Merle Travis - In Boston 1959 cover album

E chi se l’aspettava? A 44 anni dal concerto e a 20 tondi dalla sua scomparsa, ecco una sorpresa per gli estimatori di Merle Travis, In Boston 1959. Molti, anche in Italia, ma forse non quanti sarebbe giusto ne avesse. Perché il nome di Merle Travis, al pari di quello di altri artisti importanti, quelli che si sono rivelati essere fondamentali nell’evoluzione della musica moderna occidentale, trascende l’appartenenza ad un genere specifico, è patrimonio artistico universale: un disco contenente i classici di Travis dovrebbe essere considerato acquisto obbligatorio per ogni possessore di una chitarra acustica; il cosiddetto ‘Travis Picking’ dovrebbe far parte del programma di insegnamento di ogni maestro di chitarra folk!
Colto durante un buon momento della sua carriera, in una delle rare apparizioni negli Stati Uniti dell’Est, organizzata per mitigare la sete di folk music dei giovani universitari del tempo (il concerto prevedeva anche l’ascolto di musica bluegrass con i validi Lilly Brothers), e registrata da un allora giovane Mike Seeger armato di un’Ampex 600, Merle Travis qui conferma tutta la sua grandezza di chitarrista finger picking.

L’ottima qualità del suono di In Boston 1959, l’alto numero dei brani e le notevoli performance rendono giustizia ad un artista la cui mancanza sul mercato di un disco live (non considerando i nastri video della Vestapol) risultava poco comprensibile. Simpatico, rilassato, e soprattutto sobrio (!), Merle dà prova delle sue doti senza grandi sforzi, in maniera naturale e comunicativa. Nel genere, per intenderci, di On Stage, il doppio storico live di Doc Watson, che tanto ha divertito intere generazioni di chitarristi e amanti del folk.
I pezzi che avreste voluto ascoltare dal vivo direttamente da Merle Travis ci sono tutti. La percentuale più ampia la riserva al blues, genere musicale prediletto dal chitarrista; memorabili a tal proposito queste versioni live di Nine Pound Hammer, I’m A Pilgrim, That’s All e dello strumentale Memphis Blues.
La gentilezza dei suoi modi e la pacatezza nell’interpretare i classici del suo ricco repertorio (naturalmente non potevano mancare, e non mancano, Sixteeen Tons e Dark As A Dungeon) rendono lo show particolarmente rilassato, ma quando il nostro decide di voler stupire con la tecnica, allora ecco pronte le esplosive Liza Jane, John Henry, Lost John e la strepitosa Cannonball Rag che in maniera diversa presentano un chitarrista dalle doti eccezionali, dalla tecnica e dal gusto raffinatissimi, oltrechè di assoluta originalità.

Rounder 0451 (Piedmont Blues, Traditional Country, 2003)

Maurizio Faulisi, fonte Country Store n. 68, 2003

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