Lou Reid, una delle più belle e potenti voci della musica bluegrass. Lou Reid al banjo e fiddle nei Southbound; al basso elettrico nei Quicksilver di Doyle Lawson; al banjo, fìddle e chitarra nella Ricky Skaggs Band; alla chitarra nei Seldom Scene; al mandolino e chitarra nei Carolina; Lou Reid anche al dobro… e con ogni strumento in grado di stupire per tecnica, timbro, gusto, pulizia, velocità.
Pochi sono riusciti ad essere tanto versatili quanto Lou Reid, un musicista all’altezza di qualsiasi situazione, con ogni strumento, nel bluegrass tradizionale o moderno e progressivo. La sua prima esperienza musicale che lo porta ad incidere un disco risale alla seconda metà degli anni ’70, nei Southbound, un quartetto composto tra gli altri anche da quel fenomeno di Jimmy Haley, con il quale continuerà a collaborare nei primi Quicksilver. Il disco inciso dalla band nel 1977 porta come titolo il nome del gruppo; oggi è un pezzo per collezionisti non solo perché fuori catalogo (Rebel SLP 1570), ma perché in parte corresponsabile della nascita di quel nuovo bluegrass che vede attualmente interpreti quali Lonesome River Band, Santa Cruz, Highstrung, Continental Divide, Front Range, ecc., proporre una musica in grado di soddisfare le aspettative di un pubblico giovane ed esigente.
Un bluegrass naturalmente contaminato di rock, blues e country, dove le armonie vocali, arrangiamenti, tecnica strumentale e di registrazione, oltre ad una costante attenzione alla scelta del repertorio, fanno sì che il genere possa raggiungere la considerazione di un pubblico ampio e diversificato, attraverso la radio e la televisione, abituate a suoni pieni ed immagini accattivanti.
E non è certo un caso che i due siano stati chiamati da Doyle Lawson, una volta uscito dai Gents, per far partire, nel 1979, una delle formazioni che ha cambiato la storia della musica bluegrass, i Quicksilver. Lou Reid, come detto, in quella band suonava il basso e cantava tenor e lead. I primi tre dischi del gruppo, Doyle Lawson & Quicksilver (Sugar Hill 3708, 1979), Rock My Soul (Sugar Hill 3717, 1981), Quicksilver Rides Again! (Sugar Hill 3727, 1982), a tutt’oggi sono giudicati il meglio della produzione dei Quicksilver. Nel quartetto militava anche un poderoso banjoista e impareggiabile bass vocalist, Terry Baucom, il quale come si vedrà in seguito, andrà a formare insieme a Reid l’originale line-up dei Carolina.
La carriera di Lou Reid, abbandonati i Quicksilver nel 1982, ha un’impennata di grande rilievo entrando a far parte della Ricky Skaggs Band. Con Skaggs, allora in inarrestabile ascesa nel mondo della country music, Reid diventa uno dei tre soli banjoisti con un brano in prima posizione nelle country charts; gli altri due sono Earl Scruggs e Bela Fleck. Per la precisione, sono due i ‘number one’ di Reid, Uncle Pen (Billboard Country Chart, luglio 1984) e Country Boy (marzo 1985). Durante i suoi quattro anni con Ricky Skaggs (1982-1986), oltre alle parti strumentali il nostro ha il difficile ruolo di tenor vocalist e addirittura high baritone. Per lui difficile, per altri sarebbe stato letteralmente impossibile raggiungere certe tonalità sull’altissima voce di Skaggs: “In alcuni casi ho dovuto fare le parti vocali di Sharon White – la moglie di Skaggs!!” ha in seguito raccontato Lou, ridendoci sopra…
Quattro anni molto intensi, gran parte di essi in tour in tutto il mondo (un live registrato a Londra), passati con quella che è stata giudicata la migliore country band d’America: ‘Touring Band Of The Year’ (Academy Of Country Music), ‘Bluegrass Act Of The Year’ (Music City News), ‘Instrumental Group Of The Year’ (Country Music Association).
Nel frattempo ha modo di collaborare con altri artisti e di incidere, in qualità di session man, con Vern Gosdin, Dolly Parton, Roger McGuinn (Byrds!), Emmylou Harris, Linda Ronstadt, Vince Gill e Bill Monroe. Con quest’ultimo si è esibito come chitarrista allo show di assegnazione dei Grammy Awards!
Il frenetico andamento della sua attività lo spinge a tornare al bluegrass, scegliendo una band che certamente non gli ha consentito un solo attimo di riposo, i Seldom Scene. Sei gli anni passati con il gruppo di Washington D.C., ed è grazie a lui che la formazione torna ad un livello qualitativo di prima grandezza, testimoniato da due nomination Grammy. In questo periodo si vede assegnare il primo award a titolo personale, come ‘Male Vocalist Of The Year’.
Numerosi sono i dischi di alto livello incisi con i Seldom Scene dal 1986 al’92, certamente imperdibile è il doppio live (ristampato in CD singolo) 15th Anniversary Celebration (Sugar Hill 2202).
Nel 1991 la Sugar Hill Records stampa un disco intitolato When It Rains (SH 3788), dove Reid è coadiuvato da Tony Rice, Rickie e Ronnie Simpkins e il suo vecchio compagno Terry Baucom. La promozione del compact viene supportata dalla critica, che lo giudica uno dei migliori prodotti discografici dell’anno.
La lunga avventura con i Seldom Scene si chiude, ma non definitivamente, nei primi mesi del ’92.
La stagione calda la trascorre con i IIIrd Tyme Out, da giugno a novembre, suonando il mandolino in lungo ed in largo per gli Stati Uniti con questa nuova band formata da alcuni dei tanti pupilli di Doyle Lawson. Instancabile, Reid, durante lo stesso anno è anche in tour con Vince Gill per sette settimane. Un essere umano dalle normali prestazioni avrebbe a questo punto deciso di prendersi una vacanza… non Lou Reid: a dicembre, insieme a Terry Baucom, Clay Jones e Marcus Smith mette insieme i Carolina e nel giro di un mese manda in stampa Carolina Blue (Webco 0143), il loro strepitoso debutto discografico! La grandezza dell’album sta nel riuscito tentativo di far convivere traditionals e canzoni scritte oltre mezzo secolo fa con brani usciti dalla penna di famosi autori contemporanei. Il tutto con uno stile personale, moderno e aggressivo… forse troppo, ha sostenuto qualcuno: Blue Night di Kirk McGee dal punto di vista vocale nelle mani di Lou Reid diventa un pezzo rock, e così anche il classico I’m Blue And Lonesome. Le voci sono spinte al limite, sostenute da una tecnica strumentale esemplare, che fa emergere il giovane Jones confermandolo uno dei più validi chitarristi in circolazione. Il secondo prodotto della band, uscito nel ’94, ancora registrato nei Doobie Shea Studios di Tim Austin, stilisticamente non si discosta dall’opera prima, pur offrendo una maggiore quantità di brani moderni. Sono solo tre, infatti, i classici proposti in Carolina Moon (Rebel 1712); il repertorio è preso in prestito da Carl Jackson, Larry Cordle, Ron Spears, Randall Hylton, autori molto affermati, alcuni dei quali ‘utilizzati’ dalle grandi star di Nashville. Il disco ha ricevuto una nomination quale ‘Album Of The Year’, e lo stesso anno Carolina è stata nominata ‘Emerging Band Of The Year’.
Occorre attendere due anni per ascoltare su disco nuovo materiale della band, la nuova band: Lou Reid rimane il solo della formazione originale ma, nessuno stupore in merito, si circonda di tre musicisti capaci di confermare il livello qualitativo espresso in passato. Sotto l’aspetto vocale la situazione migliora grazie a Gena Britt, una ottima banjoista entrata nel gruppo come bassista ma fortunatamente passata al banjo, lo strumento che le ha fatto guadagnare la popolarità di cui oggi gode. Ha suonato nelle Petticoat Junction, un gruppo tutto femminile, e in seguito nei validissimi New Vintage. La sua voce cristallina si alterna a quella di Reid sia dal vivo che nell’ultimo disco Lou Reid & Carolina (Rebel 1728), uscito sul finire del 1996, dove Gena dà buona prova di sé in tre occasioni come lead ed in tutti i brani come harmony vocalist. Al contrabbasso Randall Barnes, in passato con Strings Attached e Southern Blend, nei Carolina dal novembre ’95. Il mandolinista è Alan Bibey, membro originale dei IIIrd Tyme Out e, per un breve periodo, dei New Quicksilver insieme a Terry Baucom, Randy Graham e Jimmy Haley, con i quali ha inciso Ready For The Times nel lontano 1985.
Lou Reid è tornato quindi alla chitarra, certamente lo strumento sul quale riesce meglio ad esprimersi: il secondo brano in particolare del nuovo CD, Last Road Going Home di Harley Allen, bello già dal punto di vista melodico, lascia ascoltare una ritmica chitarristica stupefacente, trascinante, e i suoi tre breaks presenti nell’album possono per molti valere il prezzo del disco.
Ma di questo album vi racconteremo dettagliatamente sul prossimo numero di Country Store. E anche di come sono andate le cose il 21 giugno.
Maurizio Faulisi, fonte Country Store n. 37, 1997