Grinta, entusiasmo, tecnica, profondo amore per il bluegrass. grande rispetto dei musicisti che hanno in maniera influente gettato le basi del genere o dei suoi successivi sviluppi garantendone continuità, in maniera particolare di quelli legati alla ‘Golden Era’ e al suono tradizionale degli anni ’50. Questo sono stati i Johnson Mountain Boys anche in Working Close.
Grinta ed entusiasmo. Da vendere, esecuzioni pervase da palpabile tensione, live show adrenalinici, musica che si ascolta stando seduti sul bordo della sedia, che non dá respiro, sempre carica, in una parola sola, ‘powerful’.
Tecnica. Di altissimo livello da! punto di vista solistico, ma sempre finalizzata alla produzione di un suono di insieme granitico, sostenuto da una ritmica formidabile; ogni singolo elemento perfettamente conscio del proprio ruolo; un mandolino Monroe Style da manuale, un banjo che ha reso orgoglioso di se stesso Ralph Stanley, un violino, oops.. .fiddle, finalmente tradizionale, meno jazz e molto old time, a ricordare Scotty Stoneman o Kenny Baker.
Amore per il bluegrass. Una fede. Che li ha portati a studiare ogni suo aspetto. storico, sociologico, commerciale, spettacolare – Dudley Connell oggi lavora per lo Smithsonian Institute, e Eddie Stubbs è DJ per la WAMU di Washington DC, oltre che annunciatore alla Grand Ole Opry ed uno dei maggiori esperti americani di traditional country music -.
Profondo rispetto per i padri del genere. Per gli Stanley Brothers in particolare, ma anche Bill Monroe, Flatt & Scruggs, Osborne Brothers, Jim & Jesse McReynolds…
Non saranno mai rimpianti abbastanza. Sono stati loro a rimettere in piedi il bluegrass tradizionale dopo un decennio di fusioni, contaminazioni e sperimentazioni spesso fine a se stesse. Hanno, come dire, rimesso a posto le cose. Nella maniera giusta ovviamente, ovvero rinvigorendo il genere, riproponendolo nella vecchia maniera ma con gli ingredienti giusti per farlo apprezzare ai giovani degli anni ’80.
Un sogno durato solo un decennio. Working Close usciva nel 1983 ed era il terzo capitolo di una avventura che si era aperta solo qualche anno prima. Un fenomeno di grande rilievo, del quale tutti si accorsero subito, e subito la band venne celebrata, con ampi spazi sulle riviste, con infinite note di copertina che messe oggi insieme potrebbero produrre un esauriente volumetto.
La scelta dei pezzi, a conferma di quanto detto poc’anzi, rifletteva i gusti della band e pertanto venne incentrata su oscure canzoni di artisti legati al periodo ‘fifties’.
Ira e Charlie, i Louvin Brothers, Wilma Lee Cooper e l’honky tonker Webb Pierce, oltre a un Jerry Reed, un immancabile Ralph Stanley ed una manciata di originali di Dudley Connell per i cantati, e John McLaughlin e Richard Underwood per gli strumentali.
Il disco non aggiunse nulla ai precedenti due album, ma dimostrò una crescita sia dal punto di vista individuale che di gruppo.
Le armonizzazioni si dimostrarono ancora più precise, con un Dudley Connell felicemente deciso ad abbandonare certi vocalismi a mio avviso pesanti, caratterizzati da un tremolo innaturale e controproducente.
Il suono di insieme si fece ancora più preciso dicevo, tante che il titolo del disco andò a sottolineare proprio questo aspetto.
Inevitabile dopo questo LP l’uscita di una registrazione dal vivo, Live At The Birchmere, ancora del 1983 e anch’esso ristampato in CD di recente (Rounder 0191). Inevitabile perche Working Close lasciava nell’ascoltatore un forte desiderio di ascoltarli in concerto tanta era la potenza che i suoi solchi sprigionavano.
Dal kick-off d’apertura di Eddie Stubbs, graffiante come solo lui riesce ad essere sul fiddle, fino al bellissimo gospel di chiusura, questo disco si rivela ancora oggi un gioiello di vera American Music.
Un disco che vi farà amare la musica bluegrass. Potete scommeterci.
Rounder 0185 (Bluegrass Tradizionale, 1997)
Maurizio Faulisi, fonte Country Store n. 40, 1997
Ascolta l’album ora