Kate Campbell, figlia di un predicatore Battista di Sledge, Mississippi, è cresciuta con una dieta musicale tipicamente southern: soul, r & b, southern rock, country e folk, il tutto in un’epoca dove ancora imperversavano le battaglie per i diritti civili della gente di colore.
Ha iniziato la sua carriera professionale a trentanni ed ha esordito solo nel ’94 con Song Of The Levee. Un’opera che ha rivelato questa cantautrice del Mississippi come una delle voci più autentiche e sensibili della folk-scene americana affrontando la musica delle sue origini.
Le sue songs sono impregnate da una grazia narrativa, di una visionaria chiarezza, che n’esalta la dimensione musicale ispirata alla musica americana tradizionale, ponte naturale tra l’interprete folk e quello country in una dimensione tutta sudista dove, sullo sfondo, si stagliano non meno maestosi gli studi dei Muscle Shoals in Alabama, l’altro country di Nashville, la canzone d’autore, la musica roots.
Le sue personali country-folk-soul ballads songs sono altrettante storie di personaggi e caratteri tipicamente southern, dove traspare l’identità politica, religiosa, culturale e sociale di una realtà dove le tradizioni sono peculiari quanto radicate.
La sua carriera si è sviluppata su queste direttrici con Moonpie Dreams (’97), il pluridecorato Visions Of Plenty (’98), Rosaryville (’99), tutti registrati per la Compass, e i più recenti Wandering Strange (2001) e Monuments (2002), dove Kate Campbell ci offre un’altra manciata di ritratti e paesaggi dove la letteratura americana (Flannery O’Connor, Eudora Welty, William Faulkner..) sembra sposare le melodie dei più diversi generi di musica ‘americana’ inserendo le sue storie in colonne sonore fatte di musica country, folk, soul e gospel.
Come termine di paragone hanno scomodato Emmylou Harris, per consistenza e continuità dei suoi lavori, e Lucinda Williams, per l’onestà, la purezza, l’intimismo, il senso della rivelazione, la totale dedizione al proprio lavoro, e a nessun altra per il personale approccio allo stato dell’arte attraverso le sue composizioni (ma, personalmente, la vedo come una sorta di Randy Newman sudista al femminile).
Attraverso questa nuova ambiziosa auto-produzione nashvilliana, pubblicata in Europa dalla Evangeline, questa songwriter bianca colta e dalla rare capacità letterarie, sembra lasciar da parte i capitoli precedenti del romanzo corale dove descriveva quel ‘mondo a parte’ che è il South degli States, per evidenziare l’interprete.
La fiera figlia del sud si conferma una delle voci più originali e sensibili dell’attuale scena Usa realizzando un personalissimo album country dove rivisita una dozzina di hit-singles pubblicati dal ’68 al ’72 da eroine del genere come Tammy Wynette, Loretta Lynn, Dolly Parton, Emmylou Harris.
Twang On A Wire non è solo la realizzazione di un sogno giovanile, ma un appassionato collage che celebra il mainstream della country-music che sembra scomparso a favore di vuoti stereotipi. Canzoni che conoscono tutti, che fanno parte della collezione di 45 giri di persone della sua generazione, rivivono grazie alla sua voce, al feeling, alla particolare natura di questo progetto che predilige i suoni veri, ‘sporchi’ e diretti quelli di un piccolo combo per intenderci, che sembra esaltare il country d’autore di un tempo.
I meriti vanno divisi con un gruppo eccezionale che affianca la Campbell, piano e chitarra: Jeff Finlin (Thieves, Bisquits, diversi solo album), batteria, Dave Jacques, bassista principe dell’altra Nashville (John Prine, Allison Moorer…), il ritrovato chitarrista e rocker della Louisiana Kevin Gordon, chitarre, Will Kimbrough, chitarre, tastiere, mandolino e accordion (Will & Bushmen, Bisquits, album solo), Jay Zdad, slide guitar, lap-steel e armonica, e le voci di Sylvia Hutton e Tricia Walker.
Invece di rifarsi al country patinato dell’epoca, Kate porta quel country alla scena folk, roots-rock e alternative country d’oggi, con effetti decisamente più ‘autentici’.
Inizia con Rose Garden, brano di Joe South portato al successo nel ’71 da Lynn Anderson, prosegue con Mississippi Woman, Louisiana Man, straordinario e tirato duetto di Conway Twitty & Loretta Lynn, con Kate, Mississippi woman, e Kevin Gordon, Louisiana man, perfettamente nella parte.
Un altro grande duetto, questa volta con Finlin, nella cover di Would You Lay With Me In A Field Of Stone, lenta e maestosa ballad scritta da David Allan Coe e portata al successo da Tanya Tucker, per proseguire straordinarie versioni di brani di Dolly Parton, Down From Dover, Donna Fargo, la lenta Funny Face, con la straordinaria cantante pianista Tricia Walker a sostegno.
Tutte al femminile anche le versioni di Till I Can Make It On My Own, delicata e pianistica cover dell’hit della Wynette con il sostegno di Sylvia Hutton, e Honey On His Hands, hit di Jeanne Pruett, con ancora notevoli parti corali di Tricia e Sylvia.
Rivisita Emmylou Harris, Boulder To Birmingham, con Kimbrough nella parte di Gram Parsons, la mitica Haper Valley PTA, di Tom T. Hall e portata al successo da Jannie C. Riley.
In chiusura riprende ancora hit-songs legate ai nomi di Jeanne Pruett, Satin Sheets, Dolly Parton, Touch Your Woman, e l’immortale Help Me Make It Through The Night, brano di Kris Kristofferson portato in classifica da Sammi Smith.
Il gran finale è una sua composizione, la title track. Twang On A Wire, quasi a dimostrare che qualcosa di veramente grande è più della semplice somma delle parti, ci rivela lo spirito country di questa southem-woman che celebra tante interpreti femminili con una canzone che sembra uscita da un vecchio juke-box, la quintessenza stessa del country con soul.
Sì, quando c’è l’anima, qualunque genere musicale diventa bellissimo, con la voce, la sensibilità espressiva e il talento della Campbell poi…
Anche se non avete mai comprato un disco di country music in vita vostra, quest’opera non vi deluderà!
Evangeline GEL 4065 (Singer Songwriter, Southern Rock, 2003)
Franco Ratti, fonte Out Of Time n. 42, 2003
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