Attorno a Johnny Winter in questi ultimi tempi sono cambiate molte cose, da 3rd Degree dell’86 a questo The Winter Of ’88 le novità più sostanziali riguardano soprattutto la band: oggi infatti troviamo al basso e all’armonica Jon Paris che già aveva un credito in Serious Businnes, mentre alla batteria c’è Tom Compton. Sono cambiati gli studi di registrazione, da Chicago si è passati a Memphis, cambia il produttore, stavolta nei panni anche di ingegnere del suono, nella persona di Terry Manning. È cambiata l’etichetta, niente più Alligator, ma MCA; quello che non cambia è Johnny Winter con i suoi tatuaggi in copertina, i capelli lunghi, il cappellaccio e la sua recente passione per le chitarre Erlewine (Lazer).
Ad ogni passaggio o cambio di casa discografica si rischia di trovare un artista in parte disposto a modificare qualcosa del proprio stile, invece Winter è quello di sempre: se si eccettua il brano d’apertura, Close To Me, che potrebbe suonare strano, il resto è un perfetto standard di pezzi alla Winter.
Recensire uno dei suoi dischi è sempre difficile perché si rischia di dire il già detto, si rischia di ripetere o addirittura riproporre la recensione all’album precedente e per questo The Winter Of ’88 il discorso non cambia, c’è tanto blues, tanto rock e soprattutto tanto rock blues, e poi c’è una chitarra che ancora oggi, malgrado girino personaggi come Robert Cray che vivono nell’illusione di ringiovanire il blues, riesce a trascinarti emotivamente. E l’assolo in Rain parla chiaro, come il drive di un brano carico d’energia come Ain’t That Just Like A Woman.
Parlando di Winter non c’è assolutamente bisogno di affrontare discorsi tecnici, lui è uno di quei strumentisti al di sopra di questioni teoriche, è pura pratica.
MCA 42241 (Roots Rock, 1988)
Giuseppe Barbieri, fonte Chitarre n. 33, 1988