John Gorka è uno dei musicisti più carismatici della canzone d’autore di ispirazione folk negli States. La sua splendida voce baritonale ed il suo approccio poetico, disincantato, talvolta ironico ma sempre profondo lo ha portato ad essere considerato in Patria uno dei grandi storytellers che ha proseguito la tradizione di nomi ormai storici come Bob Dylan, Townes Van Zandt, Nanci Griffith, Kate Wolf, Jack Hardy e John Prine.
Nel corso della sua carriera discografica composta da otto albums usciti nell’arco di quattordici anni, John Gorka ha affinato doti poetiche e strumentali notevolissime che, assieme ad un istintivo senso della melodia e ad un amore mai sopito per le più genuine ‘roots’ statunitensi, ne hanno forgiato uno stile personale e riconoscibilissimo.
In tempi recenti è stato invitato anche a confrontarsi con materiale impegnativo come lo possono essere canzoni di Pete Seeger, Kate Wolf, Phil Ochs e Bob Dylan, e John Gorka ha nobilitato i tributi a questi grandi autori con uno stile che ne ha rivitalizzato le melodie.
I dischi di John Gorka rappresentano un salutare viaggio sonoro in un’America molto lontana dal glamour e dalla logica del guadagno a tutti i costi, andando a scoprire personaggi e storie di tutti i giorni, con un piacevole tocco autobiografico e una visione del mondo positiva anche se talvolta un po’ amara.
Sopra tutto, come già detto, c’è la sua bellissima voce, maturata notevolmente nel corso degli anni e ricca di sfumature e di poesia.
John Gorka nasce a Newark, New Jersey nel luglio 1958. Cresce nella non lontana Colonia, NJ e il suo primo contatto con la musica avviene nella maniera più comune: una chitarra regalatagli dai genitori per Natale.
Siamo nella seconda metà degli anni sessanta e bisogna aspettare gli anni di high school perché John Gorka inizi a scrivere canzoni. Qualche anno dopo si trasferisce a Betlehem, Pennsylvania per frequentare il Moravian College e lì inizia ad esibirsi in un gruppo chiamato in maniera un po’ bizzarra Razzy Dazzy Spasm Band in cui per un certo periodo milita Richard Shindell che anni dopo diventerà un altro dei grandi cantautori della scena folk.
Il gruppo miscela influenze bluegrass, country, blues e folk in maniera inevitabilmente ancora acerba.
Un passo fondamentale per la carriera di John Gorka avviene quando inizia ad esibirsi regolarmente come folksinger in un noto locale della zona chiamato Godfrey Daniels. All’inizio degli anni ’80 diventa colui che ufficialmente apre i concerti che propone il Godfrey Daniels e lì conosce i migliori nomi del cantautorato USA: Nanci Griffith, Bill Morrissey, Claudia Schmidt, Jack Hardy e molti altri.
Proprio Nanci Griffith lo incoraggia a partecipare al Festival Folk di Kerrville in Texas dove nel 1984 vince il premio denominato ‘New Folk Competition’.
Jack Hardy, in quegli anni figura guida della scena folk del Greenwich Village, lo introduce negli ambienti newyorkesi facendolo conoscere ed apprezzare. John Gorka comunque preferisce continuare a risiedere nella quiete della Pennsylvania e per alcuni anni si dedica di giorno a saltuari lavori (tra l’altro lavora anche per la storica rivista folk Sing Out!), esibendosi la sera come cantautore.
Solo nel 1986 decide di dedicarsi a tempo pieno alla musica. Il primo album di John Gorka esce nel 1987 per la giovanissima label del Minnesota Red House e si intitola I Know. Ci troviamo subito davanti ad una musicalità fresca e brillante, molto acustica e ricca di feeling: Downtown Tonight è un magnifico esempio di tutto ciò, melodia di grande presa, assoli di chitarra acustica di Frank Christian e voci che si intrecciano (Shawn Colvin, Lucy Kaplanky e Janice Kollar).
Country e folk sono le matrici della successiva Winter Cows, con fiddle e mandolino a dominare la scena.
In Blues Palace la voce di John Gorka si colora di ‘black’, accompagnato dalla slide acustica di Frank Christian che è il perno attorno al quale ruotano gli arrangiamenti del disco.
Love Is Our Cross To Bear è diventato nel corso degli anni uno dei suoi cavalli di battaglia ed è una delicata ed amara visione di una amore particolarmente complicato.
Anche I Saw A Stranger With Your Hair, ironica e surreale, è da annoverare tra le più riuscite, con un coro che ricorda le splendide armonie vocali di Crosby, Stills, Nash & Young.
I Know è un esordio che colpisce subito per la maturità del songwriting e per l’estrema perizia negli arrangiamenti, curati dalla coppia Janice e Bill Kollar. Tra i ringraziamenti spiccano i nomi di coloro che John considera i suoi ispiratori, nomi che in qualche caso sorprendono: Ray Charles, Nanci Griffith, Jack Hardy, Stan Rogers, Claudia Schmidt, Frank Sinatra (ascoltatevi Out Of My Mind!), Bill Withers.
Ben tre anni trascorrono da I Know a Land Of The Bottom Line (1990), suo secondo disco. La nuova decade si apre con un nuovo contratto discografico per John Gorka, un contratto di tutto rispetto stipulato con la Windham Hill, l’etichetta californiana che ha ‘inventato’ la new age e che in quel periodo voleva diversificare la propria proposta con cantautori di estrazione folk mettendo sotto contratto anche l’ottimo Pierce Pettis.
Land Of The Bottom Line non ha un suono molto diverso dal precedente, la produzione è di Bill Kollar, i musicisti sono della scena folk di New York City, i suoni ancora essenzialmente acustici. Sono comunque le canzoni a renderlo un disco molto valido; quindici canzoni per un’ora di musica profondamente sentita e interpretata veramente con il cuore.
Ci sono due riletture di brani presenti sul suo primo disco: I Saw A Stranger With Your Hair e Love Is Our Cross To Bear, che comunque non aggiungono nulla di nuovo.
Il resto è eccellente, canzoni come Armed With A Broken Heart, Raven In The Storm, Stranger In My Driver’s Seat, una canzone che nel suo incedere ricorda le epiche composizioni del compianto cantautore canadese Stan Rogers, Dream Street, la delicata Italian Girls, Jailbirds In The Bighouse e Promnight In Pigtown sono storie di amori e disillusioni, di amicizie e di vita ambientate nel nativo New England, con le luci di New York in lontananza.
Intanto il rapporto artistico con la Windham Hill si consolida: John Gorka viene invitato in California e nel 1991 incide a San Francisco il suo terzo lavoro, Jack’s Crows. La produzione è nelle mani di Dawn Atkinson e William Ackerman, i fondatori del’etichetta californiana che affiancano al Nostro il virtuoso del basso (elettrico e fretless) Michael Manring e in alcuni brani il quartetto d’archi Turtle Island String Quartet.
A rappresentare la continuità vi sono le voci di Shawn Colvin e Lucy Kaplansky, qui presenti con il cantautore David Wilcox. Jack’s Crows è la conferma della caratura di questo ‘modern day troubadour’, folksinger che ci propone una selezione ancora una volta di altissima qualità e pathos interpretativo.
Treasure Islands è una trascinante composizione in cui svettano Michael Manring e la dodici corde di John Gorka, mentre Jack’s Crows è una rarefatta ed affascinante allegoria basata sulla figura di un vagabondo che gira per tutti gli States.
Ottime la folk song Houses In The Fields, impreziosita dagli interventi del violinista Darol Anger, i ricordi familiari di Semper Fi, titolo preso dal motto dei marines ‘semper fidelis’, l’asprezza di Where The Bottles Break che ricorda Bruce Cockburn e I’m From New Jersey.
Un disco intimista ed introverso.
Nel 1992 la High Street Records pubblica Temporary Road, un disco molto più ottimista e gioioso del precedente. Sonorità che vengono impreziosite da una strumentazione più ampia: chitarre acustiche ed elettriche, slide, mandolino, violino, armonica, tastiere.
La voce di Nanci Griffith poi illumina alcune tra le più belle canzoni del disco: The Gypsy Life, I Don’t Feel Like A Train, Grand Larceny e Can You Understand My Joy? sono cristalline e preziose. L’iniziale Looking Forward ha un incedere sonoro he ricorda ancora una volta il grande canadese Bruce Cockburn mentre Baby Blues è più elettrica e sconfina nel blues, così come When She Kisses Me con la slide di Roy Rogers e i cori di Cliff Eberhardt.
La title-track Temporary Road vede il solo John Gorka alla chitarra acustica ed è ancora rara poesia.
All That Hammering può essere uno dei brani tematicamente più significativi del disco, una storia che parla della scoperta del lato più ottimistico di se stessi dopo anni di marcato pessimismo. Temporary Road è anche il disco più politico di John Gorka: essendo stato concepito per la maggior parte nel 1991, si riflettono molte considerazioni (amare) sulla situazione mondiale alla luce della Guerra del Golfo. Alcune delle composizioni, in contrasto con suoni ‘allegri’, sono prese di posizione chiaramente anti-militariste e critiche nei confronti della allora amministrazione Bush Sr., fino ad arrivare alla conclusiva Brown Shirt in cui paragona il Presidente USA ad Adolf Hitler per aver usato la stessa espressione ad indicare lo scopo della loro politica: il New World Order.
Per il successivo disco John Gorka sceglie Nashville come sede di registrazione e John Jennings come produttore. Il fido chitarrista di Mary Chapin Carpenter confeziona un suono eccellente per le canzoni di John Gorka, che si dimostra più informa che mai.
Alle sessions partecipano oltre a Mary Chapin Carpenter e John Jennings, Kathy Mattea, Matt Rollings, Tim O’Brien, Jerry Douglas, Leo Kottke e Dave Mattacks.
Good Noise apre il disco in maniera notevole ed è anche uno dei rarissimi brani che si possono definire di un certo successo commerciale. Nulla di clamoroso ma l’estremo appeal della canzone, con i suoi cori quasi gospel lo rende un brano orecchiabilissimo.
Out Of The Valley è un disco da considerare tra i migliori di una discografia qualitativamente eccellente, merito soprattutto di una produzione che mette in luce aspetti fino ad allora poco noti della musica di John Gorka.
That’s Why è un viaggio attraverso i miti della musica americana ispirato alla figura di Elvis Presley, con la voce di Kathy Mattea in sottofondo.
Talk About Love è un altro dei brani più ‘easy’, con la splendida voce di Jonell Mosser in un blue-eyed soul che sembra uscito da un vecchio album di Van Morrison. Sorprendente.
Jerry Douglas con la sua chitarra Weisenborn è il protagonista della sognante Bigtime Lonesome duettando con la chitarra di John Gorka.
Out Of The Valley è una ballata più classica per il suo repertorio e vede la presenza di Mary Chapin ai cori.
Il dobro di Jerry Douglas ed il mandolino di Tim O’Brien guidano invece una delle più tradizionali tra le canzoni del disco, Always Going Home.
Chiude l’album Up Until Then, solare e trascinante, in un disco che assieme al precedente forma un’ideale coppia per coloro che vogliono avvicinarsi per la prima volta alla musica di John Gorka.
Dopo questo album si rafforza il legame artistico con John Jennings che produce anche il seguente disco di John, Between Five And Seven (1996). L’album è inciso nel Minnesota e vede coinvolta l’intera band che accompagna Mary Chapin Carpenter: Robbie Magruder alla batteria, J.T. Brown al basso, Jon Carroll alle tastiere, Duke Levine alle chitarre e l’immancabile John Jennings. In più sono da citare le apparizioni di Peter Ostroushko al violino e la coppia Lucy Kaplansky e Jennifer Kimball ai cori.
Between Five And Seven è un disco molto omogeneo, con un suono che prende spunto dal folk ma spesso sconfina in altri territori musicali per formare un tutt’uno difficilmente etichettabile.
In un disco come questo è difficile citare qualche brano; Blue Chalk senza dubbio, con un magnifico rincorrersi di chitarra acustica e mandolino, Can’t Make Up My Mind, una di quelle canzoni la cui melodia rimane subito scolpita nella mente, My Invisible Gun moderna folk song, schietta e sincera, Campaign Trail molto sixties e la splendida e conclusiva Scraping Dixie.
Between Five And Seven è uno dei dischi più compatti del cantautore del New Jersey, quasi come se fosse un concept album, un lavoro che ci mostra un artista ormai maturo ed ispirato da una vena poetica notevole.
La carriera con la Windham Hill si esaurisce con questo disco e John Gorka decide di trasferirsi nel Minnesota; a questo punto viene quasi naturale riavvicinarsi all’etichetta che diede fiducia all’allora giovane cantautore permettenogli di esordire in maniera molto positiva, la Red House Records di St.Paul, Minnesota.
Nonostante il cambio di casa discografica il ‘giro’ di artisti che circonda John Gorka non è cambiato, con John Jennings e lo stesso John alla produzione Lucy Kaplansky, Dean Magraw, Michael Manring, Peter Ostroushko e Andy Stochansky a cesellare i suoni e le voci. Gli arrangiamenti sono sempre più ricercati e perfetti, la voce avvolgente e calda.
Particolarissimo è l’uso della sezione ritmica (Michael Manring al basso e Andy Stochansky alle percussioni) che forma un tappeto sonoro a volte jazzato a volte quasi ‘etnico’ sul quale si inseriscono chitarra acustica, violino, mandolino e anche banjo. John Gorka riprende questo strumento dopo tantissimi anni e per la prima volta su disco, da quando giovanissimo si vide costretto a ripiegare sul banjo perché il fratello maggiore gli soffiò la chitarra regalatagli dai genitori.
After Yesterday è uno di quei dischi che cresce enormemente ascolto dopo ascolto, con canzoni che ben presto prendono il loro posto nel cuore dell’ascoltatore. Silvertown, Thorny Patch, Cypress Tree, January Floor, Amber Lee e la quasi bluegrass St. Caffeine sono solo alcune tra le composizioni più brillanti di un album forse leggermente meno immediato dei precedenti ma ugualmente valido.
Il più recente disco di John Gorka risale alla primavera del 2001 e si intitola The Company You Keep, ancora inciso per la Red House Records. La produzione questa volta è in comune con Rob Genadek e Andy Stochansky cha affiancano il Nostro.
Uno dei leit-motiv del disco è la presenza costante di una voce femminile a duettare con John Gorka o a fornirgli una solida base su cui esprimersi. Grandi personaggi come Mary Chapin Carpenter, Ani Di Franco, Patty Larkin, Kathleen Johnson e Lucy Kaplansky danno un tocco in pìù ai brani di The Company You Keep.
Sin dall’iniziale What Was That ritroviamo tutte le caratteristiche tipiche della musica di John Gorka: una voce sempre affascinante e calda, contrappunti vocali (in questo caso ad opera della cantante di Minneapolis Kathleen Johnson) di classe, strumenti pizzicati in punta di dita, grande senso della melodia.
A Saint’s Complaint con il suo particolare gioco di percussioni, Oh Abraham melodia folk di raffinata bellezza, When You Walk In canzone di amicizia in cui troviamo Mary Chapin e John Jennings, Shape Of The World e Joint Of No Return divertente e leggera formano il cuore del disco.
Da citare anche il classico country di Hank Senior Moment e People My Age, melodia tradizionale per una canzone sul tempo che passa e sull’invecchiamento.
John Gorka in questi otto albums ha avuto il grande merito di crearsi uno stile personale prendendo spunto da innumerevoli influenze, di averlo maturato fino ad arrivare ad una proposta di notevolissima qualità.
Entrare nel suo mondo musicale è un’esperienza che consiglio caldamente per conoscere un musicista di estrema sensibilità che saprà regalare emozioni a tutti gli appassionati di American Music (nel senso più ampio del termine).
Remo Ricaldone, fonte Country Store n. 59, 2001