Johnny Cash

John R. ‘Johnny’ Cash è un uomo che ha sempre rappresentato un riferimento.
Scrivere che aveva rappresentato un riferimento sarebbe tragicamente errato e fuorviante, in quanto Johnny impersona tutt’ora – nonostante la sua recente, tragica scomparsa – un’icona del mondo della country music, sia essa tradizionale o moderna.
Non si pensi che la sua collocazione anagrafica lo possa relegare entro confini temporali ben definiti: la sua influenza travalica tranquillamente le barriere del tempo e fra coloro che si rifanno palesemente e per loro stessa ammissione allo stile del grande man in black ci sono i più bei nomi della country-music moderna (attenzione, non sto parlando di new-country).
Marty Stuart, tanto per citare un nome, artista in his own right con una decina di albums all’attivo, oltre a ricoprire una carica di grande prestigio all’interno della Country Music Association, non ha mai fatto mistero della considerazione e della venerazione vera e propria che prova nei confronti di Johnny Cash. Rodney Crowell, nel suo penultimo album autobiografico The Houston Kid, rilegge e reinterpreta una versione riveduta e corretta del classico I Walk The Line, che arriva ad ospitare lo stesso Johnny come guest vocalist.

Non devono pensare male i più maliziosi e bene informati ritenendo che questa considerazione derivi dal fatto che, in momenti diversi, entrambi gli artisti citati abbiamo avuto legami di parentela – acquisita – con Johnny: vero è che Marty Styart è stato sposato con Cindy Cash e che Rodney Crowell ha intrattenuto lo stesso tipo di relazione con la di lei sorella Rosanne Cash, ma Johnny Cash è stato chiamato, da pari, anche alla corte degli U2 per The Wanderer e qui le affinità artistiche certo non si sprecano.
In questa sede non vogliamo sicuramente tracciare una biografia cronologica in senso stretto, citando date, luoghi, etichette e titoli di albums e di canzoni che hanno segnato mezzo secolo di country-music. Johnny ha conquistato il cuore di tanta gente attraverso la sua musica ed è proprio la diversità di queste stesse persone che lo rende un fenomeno di massa nell’accezione più ampia del temine.
Ricordo ancora con malinconia la sua grande umanità sul palcoscenico di un noto festival elvetico quando, a seguito di una sua battuta piccante, Johnny viene platealmente ed affettuosamente redarguito dalla moglie June Carter-Cash, che gli appioppa un sonoro e pubblico calcio nel sedere a sottolineare, al di là di ogni possibile fraintendimento, la sua palese disapprovazione per quel genere di humor. E lui, imperterrito e sorridente, imbraccia la chitarra, lancia un’occhiata di intesa complice alla sezione ritmica e via… con il suo inconfondibile boom-chicka-boom sound che ha da sempre contraddistinto la sua oceanica produzione.

Sì, perché oltre cinquecento albums (solo per le edizioni americane ed inglesi, si intende) all’attivo non sono proprio alla portata di tutti e non va dimenticato che Johnny aveva già iniziato a lavorare al materiale del prossimo album, se il maledetto diabete che ci aveva già tolto Waylon Jennings non ce lo avesse rubato.

Già, quante analogie fra Johnny e Waylon: salvati dall’abisso dell’alcol e della droga dalle rispettive consorti, June Carter e Jessi Colter, entrambe già separate dai rispettivi ex-mariti ed artisti di fama (quest’ultima all’anagrafe faceva Mirriam Eddy, ex-moglie del chitarrista Duane Eddy, con il quale aveva comunque continuato a lavorare a produzioni discografiche saltuarie, tipo il singolo You Are My Sunshine (1976 su Elektra), dove Duane Eddy suona, mentre Jessi Colter canta con il suo nuovo consorte, tale Waylon Jennings, appunto.
Entrambi figure fondamentali della country-music della seconda metà del secolo, artisti titolari di discografie sterminate ed altrettanto numerose ristampe e compilations, compagni di avventura ed apprezzatissimi solisti ed entrambi accomunati dalla stessa malattia che ce li ha strappati, sempre troppo presto.

Scrivendo sull’onda dell’emozione e tralasciando – per una volta – il distacco che si dice debba sempre caratterizzare l’opera dell’austero e criticamente imparziale recensore, come possiamo fare a meno di citare un pugno di brani che, per un motivo o per l’altro, rappresentano alcune stelle del firmamento delle canzoni che resteranno nella storia della musica americana: I Walk The Line, Folsom Prison Blues, Ring Of Fire, Hey Porter, Big River, Get Rhythm, Tennesse Flat-top Box, I Still Miss Someone, A Boy Named Sue, Sunday Morning Coming Down e Ragged Old Flag.
Come dimenticare gli imperituri duetti con artisti altrettanto grandi quali Bob Dylan, con Girl From The North Country che è inclusa nel suo country album intitolato Nashville Skyline e June Carter-Cash che duetta in Jackson, che resta un pezzo trascinante ancora oggi. Johnny ha collaborato con Waylon Jennings sia nell’album in coppia intitolato Heroes, che nell’avventura con Willie Nelson e Kris Kristofferson sotto il nome di Highwayman, compagine che ha prodotto covers imprescindibili quali The Last Cowboy Song (Ed Bruce) e Desperados Waiting For A Train (Guy Clark). Il solo Willie ha poi registrato un album dal vivo con Johnny intitolato VH1 Storytellers, contenente la versione live della più bella canzone western di tutti i tempi – almeno a parere del Vostro recensore – quella Ghost Riders In The Sky di Stan Jones, che Johnny aveva già incluso in una eccellente ed irripetibile versione nel suo album intitolato Silver (1979).

Johnny Cash è sempre stato molto attento e sensibile alle cause sociali dei meno fortunati: ricordiamo di lui le prese di posizione a favore degli indiani d’America con l’album Bitter Tears (1964), che comprendeva unicamente canzoni dedicata alla razza dei veri americani o i ripetuti concerti all’interno delle carceri americane, registrati nei vari album At Folsom Prison (1968) o At San Quentin (1969).
Da buon americano, Johnny Cash ha sempre avuto molto a cuore le sorti della sua famiglia ed ha cercato di tenersela vicina, arricchendo il proprio legame anche negli aspetti artistici: la figlia Rosanne si è conquistata un posto di tutto rispetto nel cantautorato americano country-oriented ed il suo sodalizio artistico e personale con Rodney Crowell ha prodotto albums pregevoli fino a quando è durato. La giovane Cindy non ha trovato migliore fortuna – personale – al fianco di Marty Stuart ed anche Carlene Carter, figlia di June Carter e del suo primo marito, il cantante country Carl Smith, ha sposato il musicista rock inglese Nick Lowe.
L’unico figlio maschio, John Carter Cash ha fatto qualche apparizone negli albums del padre (Water From The Wells Of Home del 1998 porta la sua firma nel title-track).
Purtroppo non ascolteremo più la sua calda voce, profonda quanto amichevole, tuonare “…Hello, I’m Johnny Cash!…” all’inizio di ogni concerto, come testimoniato dai vari live albums e dal benvenuto che ci accoglieva all’apertura del suo sito internet fino a poco tempo fa… ed una profonda tristezza e nostalgia ci prende.

Pare comunque che questo nostro sentimento di grande rispetto nei confronti dell’Uomo In Nero sia condiviso dalle nuove generazioni di musicisti americani che, nel corso degli ultimi anni, non si sono risparmiati in termini di tributi di scografici al grande Johnny.
Citiamone alcuni a caso: Johnny Cash Is A Friend of Mine di David Allan Coe e Misery Loves Company – The Songs of Johnny Cash dei Pine Valley Cosmonauts (1998), Cash On Delivery (1999), Dressed In Black e Kindred Spirits (2002), per finire con il tributo blues di Johnny’s Blues (2003).
A proposito dei grandi interpreti country che ci hanno lasciato, non senza aver impresso il loro marchio nella radici profonde di questo grande genere musicale, esiste un disco di George Jones intitolato Who’s Gonna Fill Their Shoes (1985 – Epic) dove il title-track è una toccante ballata nella quale gli autori Troy Seals e Max T. Barnes si pongono appunto la domanda cruciale: Chi Prenderà Il Loro Posto?:

You know the world is full of singers
But just a few are chosen
To taer your heart out when they sing.
Iamgine life without them
All your radio heroes
Like the outlaw that walks through Jessi’s dreams.

No, there will never be another
Red-Headed Stranger
A Man In Black and Folsom Prison Blues
The Okie from Muskogee

Or Hello Darling
Lord, I wonder who’s gonna fill their shoes

Chorus:
(Who’s gonna fill their shoes
Who’s gonna stand that tall
Who’s gonna play the Opry
And the Wabash Cannonball
Who’s gonna give their heart and soul
To get to me and you
Lord, I wonder, who’s gonna fill their shoes)

God bless they boys from Memphis
Blue Suede Shoes and Elvis
Much too soon he left this world in tears
They tore up the Fifties
Old Jerry Lee and Charlie
And Go Cat Go still echoes through the years.

You know the heart of country music
Still beats in Luke the Drifter
You can tell when he sings I Saw The Light
Old Marty, Hank and Lefty
Why I can feel them right here with me
On this Silver Eargle rolling through the night

Si sa che questo mondo è pieno di cantanti
Ma solo pochi sono stati scelti
Per spezzarti il cuore quando cantano.
Immagina la vita senza di loro,
I tuoi eroi radiofonici
Come l’outlaw che cammina nei sogni di Jessi
(Waylon Jennings n.d.r.).

No, non ci sarà mai un altro
Red-Headed Stranger (Willie Nelson n.d.r.)
Un altro Man In Black (Johnny Cash n.d.r.) ed un altro Folsom Prison Blues
L’Okie From Muskogee (Merle Haggard n.d.r.)
O Hello Darling
Signore, mi chiedo, chi prenderà il loro posto?

Ritornello: Chi prenderà il loro posto?
Chi si ergerà così alto?
Chi suonerà alla Grand Ole Opry?
Chi suonerà Wabash Cannonball?
Chi donerà il cuore e l’anima per
Raggiungere tutti noi?
Signore, mi chiedo, chi prenderà il loro posto?

Dio benedica i ragazzi di Memphis
Blue Suede Shoes e Elvis
Troppo presto ha lasciato questo mondo in lacrime.
Hanno fatto saltare per aria gli anni ‘50
Il vecchio Jerry Lee (Lewis n.d.r.) e Charlie (Rich n.d.r.)
E la vecchia Go Cat Go echeggia ancora attraverso gli anni.

Si sa che il cuore della musica country
Batte ancora in Luke the Drifter (Hank Williams n.d.r.)
Lo si capisce quando canta I Saw The Light.
Il vecchio Marty (Robbins n.d.r.), Hank (Williams n.d.r.) e Lefty (Frizzell n.d.r.)
Come mai riesco a percepirli qui, vicino a me,
Su questo pullman Silver Eagle che rolla e beccheggia nella notte?

Dino Della Casa, fonte Country Store n. 69, 2003

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