Circa un anno fa a Butch Hancock, che mi chiedeva notizie sulle prime incisioni di musica nortena (tex-mex) e di string band del genere attive nel periodo a cavallo tra il 1930 ed il 1940, consigliai come primo nome ed ottimo esempio Lydia Mendoza Y Grupo (o Familia), un conjunto le cui matrici erano state appena riprese dai LP dell’etichetta Folklyric, First Recordings, 1928-1938 (FL 9023) ed Early Recordings From The 1930’s (FL 9024).
Lo informai anche di aver letto su una rivista specializzata americana che Lydia, un’eccellente strumentista ed insuperabile cantante, era purtroppo deceduta a Corpus Christi in Texas qualche anno addietro. Hancock segnò scrupolosamente i dati sulla sua inseparabile agenda e tutto finì lì. Inutile descrivere il mio stupore quando due mesi orsono mi sono visto recapitare un disco dell’Arhoolie segnato a Lydia e da lei registrato a casa di Chris Strachwitz nel maggio del 1979. Uno scherzo da prete. L’artista è viva e vegeta e più attiva che mai.
Nata nel 1916 a San Antonio da un famiglia di musicisti ambulanti, Lydia Mendoza impara presto a suonare mandolino e violino accompagnando i genitori nei loro spostamenti in Nuovo Messico, California ed Arizona. A soli dodici anni prende parte a diverse incisioni del Cuartetto Carta Blanca e come solista realizza il suo primo disco, il best-seller regionale Mal Hombre, nel 1934. Si serve di una chitarra a 12 corde, preferendola all’equivalente messicano bajo-sexto, dando in tal modo alle sue interpretazioni un tocco caratteristico e personale.
Anche tramite il programma radio La Voz Latina diffuso da una piccola emittente di San Antonio, tutti i suoi brani incontrano un enorme successo presso le minoranze di lingua spagnola e dialetti derivati (c/o lo spanish border), sia nel Sud degli Stati Uniti che in Messico ed in America Meridionale. Incide da sola o insieme ad altri pionieri del tex-mex (Pedro Rocha, Narciso Martinez, Santiago Jimenez, i Chavarria Brothers ecc.) ed a piccoli gruppi della tradizione mariachi (musica per intrattenimenti nuziali) intensificando sempre più i suoi concerti in città straniere quali L.A., Chicago, St. Louis, Washington.
Negli anni sessanta, contemporaneamente al folk revival, conosce una seconda giovinezza su disco e dal vivo. In tempi recenti ha partecipato a tutti i più importanti festival di musica popolare ed etnica, presentata di volta in volta come ‘La Alondra De La Frontera’ (L’allodola del confine) e ‘La Gloria De Texas’, ed è apparsa nel film Chulas Fronteras diretto da Les Blank. Il noto studioso di folklore Jim Griffith ha scritto di lei definendola “un’eccezionale ed indistruttibile figura della musica messicana-americana”. Abita attualmente a Houston.
L’album in questione, La Gloria De Texas, comprende tredici brani che illustrano abbastanza esaurientemente l’enorme repertorio di Lydia nei suoi due aspetti essenziali: il tradizionale, sotto forma di corridos (ballate e canzoni narrative su fatti di cronaca o leggendari in veste comica o drammatica), canciones (canzoni spesso introspettive con considerazioni di carattere morale nel finale), rancheras (melodie di derivazione rurale e testi d’argomento agreste), mariachi (tango, polka, pasodoble ecc.), e l’originale comprendente composizioni autobiografiche (Amor Bonita), titoli estremamente popolari (Mujer Paseada di Daniel Garces, uno dei migliori cantautori dell’area meridionale texana) e addirittura proposte musicali inviate da suoi ferventi ammiratori (Mi Problema).
Da una donna che ha superato abbondantemente la sessantina ci si può aspettare una voce stentata ed una chitarra dagli accordi smorzati ed imprecisi, caratteristiche del resto comuni ad innumerevoli lavori di artisti riscoperti da Strachwitz specie nel campo del blues e del cajun. Niente di tutto ciò. Lydia ha conservato intatta tutta la freschezza vocale e la lucidità strumentale degli inizi, come testimoniano il corrido Luis Pulido (un maldestro seduttore di giovani spose ucciso a revolverate da un marito di poche parole) e la splendida interpretazione di Malaguena Salerosa (il disperato amore di un diseredato per una nobile bella dama di Malaga) condotta su un poco usuale arpeggio.
A ben notare la 12 corde di Lydia, con le note basse molto marcate in tempi pari, non fa che sostituire e sintetizzare il tappeto ritmico fornito originariamente dall’accordion (i solismi in aiuto della voce) e dal bajo-sexto (che a sua volta soppiantò la tambura ranchera o tamburello) nell’accompagnamento dei motivi per danza. Più o meno tutti i brani di La Gloria De Texas mostrano questa particolarità ed in special modo il Tango Negro e la ranchera Ojitos Verdes, ambedue versioni sotto molti aspetti uniche. Non un album di memorie, ma l’opera di un’artista viva, una sorta di Maybelle Carter del tex-mex, portavoce di una tradizione che preme insistentemente ai confini texani ed è ancora in gran parte da scoprire. Nessuna meraviglia infine se al terzo ascolto ci si sentirà come stregati dalla musica di Lydia… e dai suoi incredibili occhi!
Arhoolie 3012 (Conjunto, 1979)
Pierangelo Valenti, fonte Mucchio Selvaggio n. 38, 1981
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