Little Richard

“Little Richard Penniman è nato a Macon, Georgia nel 1935, con un naturale talento per il canto e con una forte attitudine verso la musica, sviluppata in chiesa durante la sua infanzia.
Il giovane Richard vince un contest indetto dalla RCA ad Atlanta che gli permette di firmare nel 1951 un contratto discografico. L’anno seguente si sposta a Houston per una nuova collaborazione, con la Peacock Records.
Nel 1955, senza contratto, torna a Macon e lavora come lavapiatti in una stazione di servizio Greyhound. Mentre lavora scrive Good Goolly Miss Molly e Long Tall Sally e risponde al suo severo capo con un provocatorio Wop-bop-a-loo-mop alop-bom-bom tutti frutti!.
Little Richard ha influenzato tanti artisti, incluso Bobby Darin e molte rockstar britanniche. Ha rappresentato la parte più oltraggiosa del rock and roll. Non è qui con noi stasera a causa di un incidente automobilistico in cui è stato coinvolto. La sua energia ora la ascoltiamo da questo film.”

Ciò che avete letto fin qui è la fedele traduzione del discorso di presentazione, a tratti discutibile, che Ahmet Ertegun, cofondatore della Atlantic Records e della Rock’n’Roll Hall of Fame di Cleveland, tenne prima di cedere il microfono a Roberta Flack in occasione dell’inserimento di Penniman nella neonata Hall of Fame. Con poche altre parole, non molto meno formali, la Flack si disse onorata di celebrare Little Richard e a sua volta passò la parola al cognato giunto in frac per ritirare il premio. Era il 1986, l’anno in cui la stessa onorificenza venne concessa ai grandi della prima generazione in riconoscimento del loro contributo alla creazione del Rock’n’Roll e del Soul: Chuck Berry, James Brown, Ray Charles, Sam Cooke, Fats Domino, gli Everly Brothers, Buddy Holly, Jerry Lee Lewis e Elvis Presley.

Tre anni dopo, nel 1989, venne chiesto proprio a Little Richard di annunciare l’inserimento nella Hall of Fame del compianto Otis Redding, fan dichiarato di Richard e suo concittadino. Lo show di Little Richard fu a dir poco esilarante, tenne il palco con debordante simpatia, spesso autoironica, intonando egregiamente alcuni successi di Redding, regalando a Mick Jagger, Keith Richards e Bruce Springsteen e tutto il pubblico presente, composto da artisti e addetti ai lavori, una serata da ricordare. Fu un’occasione, l’ennesima, per dimostrare al mondo intero il talento che nessuno ha mai potuto contestargli, la sua attitudine istrionica e la naturalezza con la quale sapeva prendersi sempre il centro del palco.

Eppure, nonostante la sua conclamata grandezza, si deve tristemente constatare che a differenza di Chuck Berry, Jerry Lee Lewis, Fats Domino e Elvis Presley, non gli è mai stato dedicato un solo album tributo da parte di suoi colleghi e molto scarso si è dimostrato anche l’interesse nel pubblicare libri che raccontassero le sue gesta. Se il numero di biografie pubblicate su un artista può essere un valido indice di riconoscimento, è confermata allora la sensazione che Little Richard sia stato tra i più sottovalutati della sua generazione.
Solo un paio di libri, il criticato Little Richard, The Birth of Rock’n’ Roll di David Kirby (2010) e The Life And Times Of Little Richard di Charles White, l’autobiografia autorizzata pubblicata nel 1985 e ristampata un paio di volte. Il volume di White è ricco di curiosità e aneddoti che riguardano la sua famiglia composta da ben 12 figli, una mamma affettuosa e un padre duro, la sua sessualità, le esperienze personali e musicali, le goliardate, gli eccessi e i peccati di cui un giorno si pentirà, come la rovente nottata passata con Buddy Holly e una spogliarellista. Da questo libro nel 2000 verrà tratto un film per la televisione che delude per una regia più attenta allo show d’indirizzo televisivo che alla valorizzazione dell’artista soggetto dell’opera.

Fortunatamente al nostro non sono mancati altri tipi di soddisfazione. Nel 1985 il film Su e giù per Beverly Hills ha rilanciato l’immagine e riavviato la sua carriera cinematografica, ha cantato per l’insediamento di Bill Clinton, ha partecipato a produzioni discografiche dedicate a Johnny Cash e Jerry Lee Lewis e si è scoperto autore di canzoni per bambini. Little Richard ha continuato ad esibirsi fino al 2012, quando ha annunciato il definitivo ritiro dalle scene, salvo poi fare un’altra uscita al festival Viva Las Vegas nel 2013. Da allora ha partecipato solo a qualche meeting religioso, ha con orgoglio visitato il boulevard che a Macon gli hanno nominato, a casa si gode il Grammy alla carriera e vive il suo sereno tramonto con i mille ricordi di una carriera costellata di esperienze forti, intense, ma anche di momenti difficili.

Ricorderà l’eccitazione che lo pervase quando vide arrivare Bumps Blackwell, l’uomo inviato da Art Rupe, il boss della Specialty Records, convinto dall’ascolto di un nastro che Richard gli inviò su consiglio del suo amico Lloyd Price. Mr Rupe chiese a Blackwell di portare Richard negli studi di Cosimo Matassa a New Orleans per registrare qualcosa di interessante. Da quelle prime session ne uscì Tutti Frutti, vendette 200 mila copie in una settimana. Era il novembre del 1955, cinque mesi prima che Elvis diventasse famoso. La strepitosa canzone non-sense rimase ben 22 settimane in classifica. Da allora fino al 1958, quando decise di interrompere la sua carriera artistica, Little Richard per la Specialty pubblicò undici best-seller, la maggior parte dei quali finiti nella Top Ten.

Come Jerry Lee Lewis e Buddy Holly, il periodo più importante della sua carriera si consumò in poco più di due anni. Un’incredibile concentrazione di successi che rimarranno nella storia della musica rock, Long Tall Sally, Slippin’ and Slidin’, Rip It Up, Ready Teddy, Lucille, Send Me Some Lovin’, Jenny Jenny, Miss Ann, Keep A Knockin’, Good Golly Miss Molly, tutti usciti dallo studio di Matassa, che mise a disposizione di Richard la house band diretta da Dave Bartholomew, il fedelissimo collaboratore di Fats Domino. Al culmine del suo successo, nel 1958, arrivò l’improvvisa decisione di ritirarsi dalle scene, conseguenza di un momento di panico che lo convinse a troncare la vita di eccessi e peccati fin lì condotta, per affrontare un percorso interiore che lo avvicinasse a Dio all’interno dell’Oakwood College di Huntsville, Alabama, dove rimase chiuso fino a tutto il 1962.

Quando nel 1964, dopo aver pubblicato un paio di dischi gospel, ritenne di poter tornare a fare rock and roll, trovò un mondo completamente cambiato, l’invasione di artisti britannici aveva spazzato via quel che rimaneva del rock and roll degli anni ’50, pur riprendendone l’insegnamento. Little Richard cercò di adeguarsi a quanto in voga nel periodo ma non riuscì a riavvicinarsi al grado di popolarità raggiunta nella seconda metà degli anni Cinquanta. Fortunatamente il rinnovato interesse verso il rock and roll sul finire del seguente decennio riportò in auge tutti i giganti della prima generazione che si trovarono ad esibirsi in arene e stadi su entrambi i lati dell’Atlantico.

Gran parte dei dischi prodotti negli anni ‘60 furono realizzati per etichette minori, mai ristampati e quindi attualmente di difficile reperibilità sebbene alcuni meriterebbero di far parte della collezione di tanti suoi fan, molti ancora oggi. Nelle interviste che ci hanno rilasciato Mike Stoller, il mitico autore di tanti classici del rock and roll, e Ian Paice e Roger Glover dei Deep Purple, alla domanda su chi fosse il più importante della prima generazione di rocker, senza esitare risposero Little Richard. L’altro Re. Il più trasgressivo, quello che meglio si prestava ad essere evitato dall’establishment conservatore e bigotto, in quanto gay oltre che nero.
Little Richard e Jerry Lee Lewis, the last men standing!

Discografia selezionata:
The Formative Years 1951-53 (Bear Records Family, 1989)
Sconosciute ai più, le sue prime incisioni per la Victor e la Peacock sono più che una semplice curiosità: sono illuminanti del suo stile in divenire. Get Rich Quick, Ain’t Nothing Happenin’, Taxi Blues e Little Richard’s Boogie, sono rhythm&blues scatenati, rock and roll ante-litteram in cui il boogie la fa da padrone. E’ questo il periodo in cui incontra Esquerita, un cantante e pianista r&b dal bizzarro stile musicale ed estetico, che in seguito influenzerà molto la svolta stilistica di Tutti Frutti che lo renderà celebre una manciata di anni dopo.

Here’s Little Richard (Concord, 2017, 2CD)
Il suo primo LP, uscito nel mese di marzo del 1957, viene qui riproposto in un doppio compact disc. Il primo ripropone la tracklist del disco originale, nella quale vi sono Tutti Frutti, Long Tall Sally e Rip It Up. Il secondo contiene anche un paio di demo e diverse alternate take. Queste ultime sono delle vere curiosità per scoprire qualcosa in più sulla nascita di alcuni dei capolavori più influenti della storia del rock.

The Georgia Peach (Specialty, 1991)
Uscita all’inizio degli anni ’90, questa raccolta è ancora il miglior compendio dell’esplosivo artista che ha cambiato la storia del rock in meno di due anni. Da Tutti Frutti a Lucille e The Girl Can’t Help It, in 25 brani si hanno a disposizione i brani più famosi della sua carriera. Da Elvis fino ai Beatles, Otis Redding, John Fogerty, Prince e infiniti altri, ascoltando queste tracce appare evidente la debordante influenza di Little Richard.

The Fabulous Little Richard / It’s Real (Hoodoo, 2013)
Se si dovesse scegliere un solo disco di Little Richard non sarebbe certo questa la scelta ma questo CD, che raccoglie due LP, è una preziosa testimonianza del periodo in cui il cantante di Macon abbandona il peccaminoso rock and roll con l’intenzione di rifugiarsi in Dio. Il primo contiene anche classici quali Kansas City e Whole Lotta Shakin’ Goin’ On ma è il secondo disco ad aprire un nuovo scenario: sezione d’archi, organo e una voce che ha voltato le spalle alla trasgressione per abbandonarsi a meravigliosi gospel che trasmettono la parola del Signore.

Get Down With It: The OKeh Sessions (2004)
Originariamente pubblicato nel 1967 con il titolo di The Explosive Little Richard, questo strepitoso album ha rivisto la luce nel 2004 con l’aggiunta di sei canzoni alle undici di allora. Curiosamente nessuno dei singoli entrò in classifica nonostante si trattasse di materiale di alta qualità. Forse il nome di Little Richard alle masse continuava a richiamare il rock and roll degli anni ’50, eppure erano passati 4 anni di ritiro spirituale e una serie di dischi gospel. Fatto sta che il rhythm’n’blues di stampo Stax passò quasi inosservato e il tentativo della Okeh di far cavalcare anche a Little Richard l’onda guidata dai Tex, Redding, Pickett fu un obiettivo mancato. Compratelo e maneggiatelo con cura, è materiale esplosivo davvero come diceva il titolo originale.

Maurizio Faulisi, Carmelo Genovese, fonte TLJ, 2018

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