hi, Folks! n.9, 1984

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