Luther Allison – Soul Fixin’ Man cover album

‘Padre d’arte’, il figlio Bernard è un astro nascente della scena blues, Luther Allison ricomincia proprio da Chicago la sua nuova avventura americana. Di tempo ne è passato dagli esordi per un’altra label di questa città, quel Love Me Mama che è arrivato a candidarlo come personaggio prossimo a diventare ‘Blues’ next big thing’.
Dopo il lungo esilio europeo e con una produzione discontinua per valore qualitativo, Soul Fixin’ Man è il primo suo album registrato negli Stati Uniti negli ultimi vent’anni. Luther, con Otis Rush, è sicuramente il più gradito e clamoroso ritorno sulle scene blues degli States, dove sembra esser tornato per riprendersi il posto che gli spetta.

Il suo stile non è cambiato come inalterato è rimasto il suo feeling; e Luther tiene a rilevare che è ancora lo stesso di quando ha lasciato gli States per trasferirsi a Parigi.
Stilisticamente si muove ancora nell’ambito del Chicago blues venato di Memphis-soul, non senza concessioni al blues contemporaneo (mai compromettenti) ma si è arricchito di nuove esperienze per venire sapientemente riproposto con sentimento e convinzione.
Allison ha fatto tesoro degli errori del passato, evitandoli tutti, per calarsi in un’opera che non potrà che essere apprezzata tanto dagli appassionati del West-side blues più canonico che dal più vasto pubblico che si avvicina occasionalmente ai blues-guitar-heroes.

Registrato a Memphis, con la produzione di Jim Gaines (Stevie Ray, Santana, Albert Collins) e con l’ausilio dei Memphis Horns come sezione di fiati a sostenere il suo quintetto in diversi brani, Soul Fixin’ Man è un’opera completa e di grande respiro con notevole materiale originale.
Come statura artistica può tranquillamente essere accostata all’ultimo Otis Rush, che, se non vado errato, è la miglior produzione della stagione.

Alligator ALCD 4820 (Chicago Blues, 1994)

Franco Ratti, fonte Out Of Time n. 4, 1994

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