Il virginiano Crockett Kelly Harrell (1889-1942), nella storia dell’old time music incisa, rappresenta certamente una pietra miliare dal punto di vista della pura interpretazione vocale. Il suo timbro da baritono, fortemente nasale, la sua pronuncia impeccabile per un ‘mountain man’, la sua perfetta esecuzione, dal brano cosiddetto semplice (per esempio New River Train) a quello musicalmente più impegnato (All My Sins Are Taken Away) conferiscono ad ogni suo disco la caratteristica della cosa irripetibile: Harrell si riconoscerebbe subito tra un migliaio di artisti.
Non si pensi però ad un interprete tecnicamente preparato, con anni di studio alle spalle, padrone delle partiture, perfetto, raffinato e via discorrendo. Kelly è un uomo semplice, magari egocentrico se vogliamo, che si è fatto la voce cantando ovunque, accompagnato da chiunque, arricchendo così il suo già non indifferente repertorio tradizionale e dotato di un gusto musicale tutt’altro che rozzo: è da un’esperienza di questo genere, con questi presupposti, che sono scaturite le cose migliori in termini di musica folkloristica. Quelli tra voi che hanno qualche dimestichezza con le incisioni di Jimmie Rodgers, conosceranno certamente una delle sue prime canzoni, Away Out On The Mountain (1927). Non tutti sanno comunque che proprio Kelly Harrell ne fu il compositore (i diritti d’autore gli fruttarono 985 dollari come primo anticipo, anche perché il disco vendette bene) e questa è stata, forse per nostra sfortuna, la sua unica creazione: troppo poco per giudicarlo, ma il fatto è indicativo.
Ancora, se è lecito fare un paragone tra Jimmie Rodgers e Cliff Carlisle, ambedue cantanti yodelers, ambedue chitarristi, entrambi noti cantautori, influenzati in massima parte dal blues, è per lo meno di rigore comparare Harrell con il texano Marion Try Slaughter (alias Vernon Dalhart, alias Sid Turner, Bob White, Vel Veteran, Bob Massey, Mr. X, Al Craver ecc.). Dalhart (1883-1948), anch’egli un cantante solista (aveva però delle solide basi classiche e operistiche), era un prolifico esecutore di materiale tradizionale e non: è famosissima ad esempio la sua The Wreck Of The Old 97 (1924) incisa anche da Harrell, con l’accompagnamento di Henry Whitter alla chitarra, l’anno dopo. Ma provate a confrontare le due versioni: Dalhart è freddo, meccanico, a volte staccato a volte pomposo, anche se musicalmente ineccepibile; Harrell è semplice, modesto, ma quanto calore, quanta partecipazione, quanta emozione nel raccontare del tragico incidente ferroviario.
Il pregio di Dalhart, e lo scrivo per amore di verità, è di averci trasmesso un’enorme quantità di materiale da ascoltare, studiare, indagare, superiore ad ogni altro artista a lui contemporaneo (uniche eccezioni Uncle Dave Macon e Carter Family). Lo ha interpretato in maniera accademica, priva di pathos, alla stregua di un’operetta da salotto, e noi lo usiamo come un testo scolastico: questo era probabilmente il suo proprio modo di comunicare e certamente anche il suo scopo, non disgiunto dagli interessi economici delle numerose etichette cui prestò i suoi servigi. In termini di popolarità, e di mercato, Dalhart ha venduto durante tutta la sua carriera, sotto una trentina di pseudonimi diversi, qualcosa come più di 75 milioni tra cilindri (Edison Blue Amberol) e dischi (Victor, Columbia, Okeh, Brunswick, Challenge, Paramount, Pathè, Perfect, Banner, Bell, Romeo, Oriole, Starr, e chi più ne ha più ne metta), il povero Kelly Harrell molto meno di un milione. Così è sempre andato il mondo…
P.S. Per gli interessati. L’Old 97 era un treno postale veloce delle Southern Railways, impiegato sulla linea Washington-Atlanta. Domenica 27 settembre 1903 (“on a cold frosty morning…”) il convoglio, a causa di diversi contrattempi, giunse alla stazione di Monroe (Virginia) in sensibile ritardo; si decise di cambiare il conduttore con Joseph Broady che subito lanciò la macchina in una frenetica corsa verso la Franklin Junction nel tentativo di recuperare il tempo perduto. A nord di Danville si ergeva un ponte di legno, detto Stillhouse Trestle, preceduto da una pericolosissima curva in discesa; il n. 97 venne giù a velocità troppo sostenuta dalla White Oak Mountain e la locomotiva con cinque vagoni uscì dai binari, precipitando nel torrente sottostante. Nel disastro perirono nove persone, compresi Broady, due fuochisti, il controllore ed il segnalatore, ed altre sette rimasero ferite.
Pierangelo Valenti, fonte Suono, 2013