Dell’esordiente Mike Ward l’affidabile critico Robert K. Oermann scrive: “Questo è country suonato con cuore, grinta, sincerità ed integrità. L’America ha bisogno di questa musica”. Sono parole importanti scritte da un critico notoriamente molto selettivo, ma sono certamente doverose nei riguardi di questo sconosciutissimo cantante che sicuramente stazionerà a lungo sui nostri lettori di CD. And Then Some è un album eccellente, classico senza essere scontato, cantato come Dio comanda (All That I Am Worth vanta una performance canora degna del migliore Vince Gill) e suonato divinamente; il tutto senza bisogno di scomodare (e retribuire) il Gotha delle sale di registrazione nashvilliane.
Ascoltate gli intros delle succitata All That I Am Worth o della gradevole cover di Dead Flowers di Rollingstoniana memoria, per non parlare del classico giro che caratterizza The Man I Used To Be, con una steel guitar che tanto ci riporta al suono Flying Burrito Brothers. Il modo di comporre del nostro Mike Ward, che firma tutte le songs (da solo od in collaborazione con nomi più – Doodle Owens – o meno blasonati) ad eccezione del brano degli Stones, si rifà naturalmente ai canoni riconosciuti della country music classica, ma non per questo il sound risulta risaputo o stantio. Permangono una freschezza ed una maturità compositiva estremamente personali, che caratterizzano i brani fin dal primo ascolto e ci spingono a ripetere l’ascolto più e più volte.
Fra i molti episodi di And Then Some che vale la pena di segnalare senza dubbio la palma di knock-out song va alla grande All That I Am Worth, senza tralasciare la corposa Dangerous Fires, la tradizionale Old Bar Stool o la scanzonata Two Dollar Bottle Of Wine. Non è tutto, ma il resto scopritelo Voi!
World 4607-2 (Country Rock, 1996)
Dino Della Casa, fonte Country Store n. 35, 1996