Avevamo lasciato John Lee Hooker con il box antologico commemorativo, rivisitato in un articolo del nostro n. 141. Ma ciclicamente ricompaiono sul mercato pubblicazioni col suo materiale e ci accorgiamo di non sapere resistere alla tentazione di occuparcene. È il caso di questo mini-cofanetto triplo edito dalla Ace inglese contenente settantuno incisioni del periodo iniziale a Detroit realizzati per Bernie Besman. E’ una fase della produzione hookeriana abbastanza caotica, le registrazioni infatti sono apparse su molte etichette differenti (Modern/Crown, Specialty, Sensation). Per provare a fare ordine e rivolgendo lo sguardo soltanto ai CD, parte di questo materiale è stato raccolto e pubblicato proprio dalla Ace a cominciare dal fondamentale The Legendary Modern Recordings(315), proseguendo poi con Everybody’s Blues (474), Graveyard Blues(421) e Blues Brothers (405). Senza dimenticare che Besman ha preso accordi per la pubblicazione di tutta una serie di outtakes o versioni alternative e finite in un altro triplo CD edito dalla Capitol negli anni Novanta, Alternative Boogie: Early Studio Recordings 1948-52 (Il Blues n. 54, riedizione degli LP della United Artists anni Settanta. Ci sono stati poi anche diverse raccolte come The Complete John Lee Hooker edito in vari volumi dalla francese Body & Soul, un box economico della JSP ed altre uscite di collezioni economiche più o meno legali.
Non parliamo qui invece di tutto quel materiale coevo che Hooker registrò per varie altre etichette, utilizzando una serie di bizzarri pseudonimi, tramite Joe Von Battle, proprietario di un negozio su Hastings Street. Tornando al contenuto del triplo in questione non può dirsi un’integrale di tutto il materiale di Besman, infatti non sono presenti alcuni brani inclusi nel Capitol appena menzionato. Tuttavia, la Ace nel riesaminare e catalogare le registrazioni a sua disposizione ha portato alla luce diciannove versioni estese o alternative di canzoni già conosciute e le ha incluse in questa raccolta. Inutile ribadire come queste incisioni, in qualunque formato si posseggano, costituiscano un nodo cruciale nella storia di questa musica e il riascoltarle in questa veste, non fa che confermarlo. Gli scritti di Peter Guralnick e del musicologo Wayne Goins si premurano di rimarcare il carattere atipico della musica di Hooker, il suo essere primordiale e futurista insieme. Sappiamo come tra i bluesmen che lo hanno influenzato ci siano stati Tony Hollins o Tommy McClennan e soprattutto il patrigno Will Moore, nell’intervista concessa a Jas Obrecht (Il Blues n. 61) disse, “lo ascoltai (Moore) fare una canzone come quella (Boogie Chillen), quando ero ancora un bambino giù nel sud, lui non la chiamava così. Ma aveva quel beat”. Sappiamo anche che fu con tutta probabilità Elmer Barbee, il primo manager di John Lee, i due si conobbero in occasione di un concerto all’Apex bar, un locale, ad introdurlo a Bernie Besman.
Questi, era un impresario nativo di Kiev ed immigrato prima a Londra e poi negli anni Venti a Detroit, dove forma persino un gruppo, essendo un buon pianista. Besman fa buoni affari nella distribuzione di dischi acquisendo una compagnia chiamata Pan American, rivolta al mercato afroamericano. Poi con un socio, John Kaplan, crea anche una piccola etichetta indipendente, la Sensation, il nome lo scelsero per omonimia con un club cittadino. Quando gli fecero ascoltare una sorta di demo di Hooker realizzati da Barbee, Besman rimase piuttosto disorientato. In Boogie Man, la biografia scritta da Charles Shaar Murray racconta, “Il blues che si vendeva allora erano cose come Johnny Moore’s Three Blazers con Charles Brown al piano o T-Bone Walker…dodici battute. Questa (di Hooker) era una cosa del tutto diversa, che francamente non capivo”.
Decise di fare incidere Hooker che pure nei club di Hastings Street era solito suonare con una piccola band, da solo, solo voce e chitarra e l’intuizione si rivela azzeccata. Nel novembre 1948 esce un singolo epocale Sally Mae / Boogie Chillen ma Besman decise di non pubblicarlo sulla Sensation, fece un accordo per darlo in licenza all’etichetta losangelina dei fratelli Bihari, la Modern. Beneficiando della estesa rete di rivendite soprattutto nel Sud della Modern e di una buona diffusione radiofonica, Boogie Chillen diventa un clamoroso e forse inatteso successo, di grande impatto su tantissimi aspiranti o futuri musicisti. Ad esso seguono una sfilza di pezz storici, qui inclusi, come Hobo Blues, Crawling Kingsnake o Burnin’ Hell per i quali viene naturale spendere una serie di superlativi.
La musica di Hooker è qualcosa per così dire, di mesmerico, accentuato da una compenetrazione tra voce e chitarra del tutto a sé stante. Hooker poi ha sempre avuto la capacità di personalizzare brani di altri, pensiamo a Sailing Blues che riscrive Driftin’ Blues di Charles Brown o Key To The Highway. Eddie Burns, che qualche volta accompagnava all’armonica Hooker, come su Burnin’ Hell, ricorda il suo modo di suonare e l’espediente per amplificare il battito del piede, “John Lee faceva così, era la sua specialità e Bernie lo sapeva. E prendeva quelle sedie pieghevoli di legno, ne metteva due sul pavimento e ci metteva sopra Hooker. Così quando John Lee suonava…bam, bam, bam, di questo effetto era contento.” (Il Blues n. 132 nell’intervista di Jas Obrecht). Besman come ha notato Ted Gioia nel suo Delta Blues, aveva compreso la singolarità di Hooker, sapeva di doverne catturare l’estro del momento, un procedere poco strutturato o comunque irregolare, in cui la ripetizione di un brano sovente divergeva in modo sostanziale dalla versione che aveva finito di suonare magari solo pochi minuti prima. Lo si vede dalle quattro versioni di Build Myself A Cave e delle cinque (!) di Boogie Chillen#2. In altri casi, come le quattro varianti di I’m In The Mood, con o senza armonica, ci permettono di comprendere la lavorazione del brano, con il raddoppio e leggero ritardo della voce di Hooker, per una bella intuizione di Besman.
Ma potremmo citare altri brani caratterizzati di quel periodo fecondo, esempi altrettanto fulgidi della sua arte, pensiamo in particolare a Moon Is Rising o ancora ad un raro strumentale come Hoogie Boogie. Chiude la raccolta, che beneficia di un suono più accurato delle versioni precedenti, un 78 giri di Eddie Kirkland uscito per RPM, frequente partner di Hooker, in cui una volta tanto, i ruoli si invertono It’s Time For Lovin’ To Be Done / That’s All Right. Besman nel 1952 si trasferì in California, terra che anche Hooker avrebbe eletto a residenza dalla fine dei Sessanta. Malgrado i rapporti tra discografici e artisti specie se afroamericani, sia stato da sempre sbilanciato a favore dei primi, senza parlare poi del capitolo relativo ai diritti d’autore, a quanto pare i rapporti lui e Hooker rimasero buoni. Si ritrovarono persino nel 1961 quando Besman produsse una session di Hooker edita dalla Galaxy e avvenuta a Culver City, California. Nell’intervista concessa ad Antonio Lodetti e apparsa nel n. 50 de Il Blues Hooker disse di lui, “è una persona a posto, lo ricordo con piacere, ci siamo incontrati al momento giusto ed è stata una fortuna per entrambi”.
Matteo Bossi, fonte Il Blues n. 151, 2020