Tra la seconda metà degli anni ottanta e la prima degli anni novanta abbiamo assistito, in particolar modo nel mondo musicale legato a Nashville, ad un profondo rinnovamento musicale che ha riportato in primo piano le più genuine radici della country music filtrate attraverso la sensibilità e la modernità di artisti come Dwight Yoakam, Clint Black, Travis Tritt, Brooks & Dunn, Randy Travis ed innumerevoli altri.
Nell’ultima parte della decade appena trascorsa invece i sintomi di riflusso e di commercializzazione esasperata hanno riportato l’ago della bilancia verso un ‘melange’ musicale in cui pop e rock hanno rappresentato la componente più evidente.
Tutto ciò secondo me fa parte del ‘ciclo fisiologico’ proprio della storia della country music commerciale che ha sempre visto alternanza di periodi in cui tradizione e ‘modernità’ hanno diviso e infiammato i critici e gli appassionati.
Patty Loveless è stata ed è una delle figure che ha saputo far convivere queste due anime in una carriera ormai lunga ma lungi dall’aver esaurito la sua passione e la sua ispirazione.
Patty Loveless, al secolo Patricia Ramey, nasce il 4 gennaio 1957 nella piccola comunità mineraria di Elkhorn City ma cresce a poche miglia di distanza nella cittadina di Pikeville, sud est del Kentucky. All’età di dieci anni si deve trasferire con la famiglia nella più grande Louisville, circa duecento miglia ad ovest, perché il padre John Ramey ha bisogno di più approfondite cure mediche, essendosi ammalato dopo parecchi anni di lavoro in miniera.
Proprio a Louisville Patty inizia ad interessarsi seriamente alla musica, old-time, bluegrass e country che i genitori regolarmente ascoltano. Da Bill Monroe a Kitty Wells, dagli Stanley Brothers a Flatt & Scruggs, queste sono le radici musicali della famiglia di Patty Loveless.
Con un grosso sacrificio economico il padre di Patty le compera una chitarra acustica e le paga alcune lezioni, spingendola nella direzione che lei gli aveva indicato.
Le canzoni di Loretta Lynn e di Dolly Parton sono le prime con le quali Patty Loveless si cimenta, assieme ai traditionals presi dal repertorio dei grandi della musica bluegrass e old-time.
Rank Strangers, Man Of Constant Sorrow e più in generale canzoni dalla tematica triste e sofferta affascinano la giovanissima Patty che così dà voce alla situazione familiare dura e piena di problematiche, fino a scrivere la sua prima canzone al’età di quattordici anni, una canzone che sarà importantissima dal punto di vista emozionale nella sua vita musicale: Sounds Of Loneliness. Nel frattempo inizia ad esibirsi negli ambienti musicali di Louisville grazie al fratello Roger, con il quale forma per qualche tempo un duo, The Swingin’ Rameys.
Da Louisville a Nashville il passo è abbastanza breve e i fratelli Ramey nei primi anni settanta giungono a Music City con un repertorio di una trentina di canzoni e con grandi ambizioni.
I primi contatti avvengono con l’allora famosissima coppia Dolly Parton e Porter Wagoner, poi Patty viene notata dai Wilburn Brothers che le chiedono di sostituire nei loro shows nientemeno che Loretta Lynn; questo è il primo e fondamentale passo per inserirsi in un mondo che le darà più avanti grosse soddisfazioni.
Dal 1973 al 1975 si esibisce nei loro live shows e un anno dopo sposa Terry Lovelace, batterista dei Wilburn Brothers. La coppia si sposta a Charlotte, North Carolina e il loro repertorio si basa essenzialmente su pop e rock. Il matrimonio dura comunque poco e Patty, che da quel momento decide di mantenere modificandolo un poco il cognome del marito, ritorna alle sue radici country grazie ai consigli del fratello Roger che nel frattempo diventa il suo manager.
La sua attività si svolge essenzialmente nel circuito dei clubs e riesce ad aprire i concerti per grandi acts come Pure Prairie League e Hank Williams Jr.
Passano alcuni anni di gavetta e Patty Loveless torna in quel di Nashville per registrare alcuni demo tapes e riesce a diventare staff writer per la Acuff-Rose, una delle più importanti publishing companies di Music City.
Tony Brown, boss della MCA Nashville la nota e le fa firmare un contratto alla fine del 1985. Ha così inizio una carriera discografica cha fa di Patty Loveless una delle più considerate tra le voci femminili nell’ambito della moderna country music, con una voce che ha sempre mantenuto quelle tonalità ‘high lonesome’ tipiche della più genuina tradizione degli Appalachi.
E’ il 1987 quando Patty Loveless esordisce sotto la produzione di Tony Brown ed Emory Gordy Jr. che alcuni anni dopo diventerà suo marito, produttore e consigliere di fiducia. Il disco, omonimo, ci consegna una cantante già esperta e rispettosa delle sue radici musicali ed è subito brillante e sincera country music.
Lonely Days, Lonely Nights di Karen Staley è trascinante e deliziosamente swingata, firmata da un’autrice che a Nashville ha avuto in questi anni numerosi estimatori. Su questo disco Patty riprende altre due sue canzoni, la grintosa Wicked Ways e Half Over You.
La musica di questo suo primo album deve molto alle figure femminili che l’hanno influenzata, Kitty Wells, Tammy Wynette, Loretta Lynn, Molly O’Day, riverentemente citate con un piglio tuttavia molto personale.
Attenta è anche la scelta dei brani, attingendo dal repertorio di Guy Clark, Jim Rushing (la splendida Slow Healing Heart), Jo-El Sonnier, Steve Earle.
Due sono le composizioni da lei stessa firmate, I Did e Sounds Of Loneliness, dedicata al padre scomparso e da considerare a posteriori una vera e propria ‘signature song’ per le sue implicazioni emozionali e affettive. E’ tuttavia un disco che non le da ancora la possibilità di mettersi in luce come meriterebbe.
Il successo commerciale giunge un anno dopo, nel 1988, quando esce il secondo disco, If My Heart Had Windows. La title-track, già grosso hit per George Jones nel 1967, approda nella Top 10 dei singoli country; la canzone, firmata da Dallas Frazier, apre le porte a molti altri singoli di successo che per parecchi anni manterranno Patty Loveless ai vertici delle classifiche di vendita negli Stati Uniti.
If My Heart Had Windows comunque si regge su una solida base formata da un repertorio variegato e molto interessante, session men eccellenti e soprattutto sulla voce e sulla personalità di Patty Loveless, a suo agio sia con ballate che con brani rock.
Molti sono i momenti da ricordare: Working Man’s Hands dalla melodia e dal feeling notevoli, So Good To Be In Love ancora firmata da Karen Staley, A Little Bit In Love, un altro buon hit firmato da Steve Earle, I Can’t Get You Off Of My Mind di Hank Williams Sr. al quale viene riservato un arrangiamento molto swing e l’intensa Baby’s Gone Blues.
E’ questo un periodo particolarmente ricco di ispirazione e dopo pochi mesi Patty Loveless esce con un nuovo disco, Honky Tonk Angel, che conferma e amplia la sua statura di cantante di prim’ordine sulla scena country di Nashville.
Honky Tonk Angel è uno dei più brillanti e positivi dischi della sua carriera, con ben quattro canzoni di grande successo e un suono sempre ricco di una tensione emotiva notevole.
Blue Side Of Town, che apre alla grande l’album, Don’t Toss Us Away, dal repertorio della roots-rock band di Los Angeles Lone Justice, The Lonely Side Of Love e Timber I’m Falling In Love, entrambe firmate da Kostas, entrano tutte nella Top 10 dei singoli.
I Won’t Gamble With Your Love, firmata dalla coppia Gary Scruggs e Kevin Welch, ha un forte sapore tradizionale ed è uno dei brani più significativi del disco, un lavoro tra i più orientati verso la tradizione.
Go On (di Patty e Roger Murrah) vede Claire Lynch ai cori mentre la orecchiabile Chains si avvale della presenza di Vince Gill, grande amico della cantante kentuckiana.
Da citare ancora I’ll Never Grow Tired With You dal repertorio degli Stanley Brothers.
La band che l’accompagna è quanto di meglio possa offrire Nashville in quel periodo: Mark O’Connor al fiddle e mandolino, Mac McAnally alla chitarra acustica, Albert Lee a quella elettrica e al mandolino, Paul Franklin alla pedal steel e dobro, Matt Rollings alle tastiere, una sezione ritmica formata da Eddie Bayers (batteria) e Leland Sklar (bass) e ospiti notevoli come i già citati Gill e Lynch e Rodney Crowell.
Più o meno lo stesso giro di musicisti, sotto la produzione ancora una volta del solo Tony Brown, lo ritroviamo nel disco che inaugura la nuova decade, On Down The Line (1990). Il repertorio è interamente composto da covers con Kostas di nuovo protagonista con ben quattro canzoni firmate da lui: Overtime, posta giustamente in apertura in quanto di sicuro impatto per ritmo e grinta, On Down The Line ancora singolo di buon successo, Looking In The Eyes Of Love e Feelings Of Love.
Molto bella è anche la cover di The Night’s Too Long di Lucinda Williams, sincera ‘story song’ di provincia mentre tra le più interessanti canzoni dell’album vi sono Some Morning Soon di Claire Lynch, ancora una volta prettamente tradizionale e I’m That Kind Of Girl, più in linea con l’allora imperante neo-traditionalism.
In definitiva On Down The Line è un lavoro che, pur nel suo buon livello, non aggiunge nulla alla musicalità di Patty Loveless ed è da cosiderare un disco di transizione.
In questo periodo Patty Loveless si sposa con Emory Gordy Jr., musicista dal passato bluegrass e già membro della Hot Band di Emmylou Harris negli anni settanta.
Emory Gordy Jr. riaffianca Tony Brown nella produzione del nuovo album di Patty, Up Against My Heart (1991), un disco solido che si basa ancora una volta sul grande amore per la country music ma anche su sonorità più rockeggianti come nella apertura di Jealous Bone.
In Can’t Stop Myself From Loving You (naturalmente di Kostas!) sembra di riascoltare Patsy Cline, uno dei miti di Patty Loveless.
Un gradino più in alto a mio parere stanno Hurt Me Bad (In A Real Good Way), I Came Straight To You (di Kevin Welch), Waitin’ For The Phone To Ring e il valzerone country God Will di Lyle Lovett, tutte profondamente country-oriented.
Nel 1993 Patty Loveless decide di lasciare la MCA sentendosi forse un po’ schiacciata dalla grande popolarità di altri personaggi femminili come Reba McEntire, Trisha Yearwood e Wynonna Judd, sue colleghe di casa discografica.
Emory Gordy Jr. da questo momento in poi produrrà ‘in esclusiva’ i dischi della moglie, ad iniziare da Only What I Feel (1993). L’album esce per la Sony Music attraverso la Epic e in qualche modo si differenzia per arrangiamenti e per atteggiamento dai precedenti. Il suono è per così dire più ‘contemporaneo’, senza però eccedere in commercialismi fini a se stessi.
Durante le registrazioni Patty Loveless deve sottoporsi ad una operazione alle corde vocali che comunque non compromette la riuscita del disco; la sua voce è intensa come al solito, con una eccellente estensione ed un pathos interpretativo che viene fuori specialmente nelle molte ballate presenti.
Alcune di queste sono tra le più belle del suo repertorio, a partire da Nothin’ But The Wheel fino alla splendida e pianistica How Can I Help You Say Goodbye. Divertenti e particolarmente orecchiabili sono i brani up tempo: You Will, How About You e Blame It On Your Heart in particolare brillano per il loro trascinante incedere.
Nel 1994 esce un altro tra i miei dischi preferiti di Patty Loveless, When Fallen Angels Fly, uno di quegli albums in cui la scelta delle canzoni, l’ispirazione delle interpretazioni e la perizia degli arrangiamenti contribuiscono alla sua perfetta riuscita.
Questa è country music di qualità superiore, un mix in perfetto equilibrio di suoni che ha reso grande una cantante di talento quale Patty Loveless. Sinceramente non c’è un brano fuori posto, da Handful Of Dust che apre l’album, firmato da Tony Arata, uno degli autori di Nashville più in vista in questi ultimi dieci anni.
La Nashville più ispirata è qui presente in veste compositiva con due magnifiche ballate di Gretchen Peters, You Don’t Even Know Who I Am amara storia di incomprensioni all’interno di una coppia e Ships, Gary Burr autore della ironica I Try To Think About Elvis e Gary Nicholson e Bob Di Piero che firmano Old Weakness (Coming On Strong).
Molto riuscite sono anche Feelin’ Good About Feelin’ Bad, country rock con influenze blues firmato da Emory Gordy Jr. e Jim Rushing e la title-track composta dal grande texano Billy Joe Shaver. L’album viene nominato disco dell’anno per il 1995 dalla Country Music Association che un anno dopo incorona Patty Loveless come miglior voce femminile.
Proprio in questi due anni Patty raggiunge l’apice della popolarità e della considerazione da parte della critica.
The Trouble With The Truth è il titolo dell’album che esce nel 1996, il numero otto della sua discografia ormai ricca e apprezzata. Il disco denota una sempre maggiore attenzione nella scelta del repertorio; ormai da qualche tempo Patty Loveless non inserisce nei suoi albums sue composizioni ma la ormai acquisita maturità e la continua ricerca di nuovo materiale fanno si che che ogni nuovo lavoro risulti sempre appetibile.
The Trouble With The Truth è un altro riuscitissimo puzzle in cui le diverse sonorità, country, rock e pop, coesistono senza traumi.
Tear Stained Letter di Richard Thompson (dal suo splendido Hands Of Kindness) apre in maniera travolgente la selezione con un suono prettamente cajun, The Trouble With The Truth è riflessiva e intimista, I Miss Who I Was (With You) sempre acustica e dolce è firmata da Jim Lauderdale e John Leventhal.
Il resto del disco è da scoprire canzone dopo canzone in una alternanza di ballate e brani veloci in cui si apprezza sempre la maestria vocale di Patty Loveless.
Long Stretch Of Lonesome (1997) segue la falsariga del precedente, con sonorità che si distaccano ormai dall’imperante nash-pop di questi anni.
Si potrebbe parlare di Americana, di alternative country, anche se il tutto proviene dall’interno di Music City, da una major. Anche qui non troviamo brani di Patty Loveless ma i suoi autori preferiti sono presenti: Kostas (che firma la tipica High On Love con Jeff Hanna della Nitty Gritty Dirt Band), Gretchen Peters (Like Water Into Wine), Jim Lauderdale (autore della classica country song You Don’t Seem To Miss Me in cui appare l’inossidabile George Jones), Kim Richey (che con Tia Sillers è l’autrice di That’s Exactly What I Mean).
Non da meno sono The Party Ain’t Over Yet dai sapori country/cajun, Too Many Memories del texano Stephen Bruton, ballata ripresa anche da Bonnie Raitt e l’evocativa Where I’m Bound (…can you hear it cross the valley/can you hear that mournful sound/I’m riding rails of silver/going to where I’m bound…).
Long Stretch Of Lonesome assieme al precedente forma una coppia di albums di assoluto valore nel panorama della musica americana di questi ultimi anni, a prescindere da ogni etichetta. L’ultima parte degli anni novanta è stata anche, dal punto di vista umano, molto difficile per Patty Loveless; la morte della sorella e una grave malattia che ha messo in pericolo la vita di Emory Gordy Jr. l’hanno messa duramente alla prova e in qualche modo ne hanno temprato il carattere.
Tre anni passano da Long Stretch Of Lonesome a Strong Heart, che esce nel 2000.
Vi sono alcuni cambiamenti e molte conferme in questo Strong Heart, arrangiamenti improntati su una più marcata modernità, toccando a volte sonorità più pop ma con la sua anima country che spesso esce allo scoperto.
E’ un disco che parte in sordina e ha bisogno di più ascolti per essere pienamente apprezzato. Contiene alcune perle nascoste che meritano di essere scoperte e, fatto importante, riporta Patty Loveless nella veste di autrice anche se soltanto per un brano scritto in compagnia del marito, You Don’t Get No More, sorprendente blues, sporco e molto diretto.
Tra i brani che meritano particolare attenzione segnalo My Heart Will Never Break This Way Again, che metterei tra i più riusciti (è firmato da Gary Harrison e Matraca Berg), il singolo That’s The Kind Of Mood I’m In, corposo e ricco di grinta e due pregnanti ballate come Strong Heart e She Never Sopped Loving Him.
Grandi ospiti appaiono in questo disco anche se c’è da dire che non cambiano assolutamente i già solidi equilibri: Steve Earle, Ricky Skaggs, Travis Tritt, Trisha Yearwood, Claire Lynch, Stuart Duncan e Jerry Douglas si esibiscono in maniera molto discreta.
Il 2001 verrà anche ricordato negli ambienti di Nashville come l’anno in cui Patty Loveless torna alle origini. Mountain Soul è un disco in cui le radici musicali di Patty tornano prepotentemente in primo piano. Bluegrass, folk, old time, country music e gospel formano un suono assolutamente da gustare. Sapide ballate si alternano a trascinanti bluegrass e il disco scorre benissimo grazie ad una ispiratissima Patty Loveless e ad una band che la accompagna in maniera strepitosa.
Fin dall’iniziale The Boys Are Back In Town ci si rende conto di quanto sia riuscita questa ‘celebrazione’ delle roots della cantante del Kentucky.
Di particolare presa sono i due duetti con Travis Tritt, Out Of Control Raging Fire e I Know You’re Married, in cui le voci si amalgamano alla perfezione mentre Daniel Prayed (con Ricky Skaggs) e Rise Up Lazarus ci portano verso un bluegrass/gospel di altissima qualità.
A mio parere, in un disco ricchissimo di ottima musica, tre sono i momenti veramente commoventi, in cui la voce di Patty Loveless tocca le più profonde corde emotive: Cheap Whiskey, scritta da Jim Rushing ed Emory Gordy Jr., You’ll Never Leave Harlan Alive già ripresa da Brad Paisley nel suo Part Two e la conclusiva Sounds Of Loneliness, già citata quale canzone di fondamentale importanza per Patty Loveless.
Proprio la presenza di quest’ultimo brano è significativa, a dimostrazione di una simbolica ‘chiusura di un cerchio’ e forse dell’inizio di un ciclo musicale.
Ascoltare Mountain Soul è un po’ come aprire il diario di famiglia di Patty Loveless, scoprire a fondo il suo background, conoscere il mondo in cui è cresciuta e che l’ha così profondamente segnata. Con questo suo lavoro Patty Loveless ha completato un percorso musicale di notevole gusto e intelligenza che nel corso di questi quindici anni l’ha confermata ai vertici della musica che amiamo.
Discografia:
Patty Loveless – MCA (1987)
If My Heart Had Windows – MCA (1988)
Honky Tonk Angel – MCA (1988)
On Down The Line – MCA (1990)
Up Against My Heart – MCA (1991)
Only What I Feel – Epic/Sony (1993)
When Fallen Angels Fly – Epic/Sony (1994)
The Trouble With The Truth – Epic/Sony (1996)
Long Stretch Of Lonesome – Epic/Sony (1997)
Strong Heart – Epic/Sony (2000)
Mountain Soul – Epic/Sony (2001)
Remo Ricaldone, fonte Country Store n. 60, 2001