Non ha più bisogno di presentazioni: Mark O’Connor è uno dei più affermati session-man al mondo.
Dopo essere stato un ‘enfant prodige’ della country music (a dodici anni aveva già vinto il titolo di miglior violinista d’America, a quattordici quello di miglior chitarrista flatpicking e a sedici estromesso dalle competizioni per ‘manifesta superiorità’) Mark ha tentato di imporre la sua arte oltre i confini del tradizionale.
David Grisman lo volle nel suo quintetto, Steve Morse gli fece provare il brivido rock con i Dixie Dregs, Stephane Grappelli si vergognò di fronte a tanto talento. Ma da allora, l’allampanato ‘country boy’ ha fatto fatica a raggiungere quello che tutti consideravano un successo scontato. Le sue avventure discografiche come solista sono sempre state un mezzo fallimento sia economicamente sia dal punto di vista artistico.
“Un grande virtuoso” si sentiva dire “ma nulla più”.
Il cervello, l’intuizione, il gusto e la creatività forse non appartenevano alla sua parrocchia. Alla ricerca di ispirazione Mark, sperando di mettere a frutto la lunga esperienza accumulata nonostante la giovane età, perpetuava l’errore di replicare schemi musicali imparati dai suoi maestri senza averne la fresca originalità e la medesima capacità compositiva.
L’attività di session-man però proseguiva e progrediva. Anzi, ad un certo punto si pensò che quello fosse il destino di Mark: infatti quando 3/4 anni fa la country music ritornò forte, O’Connor risultò il musicista più gettonato dai grandi nomi di Nashville.
Ma il sogno nel cassetto di Mark rimaneva e, di tanto in tanto, provocava l’uscita di un nuovo lavoro solistico…
Lo scorso anno, con l’album Elysian Forest un piccolo gioiellino acustico, segnalammo proprio su queste pagine la nuova vena creativa di O’Connor e le rifiorite speranze per il suo futuro artistico.
Sempre su Hi, Folks! ci fece piacere valorizzare le sue partecipazioni a Will The Circle Be Unbroken Vol. 2 e (con un colpo di classe di rara fattura) all’ultimo LP di Andreas Vollenweider, a ulteriore testimonianza della grande versatilità stilistica.
Per questo su On The Mark, suo nuovo lavoro, si riponevano notevoli aspettative. L’album conferma il trend di sviluppo e, soprattutto, di maturazione di Mark O’Connor. Il disco è, ovviamente, ben suonato ma è soprattutto ottimamente prodotto e contiene diverse intuizioni interessanti e molta musica di qualità.
Si parte già bene con Hot Tamale dove ritmo, melodia e sound generale fanno riaffiorare disegni acustici di non facile identificazione ma che potremmo banalizzare ipotizzando un mix tra Montreux, Pat Metheny Group e Vollenweider.
Il violino di O’Connor ha un timbro tenace, rampante e sempre estremamente presente. La chitarra (elettrica e acustica) è l’altro strumento che Mark suona in questo album, abbandonando per un momento banjos, mandolini, dobro e gli altri mille strumenti che è in grado di dominare.
La scelta strumentale, più adeguata al tipo di musica, concorre a fare di On The Mark una produzione piacevolmente omogenea, con sonorità e timbriche sempre saggiamente equilibrate.
Tra i pezzi da segnalare per il particolare valore compositivo, citerei la brillantissima Bowtie, la trascinante We’re Surronded con il violino di Mark che gareggia in virtuosismi con il sax di Michael Brecker, il duetto acustico Miniatures con il piano di John Jarvis e la dolcissima Changin Of The Guard.
Il capolavoro dell’album, una chicca per intenditori, è Ol’ Blue (tradizionale riarrangiato), unico brano non firmato da O’Connor. Restituendo la cortesia, dopo l’intervento di violino nell’album Never Die Young, James Taylor ‘taylorizza’ questo traditional con la proverbiale classe. L’arrangiamento acustico del brano (con un delicato dobro suonato da Jerry Douglas) crea la giusta atmosfera per la voce e il sofisticato ‘picking’ di Sweet Baby James. Il pezzo, da solo, vale l’acquisto dell’album, ma sarebbe sciocco limitarci a questo perché probabilmente On The Mark è il migliore lavoro solista di Mark O’Connor. Consigliatissimo.
Hot Tamale / Get Set, Go / Pacific Expectations / March Of The Pharoahs / When We Talk / Bowtie / We’re Surrounded / Mìniatures / Changing Of The Guard / Intro: Ol’ Blue / Ol’ Blue
Warner Bros. 9 – 25970-2 (New Acoustic Music, 1989)
Ezio Guaitamacchi, fonte Hi, Folks! N. 39, 1990