Grandissimo talento, autentico caposcuola della nuova chitarra acustica americana, Leo Kottke è ormai un ‘classico’ per chiunque voglia cimentarsi col tortuoso percorso del ‘fingerpicking’. I suoi album strumentali dei tardi anni ’70 (uno per tutti 6 & 12 Strings Guitar) suonano ancora oggi freschi, trascinanti ed innovativi.
Ma il pregio maggiore di Kottke è stato forse quello di non cullarsi sugli allori, come molti suoi colleghi chitarristi hanno fatto, e di dimostrare una volta di più il suo superiore valore artistico. Dopo aver intrapreso con risultati non eccelsi il sentiero della New Age, Leo è ritornato ad approfondire un lato che già agli esordi mostrava di gradire: quello del cantautorato.
In questo Great Big Boy, ritroviamo infatti una collezione di belle canzoni impreziosite dalla classe sopraffina delle corde di Kottke e dalla sua caratteristica voce tenebrosa che qua e là ricorda, pur senza lo stesso struggimento poetico, quella di Lou Reed.
L’accompagnamento chitarristico è sempre potente, preciso e decisamente ritmico: autentica spina dorsale di una musica raffinata ma allo stesso tempo efficace e poderosa abbellita in ogni pezzo dalle delizie percussionistiche di Alex Acuna.
La voce di Kottke è a volte sostenuta da interventi esterni: magnifico è il duetto con Margo Timmins dei Cowboy Junkies in Pepe Hush, il brano a mio parere più gradevole dell’album dove la sincopazione ritmica dell’accompagnamento strumentale ben si fonde con una deliziosa melodia e con un divertente ed orecchiabile ritornello. Dello stesso stampo è anche la interessante Big Mob On The Hill mentre in Ice Cream ritroviamo alcune superbe perle chitarristiche e l’affascinante duetto con Lyle Lovett che si riproduce anche nella ipnotica Nothin’ Works.
Kottke ricorda a tutti che è il più bravo suonatore di ‘sfide’ sull’acustica (di pari livello, come gusto e non certamente come tecnica, citerei il solo Ry Cooder) nella strepitosa Driver ballata intensissima e fortemente introspettiva. Insomma, Great Big Boy è apprezzabile da diversi punti di vista e dimostra l’evoluzione di un artista che troppo frettolosamente qualcuno aveva voluto archiviare nelle enciclopedie per chitarra. Da ascoltare con attenzione: rigenerante e suggestivo.
Private Music 01005-82087-2 (New Acoustic Music, 1991)
Ezio Guaitamacchi, fonte Hi, Folks! n. 51, 1992
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