Mary McCaslin & Jim Ringer - The Bramble & The Rose cover album

Non posso immaginare omaggio migliore di questo alla musica americana, da quella più tradizionale al contemporaneo country & western. Speriamo che The Bramble & The Rose possa essere considerato come il canto del cigno dei perdenti ed inizi una nuova vita per musicisti come questi e per chi crede in loro e nella loro musica.

Lui, Jim Ringer, è arrivato tardi alla musica professionalmente, dopo aver attraversato mille vicissitudini ed aver fatto i più diversi lavori.

Lei, Mary McCaslin, ha iniziato addirittura con gli Stone Poneys di Linda Ronstadt, ma non ha avuto certo la stessa fortuna. Possiamo considerarla la cenerentola tra le tante signore del rock, vere o presunte che siano, ma il suo country feelin’ è ineguagliabile ed in questo senso è la più ricca e dotata di tutte.

Arrivati entrambi al quinto album da solisti, Mary e Jim hanno unito anche su disco il loro destino musicale, come da tempo si attendeva e da anni avviene regolarmente nei concerti, per offrirci non solo il loro capolavoro, ma anche uno dei dischi più belli, sentiti ed emozionanti che ho avuto modo di ascoltare.

Il pruno e la rosa mi sembra tra le più riuscite combinazioni di folk-songs, ballate care alla tradizione musicale angloamericana, e la più genuina country music, ed in questo senso sarà senz’altro uno dei più validi ed interessanti album dell’anno.

Grazie al prezioso apporto di musicisti come S. Mosley, B. Mundi e T. Markellis, sezione ritmica, Dick Fegy, chitarra elettrica, Winnie Winston, pedal steel, Larry Bloom, dobro e armonie vocali, e Jay Ungar e Ken Bloom eclettici e fantastici multi-strumentisti, Mary e Jim hanno la più eterogenea band che si possa desiderare nel loro continuo peregrinare tra moderne songs e antiche ballate.

Non ci sono brani originali in questo album, ma l’inusuale stile della McCaslin e di Ringer come chitarristi, innovatori e ricercatori dell’uso di determinati accordi, gli arrangiamenti dovuti al genio di quell’incredibile violinista che è Jay Ungar e soprattutto l’uso delle voci che nel loro genere non conosce limiti espressivi, fanno sì che ogni brano suoni nuovo e diverso anche se molte melodie ci sono ben note.

Copperfields, di dillardsiana fama, scritta da Herb Pedersen, e Geronimo’s Cadillac, qui in una fantasmagorica versione, scritta dal poeta C. Quarto con musiche di M. Murphey, e Mama Lou del grande Larry Murray, tutti i brani molto noti, dopo aver ascoltato il disco un paio di volte vi suoneranno altrettanto familiari di songs di autori sconosciuti o di traditionals come Canaan’s Land, un gospel dove le due voci su tonalità diverse creano un effetto inimmaginabile, e Oh Death, altra gemma per le sole voci di Mary e Jim con la McCaslin che accompagna al banjo l’invocazione della morte.

Notevole del resto è la scelta dei brani, fatta con sensibilità e buon gusto oltre che con competenza, che dimostra ancora una volta amore e rispetto delle tradizioni nonché del repertorio di artisti poco noti. Grazie anche a questo possiamo ascoltare la dolce e delicata Strawberry Roan di Bob Simpson, dove il magico violino di Ungar si mette in luce tra le splendide voci degli interpreti, la famosa Rank Strangers di Ralph Stanley, qui in una scintillante versione, Lonesome Road, una triste folk-song di Gaither Carlton cantata dalla McCaslin con grande sentimento, Stages Of My Life di John Wilcox, un brano in stile honky tonk di rara bellezza tutto da gustare per i country-men più accaniti, e Hit The Road, Jack, di P. Mayfield, dove si cimentano in un brano elettrico ed al di fuori della loro dimensione, il blues, personalizzandolo con molta finezza.

Bisognerebbe ricordare anche The Bramble & The Rose, il traditional che dà il titolo alla raccolta, e le voci di Mary e Jim, entrambe al culmine della maturità espressiva, ma è meglio che smetta di parlare di questo disco perché c’è senz’altro più sentimento e partecipazione emotiva che distaccato senso critico in quel che cerco di dirvi. Ed è per questo che ancora una volta, irrazionale più che mai, punto ancora su di voi: miei amati, cari, vecchi, magnifici perdenti.

Philo 1055 (Traditional Country, 1978)

Franco Ratti, fonte Mucchio Selvaggio n. 17, 1979

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