E’ difficile condensare quello che Johnny Cash ha significato e significa tutt’ora per la musica country. Per gli amanti delle statistiche possiamo riportare che le canzoni che ha registrato superano le 1500 unità e che sono distribuite su circa 500 albums (contando solo le edizioni americane ed europee) dei quali ben 45 sono attualmente ancora disponibili a catalogo e possiamo aggiungere che si è aggiudicato ben 11 Grammies (l’oscar della musica), ma Johnny Cash è molto di più: “…Una delle figure di maggiore influenza e riferimento nella musica country del periodo posteriore alla II Guerra Mondiale.” Stephen Thomas Erlewine, All Music Guide.
La musica di Johnny Cash non può essere etichettata ‘country’ in modo semplice e sbrigativo: questo personaggio ha creato uno stile sonoro indiscutibilmente ‘suo’, il ‘boom-chicka-boom sound, che si riferisce alla ritmica ripetitiva che ha sempre caratterizzato la sua espressione musicale, sottolineata da una grande e profonda voce, baritonale ed inconfondibile.
Johnny Cash nasce in Arkansas da una famiglia molto umile e comincia a scrivere canzoni a 12 anni. Soltanto durante la guerra di Corea degli anni ’50, Johnny, che presta servizio militare in aviazione, impara da autodidatta a suonare la chitarra e fra le sua prime canzoni resta quella Folsom Prison Blues che ripropone ancora dal vivo oltre a Hey Porter, I Walk The Line, Get Rhythm e Big River, solo per citarne alcune.
La sua prima band di un certo nome è formata da Luther Perkins (chitarra elettrica) e Marshall Grant (basso): i tre ottengono un contratto per la Sun come Johnny Cash & the Tennessee Two, che diventeranno Three all’arrivo del batterista W.S. Holland.
Nel ’59, alla scadenza del contratto con la Sun, Johnny Cash firma con la Columbia e resterà con questa major fino all’86, sfornando un numero impressionante di albums e di brani epici, alcuni originali (I Still Miss Someone e Tennessee Flat-Top Box) altri presi a prestito dal repertorio di altri autori: Ring Of Fire (co-firmata da June Carter), Jackson, A Boy Named Sue, Sunday Morning Coming Down e Ghost Riders In The Sky.
Dopo il periodo Columbia, sicuramente il suo migliore, Johnny firma per la Mercury (’87-’90) per la quale produce albums significativi quali Boom Chicka Boom, Johnny Cash Is Coming To Town e Waters From The Wells Of Home. Nell’arco del decennio ’85-’95 Johnny incide tre albums insieme a Willie Nelson, Waylon Jennings e Kris Kristofferson sotto il nome di Highwayman, con ottimi risultati, specie per il primo disco omonimo.
Per quattro anni Johnny non incide più da solista, poi è Rick Rubin dell’American Records a riportarlo in studio per una serie di albums che riconducono John ai livelli artistici più alti: American Recordings, Unchained, VH1 – Storytellers (live acustico con Willie Nelson), American III: Solitary Man e Cash – The Man Comes Around (uscito anche come vinile doppio con due bonus tracks aggiunti – Wichita Lineman e Big Iron – rispetto alla versione CD singolo) fanno parte del presente.
La vita privata di Johnny non è stata certo tranquilla. Il matrimonio del ’54 con Vivian Liberto porta al divorzio nel ’66, ma di lì a poco egli incontra June Carter (della storica Carter Family, icona della musica country-folk), che si legherà a lui e che sarà la colonna portante del suo ritorno dal periodo tenebroso degli abusi di alcool e droga nel quale era caduto.
Con lei al fianco, nella vita come sul palco, John ricostruirà la sua carriera e collezionerà addirittura successi non trascurabili (Jackson, Give My Love To Rose ed Understand Your Man). Purtroppo June muore nel 2003 e questo lascia un segno indelebile nella salute già minata di Johnny, pur attorniato dalle quattro figlie, Rosanne (country singer di talento e successo ed ex-moglie di Rodney Crowell), Tara, Cindy (ex-moglie di Marty Stuart) e Kathy, e dall’unico figlio maschio, John Carter Cash; da sottolineare come tutti, in un momento od un altro, abbiano registrato insieme al padre.
26.2.1932 – 12.9.2003
Country Gospel, Hillbilly, Rockabilly, Cowboy Music, Traditional Country
Dino Della Casa, fonte TLJ, 2003