Old time music? No, non è certo questa la musica a cui viene comunemente attribuita questa etichetta: per Redbone non è stata ancora trovata una definizione che possa correttamente collocare il personaggio in un filone specifico della musica americana. I suoi anni ’20 gli consentono di esprimersi con tutta la libertà stilistica di cui ha bisogno. E così, senza difficoltà e tantomeno ragionate scelte di ‘mercato’, il nostro può far divertire gli appassionati di jazz, blues e country, lasciando nell’ascoltatore una sensazione di piacevole disorientamento, offrendo un’ulteriore conferma di quanto importanti siano le contaminazioni musicali e quanto poco chiari possano essere i confini tra un genere e l’altro. O è il contrario? Forse si: qui ci troviamo in un periodo in cui i generi musicali, come li conosciamo oggi, erano in uno stato embrionale, siamo negli anni ’20 o giù di lì, e il jazz era molto blues, vi era l’influenza hawaiian, Tin Pan Alley, la string band music, Reinhardt, le jug bands.
Dal punto di vista musicale, un mare in burrasca, sul quale Leon, con la sua zattera, il cappello di paglietta e l’immancabile completo bianco a far luce al suo sorriso sornione, naviga senza meta. Il disco, stampato nell’87 e velocemente scomparso, di base jazz ma con una forte componente blues e country, divertirà, e non poco, quanti tra voi riusciranno coraggiosamente a lasciar da parte le etichette alle quali si sentono legati.
La musica di Redbone può rivelarsi una piacevole scoperta, un nuovo punto di partenza dal quale rimettersi in cammino per mille direzioni diverse, per scoprire che non è poi così difficile mettere insieme anime apparentemente differenti come quelle di Dr.John, Hank Williams Jr., David Bromberg, Steve Fishel o Bireli Lagrene… buon viaggio.
Sugar Hill SH 3840 (Country Jazz, 1995)
Maurizio Faulisi, fonte Out Of Time n. 12, 1995