Leo Kottke - My Father's Face cover album

È sempre difficile iniziare una stroncatura, non si sa mai bene da dove partire. Comunque questa che segue è una stroncatura senza nessun tipo di riserva e se qualcuno giustamente si chiedesse perché parlare di un disco se non contiene nulla di significativo, allora la risposta è che con questa occasione finalmente su Chitarre parliamo brevemente di Leo Kottke, un chitarrista che è stato per molti un punto di riferimento soprattutto verso la metà degli anni settanta, quando i suoi album erano un vero e proprio vocabolario per chiunque cercasse di allontanarsi dal rock, dal blues, dal rock-jazz o da qualsiasi altra forma musicale.
Lui con la chitarra acustica e con la dodici corde aveva creato (assieme a John Fahey) una sorta di isola nella musica americana, fatta di sonorità ed avvicinamenti al folk che venivano però filtrati da tecnica, gusto e probabilmente una musicalità innata.
Questo è ieri: oggi Kottke pubblica il terzo album su etichetta Private Music e siamo di fronte non ad esercizi di chitarrismo avanzato, ma a non so quanti minuti di negazione della musica; non ci sono idee, non c’è un programma da svolgere, non c’è cuore e neanche intelligenza, c’è solo tecnica, ma oggi questo non interessa più granché, visto che i metallari (su tutt’altro versante) catturano meglio di Kottke l’immaginario (in verità scarso) di alcuni sostenitori assidui della velocità e del virtuosismo. Sorprende che la produzione di questo LP sia stata affidata a T Bone Burnett, non tanto per il risultato finale, ma proprio perché non si capisce cosa i due abbiano da dirsi. Insomma questo album è da dimenticare.

Private Music 209 910 (1989)

Giuseppe Barbieri , fonte Chitarre n. 42, 1989

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