Per anni vissuta all’ombra del manto, Nancy Blake ha finalmente la sua grande occasione per mettersi in luce e dimostrare al mondo intero il suo valore e la sua importanza nell’ambito della musica acustica americana.
Questo era ciò che pensavo prima di aver ascoltato il suo disco d’esordio in virtù di una personale stima verso la musicista, stima oltre modo consolidatasi dopo aver potuto sentire più volte in concerto Nancy con il marito e altri titolati accompagnatori.
Ma una piccola delusione era alle porte.
Già prendendo in mano Grand Junction e leggendone le note di copertina mi devo infatti rendere conto che di sorprese ce ne saranno ben poche: insieme a Nancy, che pur si sbizzarrisce a cello, mandolino, accordeon e fiddle, ritroviamo il caro vecchio Norman, il mitico James Bryan e il banjo old-time di Tom Jackson: la consueta line-up, cioè, dei dischi di Blake. Sembra quasi che, per l’ennesima volta, si sia voluta dimostrare la famosa regola matematica che afferma che modificando l’ordine dei fattori il prodotto non cambia. Regola che, anche in questo caso, trova puntuale conferma.
Intendiamoci, il disco non è mica brutto: anzi, Nancy ha la possibilità di proporre molte sue composizioni , alcune delle quali anche piuttosto interessanti, e tutti gli amanti del suono ‘Rising Fawn String Ensemble’ possono qui ritrovare le atmosfere a loro congeniali. Ma sempre più lontana appare, a questo punto, la probabilità che Nancy possa esprimersi in modo autonomo proponendo una sua vera ed originale produzione artistica. Resta sempre, infatti, il dubbio che la lunga mano di Norman Blake (che per la verità non fa neanche un assolo ma che è pur sempre il produttore del disco) sia determinante nella definizione del suono e, perché no, nelle scelte musicali della moglie.
La possibilità si fa certezza se si valutano le caratteristiche caratteriali dei coniugi Blake che, come spesso capita nelle coppie che vanno d’accordo, sono di segno opposto: musone, burbero e presuntuoso lui: gioviale, allegra e disponibile lei.
Con una tale apertura mentale, una cultura classica alle spalle e una vasta conoscenza dell’attualità musicale datale dai tanti anni di professionismo, ci si poteva aspettare da Nancy un disco un po’ più personale meno legato al tradizionale cliché dei Blakes: magari qualche brano classico rivisitato o, perché no, qualche spunto avanguardistico (nei limiti, si capisce …) alla Kronos Quartet. Ma forse mi sono sbagliato e la Nancy, con il fiocco in testa e la gonnona folk, è felice di proporre brani tradizionali, o tradizionalmente orientati su schemi ampiamente collaudati, molti dei quali piacevolmente intrisi di sapori balcanici ed orientali (c’è forse lo zampino di Ostruschko?).
Due o tre sono le composizioni che potrebbero trovare posto in un ipotetico Greatest Hits dei Blakes: Mahnuknuk (per solo fiddle), Walk Along e Three Ponies dove si ricreano i suoni raffinati della string band secondo la concezione blakiana.
Il disco è carino, ben suonato e piacevolmente arrangiato. Chi ricerca l’avanguardia si rivolga altrove, chi invece apprezza il gusto semplice e genuino della melodia tradizionale vada tranquillo: Grand Junction lo può acquistare ad occhi chiusi.
Rounder 0231 (Folk, Old Time Music, Country Acustico, 1986)
Ezio Guaitamacchi, fonte Hi, Folks! n. 22, 1987