Maurizio Angeletti chitarra

Se si dovesse o volesse indicare uno strumento particolarmente popolare, particolarmente semplice da suonare o da strimpellare, adatto ad innumerevoli generi di musica, uno strumento ‘folk’ per eccellenza, si sceglierebbe senza dubbio la chitarra.
Se si volesse compilare una enciclopedia su tutte le diverse chitarre, i diversi chitarristi, i diversi contesti musicali in cui questo strumento è stato usato, ci si renderebbe conto di come abbia provato di essere versatile, semplice e complesso ad un tempo, in grado di differenziarsi in ulteriori varianti che, comunque, ancora portano il nome di ‘chitarra’.

Si dice che la chitarra o uno strumento simile sia stato introdotto dagli Arabi in Spagna verso il secolo XII, diffondendosi poi in Europa, ma sono convinto che tutti o quasi quelli che stanno leggendo queste righe sono stati attratti, un giorno più o meno lontano, da un particolare tipo di chitarra e di genere, dalla ‘chitarra folk americana’, definizione che è in realtà un non-senso, una non-definizione, e che fa giustamente rabbrividire qualsiasi serio adepto allo strumento, ma che ha sicuramente significato qualcosa in quell’approccio iniziale.

Tant’è: un mucchio di gente in un mucchio di nazioni non americane, prima o poi, si è imbattuta in un suono, una musica e delle conseguenti sensazioni che si sono imposte per un loro particolare tipo di bellezza, una bellezza unica capace di trasmettersi in modo diverso e in situazioni diverse.

Questo articolo doveva essere semplicemente una discografia, e per di più concentrata su una particolare area musicale chitarristica di cui il sottoscritto fa parte; ma poi, vuoi per una banale innata onestà, per i sensi di colpa affioranti e per altri nobili intenti (offrire ai lettori un panorama completo ed obiettivo sullo strumento ed amenità simili) ho pensato che sarebbe stato più interessante ed originale, nonché utile, allargare il tutto e dare spazio a ogni tipo di schifezza sia stata mai elaborata in senso strumentale sulla chitarra, con una malcelata soddisfazione rispetto agli altri colleghi di Hi, Folks! costretti a fare una semplice discografia di un ‘genere’.

Compilare una discografia ‘completa’ sulla chitarra acustica americana è quanto di più erroneo e fuorviante: lo sbaglio, facile e quasi inevitabile, sta proprio nel ridurre ad un ipotetico denominatore comune musiche e musicisti diversi, se non qualche volta antitetici, solo e semplicemente perché ‘suonano la chitarra’, spesso sotto un’ulteriore postilla costituita dalla parola ‘fingerpicking’, una delle più abusate, insieme ad altri casi celebri (‘country’ ?!, ‘blues’ ?!).

Ma, ad essere realmente corretti ed obiettivi, la musica di questi chitarristi si caratterizza e si differenzia tendenzialmente sempre e parecchio, e diventa veramente aleatorio parlare ancora di ‘musica per chitarra’, o ‘musica fingerpicking’ (che, tradotto piuttosto letteralmente, vuol dire ‘musica delle dita che pizzicano’: non è un po’ troppo generico?).

Inoltre, la musica chitarristica americana, tradizionale e contemporanea, nelle sue forme migliori, non è certo nata come ‘musica per imparare a suonare la chitarra’: diciamo piuttosto che tutta una serie di personaggi, in vari decenni e in vari conseguenti contesti musicali, hanno usato la chitarra in senso prettamente strumentale (e quindi anche con una tecnica conseguente) per esprimere se stessi e i generi che hanno rappresentato, ottenendo risultati che si possono definire proprio ‘artistici’ o, a voler giocare a fare gli intellettuali, ‘estetici’.

Partendo da un punto di vista musicale (che non mi sembra un punto di vista particolare, ma l’unico possibile) quindi, e con tutte le buone intenzioni, non ci si può identificare nell’aspirante chitarrista sudaticcio e sbavante per le perverse vibrazioni che la vista di scale e accordi a 8 dita gli danno, chiudendogli poi le orecchie e quelle porte della percezione che permettono di accedere a cose preziose e senza tempo.

Non ripeterò il solito noioso sermone sul non menarsela troppo o solo con gli accordi: fate quel che volete! Ma la musica, anche quella chitarristica, si ascolta (con le orecchie) e non si guarda (con gli occhi), per lo meno, non solo.

In base a queste considerazioni, questa discografia è stata compilata con un duplice criterio, tenendo conto del fatto che molti hanno avvicinato la chitarra proprio con l’intento di suonarla, e che tutta la musica contenuta in questi dischi discende, in misura più o meno diretta, dalle forme chitarristiche tradizionali americane; ne scaturisce un panorama odierno incredibilmente vario e ramificato, in cui ogni artista e ogni genere sono collegati e allo stesso tempo separati e distinti dagli altri.

Vorrei infine ringraziare Gianni Cunich e Beppe Gambetta per avermi offerto un panorama organico e completo, rispettivamente, sui flatpickers irlandesi e bluegrass, e Mario L. Rondena per aver gentilmente messo a mia disposizione la sua incredibile collezione di dischi e la sua conoscenza di ogni tipo di musica sia mai stato suonato sulla chitarra

Un abbozzo di discografia riguardante i chitarristi tradizionali, sia neri che bianchi, può essere il seguente, suscettibile sicuramente di estensione.

La tradizione americana ha avuto innumerevoli geni chitarristici, e Charley Patton o Blind Lemon Jefferson, citando due nomi a caso, ebbero stili geniali e originali tanto quanto Blind Blake o Mississippi John Hurt. Tuttavia i chitarristi qui citati sono quelli che hanno specificatamente sviluppato ed evoluto l’aspetto strumentale della loro musica, diventando dei punti di riferimento per chitarristi bianchi degli anni ’50, ’60 e ’70.

Etta Baker
Brani nelle seguenti antologie:
-Albatros VPA-8301, 1956, Instrumental Music From The Southern Appalachians
-Physical PR 12-001, 1964-1972, Music From The Hills Of Caldwell County
Eccellente chitarrista di colore, con uno stile estremamente limpido e sincopato basato sui canoni tradizionali del double-thumbing e con un repertorio di classici appartenenti sia alla cultura nera che a quella bianca.

Blind Blake
-Biograph BLP-12003, 1926-1930, Bootleg Rum Dum Blues
-Biograph BLP-12023, 1926-1932, Search Warrant Blues
-Biograph BLP-12031, 1926-1929, No Dough Blues
-Biograph BLP-12037, 1926-1931, Rope Stretchin’ Blues
Il più grande chitarrista ragtime mai esistito, il cui stile sincopato prodotto da una mano destra terrificante non è mai stato superato ed eguagliato da nessun altro chitarrista, nemmeno da Gary Davis.

Bo Carter
-Yazoo L-1014, 1930-1940, Greatest Hits
Bo Carter costituisce un capitolo a sé stante per la sua tecnica non ortodossa basata sull’uso di accordature aperte con particolari incongruenze armoniche che testimoniano una singolare e svitata concezione dell’armonia blues.

Elizabeth Cotten
-Folkways FG-3526, 1958, Folksongs & Instrumentals With Guitar
-Folkways FA-3537, 1979, When I’m Gone
Lo stile di Elizabeth Cotten, spesso chiamato semplicemente ‘Cotten picking’ e sinonimo di fingerpicking in America, è una delle perle di tutta la tradizione americana. Un articolo più esteso su Libba Cotten è apparso sul n. 3 di Hi, Folks!.

Blind Reverend Gary Davis
-Yazoo L-1023, 1935-1949
-Vanguard SRV-73008 1963-64, At Newport
-Prestige PR-7725, 1964, The Guitar & Banjo Of Rev. Gary Davis
Gary Davis è il chitarrista di colore che più di ogni altro ha evoluto il lavoro della mano sinistra sulla tastiera, con sviluppi armonici estremamente complessi e intricati, ben diversi dalle posizioni più statiche sugli accordi di tutti gli altri chitarristi tradizionali. Le incisioni, nell’ultimo periodo della sua vita, su etichette Biograph, Folkways, Kicking Mule e Adelphi non sono granché, soprattutto per notevoli imprecisioni tecniche; in compenso, nella raccolta della Yazoo, è possibile ascoltare il chitarrista al meglio delle sue capacità, mentre gli altri dischi raccolgono buone versioni di molti dei suoi classici brani ripetutamente suonati e registrati prima della sua morte.

Blind Boy Fuller
-Blues Classics BC-11, 1935-1940
-Yazoo 1060, 1935-39, Truckin’ My Blues Away
Lo stile di Blind Boy Fuller è in un certo senso a metà tra quello di Blind Blake e quello di Gary Davis: più semplice tecnicamente di entrambi ma assolutamente eccellente per ritmo, sincopazione e idee melodiche, come dimostrano i capolavori di queste raccolte.

Mississippi John Hurt
-Yazoo L-1065, 1928 Sessions
-Piedmont PLP-13157, 1963, Folk Songs & Blues
-Vanguard VSD 19/20, 1965, The Best Of Mississippi John Hurt
Insieme alla Cotten e al Reverendo Davis, John Hurt è stato uno dei fattori determinanti nel revival della chitarra acustica tradizionale negli anni ’60, influenzando innumerevoli chitarristi con il suo stile melodico e sincopato, ricco di un gusto infinito. Indispensabile la raccolta della Yazoo, mentre il secondo disco documenta bene il decennio prima della morte ed il momento della sua ‘riscoperta’; The Best, infine, è un doppio album inciso dal vivo in cui le imprecisioni e la chitarra scordata sono rese trascurabili dalla incredibile vitalità e bellezza dello stile di Hurt.

John Jackson
-Arhoolie 1047, 1969, Live In Europe
Chitarrista più giovane dei maestri storici, Jackson ha imparato a suonare la chitarra dai vecchi 78 giri di Blind Blake e soci. Pur riproponendo molti classici brani dei suoi ispiratori, Jackson ha evidenziato uno stile eccellente e personale, con un repertorio che comprende anche brani della tradizione rurale bianca.

Sam McGee
-Folkways FTS-31007, 1968, Milk’em In The Evening Blues
-Arhoolie 5012, 1969-1970, Grand Dad Of The Country Guitar Pickers
I due dischi migliori dell’ultimo Sam McGee, con le ennesime versioni di Buckdancer’s Choice e degli altri suoi classici. Il titolo del secondo LP definisce correttamente questo importantissimo chitarrista bianco ed il suo ruolo pionieristico già evidente in parecchi brani incisi col banjoista Uncle Dave Macon negli anni ’20 e ’30.

Estil C. Ball
-Rounder 0026, 1973,  E.C. Ball
Musicista virginiano scoperto da Alan ed Elizabeth Lomax nel corso di registrazioni sul campo finanziate dalla Library of Congress all’inizio del 1941. Ha sviluppato un interessantissimo ed originale stile di accompagnamento per il gospel e composto alcuni strumentali in una tradizione parallela (per materia prima e feeling, non per tecnica) a quella di Joseph Spence (v.).

Frank Hutchison
-Rounder 1007, 1927-1929, The Train That Carried My Girl From Town
Hutchison può sembrare al primo ascolto un chitarrista impreciso e meno appariscente di altri; in realtà è stato uno dei pionieri della chitarra fingerpicking bianca, con un proprio eccellente stile che ha influenzato molti chitarristi successivi

Antologie:
-County 523, 1926-1930, Old-Time Mountain Guitar
-County 511, 1928-1935, Mountain Blues
-Yazoo L-1024, 1926-1936, Mr. Charlie’s Blues
Tre dischi fondamentali che raccolgono le insuperate incisioni originali di Sam McGee più altri capolavori di Frank Hutchison, Roy Harvey, Leonard Copeland, Jimmie Tarlton ed altri.

Merle Travis
-Capitol SM-650, 1960?, The Merle Travis Guitar
Chet Atkins
-RCA ?, 1978, The Night Atlanta Burned
Chet Atkins & Jerry Reed
-RCA LPS-4396, 1970?, Me & Jerry
Pochi dischi consigliati per questi famosi chitarristi che hanno sviluppato un notevole virtuosismo chitarristico negli angusti confini della musica commerciale a Nashville. Qualsiasi disco fotografa più o meno gli stili e le tendenze di questi strumentisti, eccellenti chitarristi che però spesso e volentieri si sono espressi in contesti commerciali e canzonettistici (in un negozio americano ho visto un disco in cui Chet Atkins suonava Volare di Domenico Modugno, credetemi!). Mentre Atkins e Reed suonano spesso e volentieri la chitarra a corde di nylon, Travis suonava in genere una chitarra elettrica o acustica con una tecnica fingerstyle basata su una geniale combinazione dei bassi alternati e di inusuali armonie jazzate.

Marcel Dadi
-Guitar World GW-1, 1976, The Guitar Of Dadi
La succursale europea della scuola Travis-Atkins e il disco probabilmente più interessante di questo chitarrista francese tanto bravo tecnicamente quanto discutibile artisticamente.

Lo stile a plettro, il flatpicking che oggi conosciamo usato soprattutto in contesti bluegrass o derivati di questo, è stato una evoluzione naturale di stile e tecniche presenti in vari contesti old time e non, i cui prodromi sono stati tanto la Carter Family o il famigerato Riley Puckett che non il bluesman Lonnie Johnson.
Questa tecnica chitarristica è usata in una miriade di generi più o meno collegati tra di loro come il folk, il bluegrass, la country music, il country-rock, il newgrass, la dawg music e così via, ed è facile realizzare che questa semplice definizione non basta certo a riassumere e definire con precisione stili e musiche magari diversissimi tra loro.

Nato quasi dal ‘G-run’ di Lester Flatt e usato in maniera embrionale da Don Reno e Charlie Waller negli anni ’50, lo stile flatpicking che tutti ormai riconosciamo immediatamente è stato sviluppato prima da Doc Watson e poi da Clarence White.

E’ curioso e perfettamente in sintonia con i processi creativi di tutta la tradizione musicale americana che Doc Watson abbia dato vita e impulso a questo stile strumentale non suonando bluegrass; pure a lui (e a Clarence White, che fu profondamente influenzato da Watson) si deve il ‘turning point’ della chitarra nel bluegrass. Entrambi i chitarristi infatti hanno portato la chitarra dal tradizionale ruolo prevalentemente ritmico, nel bluegrass classico, ad un ruolo solistico e melodico di primo piano, tanto quanto altri strumenti lead come violino, mandolino e banjo. Da loro discendono inevitabilmente tutti gli altri specialisti di questo stile che oggi compongono un panorama quanto mai variegato e ricco di eccezioni e di differenze. Alcuni chitarristi sono orientati verso un suono di gruppo, mentre altri come Dan Crary e soprattutto Norman Blake hanno fatto della chitarra flatpicking, in molti momenti, addirittura uno strumento autonomo e autosufficiente, in grado di potersi esprimere senza il necessario usuale accompagnamento di altri strumenti.

Pur in questo contesto vario e multiforme, che accomuna lo stile di Doc Watson, in bilico tra old time e quasi bluegrass, quello di Norman Blake teso a comporre musica in un idioma tradizionale rivisitato in modo personalissimo, quello ‘dawg’ di Mike Marshall o Mark O’Connor e le intenzioni più specificatamente jazzistiche di Tony Rice, un elemento accomuna tutti o quasi questi flatpickers, e cioè un approccio molto più istintivo e meno concettuale di quanto si possa credere, creativo ed in continua evoluzione perfettamente in linea con i tipici processi ‘folk’ della tradizione americana.

Carter Family
-RCA DPM 2046, 1928-1941, The Carter Family
Uno dei dischi più rappresentativi della Carter Family: lo stile di Maybelle Addington Carter servirà come base per il futuro sviluppo del flatpicking.

Bill Monroe & His Bluegrass Boys
-MCA 110, 1950-1964, The High, Lonesome Sound
Col ‘padre del bluegrass’ suona Jimmy Martin, una delle più influenti chitarre ritmiche del genere.

Lester Flatt & Earl Scruggs
-Rounder SS-05, 1950-1955, The Golden Era
Lester Flatt con il suo stile ‘thumb & finger’ e il famoso ‘G-run’, punto di partenza obbligato per tutti i futuri flatpickers.

Stanley Brothers
-Starday SK-872, 1963?, Banjo In The Hills
Uno dei primi albums con assoli di chitarra in evidenza e l’uso del cross-picking da parte del chitarrista George Shuffler.

Doc Watson
-King GXF-6028, 1963-1971, Hot Guitar
-Vanguard VSD 9/10, 1970, On Stage
-Vanguard VSD 6576, 1971, Ballads From Deep Gap
-Vanguard VSD 107/108, 1967, Old Timey Concert
Doc Watson incontaminato dal vivo, col figlio Merle e con gli amici Clint Howard e Fred Price (Old Timey Concert), e in studio ancora con Merle. Qui il flatpicking viene usato in un contesto non-bluegrass, e l’interesse è centrato più sulla chitarra (o sulle chitarre) che sulla musica di gruppo.

Kentucky Colonels
-Rounder 0070, The Kentucky Colonels, 1965-67
-Briar 0798, 1961-65, Livin’ In The Past
White Brothers
-Rounder 0073, Live In Sweden, 1973
Questi ultimi tre dischi evidenziano varie fasi della maturazione artistica di Clarence White, sempre in versione live; il lavoro strumentale del chitarrista spicca sul back-up fornitogli dagli altri componenti del gruppo, con il timbro inconfondibile della sua Martin D-28 del 1934. White mette in mostra il suo personalissimo fraseggio, con uno studio dei tempi e delle pause quasi più importante delle note stesse, suonando cose oltraggiose e incredibili perfettamente e al momento giusto.

Norman Blake
-Rounder 0063, 1976, Whiskey Before Breakfast
-Flying Fish 010, 1974, The Fields Of November
-Takoma C-1052, 1976, Live At McCabe’s
Un altro caposcuola contemporaneo di questo stile chitarristico: il primo album è esclusivamente chitarristico, mentre il secondo è musicalmente ispiratissimo con la chitarra al centro del suono e dei pensieri malgrado l’uso di altri strumenti in un ottimo ensemble acustico. Il terzo disco, dal vivo, mostra tutta la grandezza di Blake, capace di esibirsi dal vivo da solo senza bisogno di una seconda chitarra anche negli assolo più intricati.

D. Crowe & The New South
-Rounder 0044, 1975, J. D. Crowe & The New South
David Grisman Quintet
-Kaleidoscope F-5, 1977, The David Grisman Quintet
Tony Rice

-Rebel 1549, 1975, California Autumn
-Rounder 0085, 1977, Tony Rice
-Rounder 0092, 1979, Manzanita
-Sugar Hill SH-3732, 1983, Church Street Blues
Almeno sei album per poter rappresentare dignitosamente questo chitarrista. Rice ha fatto di tutto: dal bluegrass dei primi due dischi alla ‘Dawg music’ del secondo, terzo e quarto, allo ‘spacegrass’ del Tony Rice Unit, fino al ritorno alle origini di Church Street Blues. Forse il più imitato dopo Doc Watson e Clarence White e, come questi, il più inimitabile.

Dan Crary
-Rounder 0099, 1979, Lady’s Fancy
-Sugar Hill SH-3730, 1983, Guitar Album
Dan Crary è considerato da molti un chitarrista ‘sporco’ e non troppo estroso. Questi sono i suoi lavori meno discutibili.

Fiddle Fever
-Flying Fish 247, 1981, Fiddle Fever
Fleck, Keith, Trischka
-Rounder 0124, 1981, Fiddle Tunes For Banjo
Country Cooking
-Rounder 0006, 1971, 14 Instrumentals
Questi tre album riassumono molto bene il flatpicking di Russ Barenberg. Nel primo si ascoltano assoli progressivi inseriti con ottimo gusto nel suono tradizionale di una string band; nel secondo la chitarra di Barenberg dá un notevole contributo agli arrangiamenti dei tre banjoisti, mentre il terzo è un disco ormai storico, uno dei primi in cui si sia tentato di uscire dai canoni tradizionali. Barenberg ha il merito di essere forse il più grande studioso di Clarence White e di aver tuttavia sviluppato uno stile molto personale che dello stesso White ha ben poco.

Joe Carr
-Ridge Runner RRR 0024, 1980, Otter Nonsense
Anche Joe Carr, chitarrista della Country Gazette, ha dato molto al flatpicking grazie soprattutto a questo suo lavoro, peraltro non molto conosciuto. Lo stile di Carr è vicino a quello di White ma propone soluzioni diverse e molto azzeccate, con passaggi jazzistici inseriti con gusto e un fraseggio più fluido.

Seldom Scene
-Sugar Hill SH-3721, 1982, After Midnight
Ideale per il sound dei Seldom Scene, Phil Rosenthal si fa apprezzare per il tocco, la timbrica e una raffinata scelta di note.

Mark O’Connor
-Rounder 0090, 1979, Markology
-Rounder 0068, 1976, Pickin’ In The Wind
O’Connor è il ‘mostro’ tecnico, quello che a 13 anni eseguiva assoli degni di un consumato professionista. Il suo stile e le sue capacità sono ben rappresentati dai suoi due lavori chitarristicamente più interessanti e dalla splendida sua partecipazione nell’album Natural Bridge (Rounder 0146) di Bela Fleck.

Hot Rize
-Flying Fish 206, 1979, Hot Rize
II chitarrista degli Hot Rize, Charles Sawtelle, è un flatpicker pazzo che improvvisa assoli senza seguire alcun canone preciso ma con grande efficacia e pulizia.

Spectrum
-Rounder 0161, 1982, It’s Too Hot For Words
Le stesse cose si possono dire per Glenn Lawson, chitarrista degli Spectrum, strumentista pulitissimo con un ottimo timbro e una scelta di note più classica.

Adam Granger & Dudley Murphy
-Grass Mountain GM 1003, ?, Twin Picking
Un album raffinato in cui i due chitarristi giocano più sul gusto delle armonie e sul piacere di un bel timbro che sulla pura velocità o su passaggi mozzafiato. Il disco ha anche un notevole valore didattico poiché molti assoli possono essere compresi e assimilati anche da un principiante.

David Bromberg
-Fantasy 9572, 1978, My Own House
Celebrato a dismisura in Europa, Bromberg è un chitarrista fin troppo eclettico che spesso ha dato il meglio di sé più nelle collaborazioni a dischi di altri musicisti che nei suoi lavori solisti. Questo disco mette in evidenza la sua bravura di flatpicker, ruolo a lui molto più congeniale rispetto al fingerprcking in contesti country-blues, ragtime o di altro tipo.

I dischi e gli artisti che seguono sono da considerare come importanti addizioni allo stile flatpicking tipicamente bluegrass, anche se non hanno a che fare direttamente o particolarmente con quest’ultimo.

A.A.V.V.
-Yazoo L-1057, 1920-1940, Pioneers Of The Jazz Guitar
-Yazoo L-1061, 1920-1940, Fun On The Frets

Lonnie Johnson & Eddie Lang
-Parlophone 1974, Blue Guitars, 1927-29
Eddie Lang

-Yazoo L-1059, 1927-32, Jazz Guitar Virtuoso
Eccellenti duetti di Lonnie Johnson e Salvatore Massaro alias Eddie Lang; Johnson suona frasi ricche di gusto e di tecnica sul back-up di Lang, usando uno stile a plettro pionieristico e inusuale rispetto alla maggioranza dei chitarristi di colore di quel periodo.

Oscar Aleman
-Rambler 106, 1938-45, Swing Guitar Legend
Lo sconosciuto alter ego di Django Reinhardt, con uno stile melodico e swingante e qualche episodio fingerstyle in solitudine.

Django Reinhardt
-Decca 6.28441, 1935-1953, The Very Best Of D. R.
-Cetra Jazz 4021, Quintette Du Hot Club De France/Django 1934
Forse l’unico strumentista europeo ad essere diventato un pilastro nella tradizione jazzistica e in quella della chitarra in questo genere. Dotato di un gusto infinito e di una tecnica incredibile, costretto a rinunciare per un incidente a due dita della mano sinistra, Reinhardt ha influenzato copiosamente più o meno tutti i grandi chitarristi bluegrass moderni come Tony Rice, Mark O’Connor, Mike Marshall, Joe Carr.

Per completare questa discografia sui chitarristi flatpicking, pochi dischi ancora per rappresentare l’area anglosassone, in cui la chitarra è praticamente stata introdotta con l’inizio del folk-revival ed ha vari specialisti come il celebrato Paul Brady, gli irlandesi Michael O’Domhnaill (chitarrista della Bothy Band e forse l’accompagnatore più influente di tutta la scuola irlandese) e Arty McClynn (attualmente con i nuovi Planxty), gli inglesi Richard Thompson e Chris Newman e lo scozzese Dick Gaughan.

Arty McClynn
-Mint Julep 16, 1980, Arty McClynn’s Fancy

Richard Thompson
-Elixir LP-1, 1981, Strict Tempo

Chris Newman
-Coast Records COASTAL 7, 1983, Chris Newman Two

Dick Gaughan
-Topic 12TS315, 1977, Coppers & Brass (Scots & Irish Dance Music On Guitar)

Paul Brady
-Mulligan LUN 024, 1978, Welcome Here Kind Stranger
-Mulligan LUN 008, 1976, Paul Brady & Andy Irvine

Quello dei moderni chitarristi ragtime è stato un movimento esauritosi in uno spazio di tempo relativamente breve, e che ha trovato consensi ed esponenti più in Europa che in America. Questi chitarristi hanno assimilato la tecnica dei grandi ragtimers acustici di colore del Sud-Est degli Stati Uniti, gente come Blind Blake e soprattutto Gary Davis, applicandola poi negli arrangiamenti per una o due chitarre di classic-rags pianistici o orchestrali.

Fondamentale nella nascita e nello sviluppo di questo stile è stato il lavoro di Dave Laibman (professore di matematica che per primo ha concepito la trasposizione di rags classici sulla chitarra con arrangiamenti estremamente complessi e tecnicamente difficili) e di Dave Van Ronk, il cui arrangiamento di St. Louis Tickle all’inizio degli anni ’60 è stato un esempio per molti chitarristi successivi. Laibman resta tuttora il più grande esponente di questa scuola, e il suo lavoro riflette i pregi e i difetti di questa impostazione: arrangiamenti complessi, spesso al limite delle reali possibilità esecutive, con una perdita di sincopazione ed una scarsa qualità timbrica dovuta all’uso di corde sottili pizzicate a dita nude e ad esecuzioni a volte forzate che inevitabilmente appiattiscono la dinamica timbrica ed espressiva della chitarra.

Dave Laibman & Rick Schoemberg
-Asch AHS 3528, 1967, The New Ragtime Guitar
A.A.V.V.
-Kicking Mule SNKF 100, 1973, Contemporary Ragtime Guitar
-Kicking Mule SNKF 117, 1975, Novelty Guitar Instrumentals
II disco di Laibman e Schoemberg, il primo mai pubblicato di questo genere, resta il migliore per scelta di brani e serietà di intenzioni, seguito a ruota in tono minore dalle antologie della Kicking Mule in cui, non a caso, le cose migliori appartengono a Laibman e a pochi altri (si può prendere sul serio la versione di Maple Leaf Rag di Tony Marcus e altre amenità simili?).

Dave Van Ronk
-Prestige 7800, 1963, In The Tradition
-Philo 1036, 1976, Sunday Street
Eroe della scena folk newyorkese della fine degli anni ’50 e dei primi ’60, interessato a varie forme tradizionali e dotato di una voce scura e potente, Van Ronk ha anche arrangiato saltuariamente dei rags per chitarra, come il famoso St. Louis Tickle contenuto nel disco Prestige.

Grossman & T. Van Bergeyk
-Kicking Mule KM 115, 1975, How To Play Ragtime Guitar
Nonostante il titolo e gli intenti prevalentemente didattici, e malgrado non esista una reale continuità tra un brano di Sam McGee e un cakewalk arrangiato per chitarra, uno dei migliori dischi di questo stile chitarristico

Lasse Johansson & Claes Palmquist
-Kicking Mule SNKF 120, 1975, Ragtime Guitar Duets

Ton Van Bergeyk
-Kicking Mule KM 106, 1973, Famous Ragtime Guitar Solos

Leo Wjinkamp Jr.
-Kicking Mule/Sonet SNKF 156, 1979, The Return of Dr. Hackenbush

Duck Baker
-Kicking Mule KM 124, 1975, There’s Something For Everyone In America

John James
-Kicking Mule SNKF 128, 1977, Descriptive Guitar Instrumentals

Una serie di dischi che evidenzia sia l’arrangiamento di rags che il tipico approccio eclettico che ha contraddistinto le scelte dell’etichetta.

Rick Ruskin
-Takoma C-1039, 1974, Rick Ruskin
-Takoma C-1057, 1977, The Six String Conspiracy
Anche se non interamente devoti al ragtime per chitarra, questi dischi mostrano uno stile chitarristico realmente capace di trasformare un rag o un cakewalk in un brano per sola chitarra: ascoltate Temptation Rag e Georgia Camp Meeting, dove confluiscono un’abilità tecnica ed esecutiva mozzafiato, un timbro e un tocco scintillanti e una grande capacità di arrangiare.

Janet Smith
-Takoma C-1027, 1970, The Unicorn
Un disco curioso, che non c’entra niente con la tipica scuola di cui si sta parlando, ma che contiene il più originale arrangiamento di un ragtime classico che abbia mai ascoltato: la celeberrima Maple Leaf Rag, eseguita da Janet Smith e Bob Wilson in un duetto in cui tutte e quattro le sezioni sono cambiate e reinterpretate con intelligenti alterazioni ritmiche e armoniche.

Dave Laibman
-Rounder 3040, 1981, Classical Ragtime Guitar
Uno degli ultimi rari dischi di ragtime guitar usciti negli ultimi anni e, ancora, uno dei migliori, sia per la qualità degli arrangiamenti che per la serietà d’intenti di Laibman.

Duck Baker
-Kicking Mule 2154, 1979, The Art Of The Fingerstyle Jazz Guitar
Disco difficile da catalogare e arduo da collocare in qualsiasi definizione che non sia quella del titolo e dell’autore stesso; uno dei migliori prodotti della Kicking Mule ed uno dei pochi chitarristi di questa etichetta con un tocco più incisivo e originale.

A.A.V.V.
-Kicking Mule SNKF 153, 1979, Irish Reels, Jigs, Hornpipes & Airs
Penso sia più giusto e logico collocare in questa sezione questo disco poiché riflette un’altra tipica tendenza di questi chitarristi (D. Baker, D. Evans, D. Graham, Dan Ar Bras) nell’arrangiare fiddle-tunes irlandesi sulla chitarra acustica; in questo senso l’approccio eclettico di questi chitarristi costituisce un denominatore comune, nell’arrangiare per chitarra ogni tipo di musica e di genere, in modo sofisticato e raffinato ma anche ormai lontano dalla vera e propria tradizione chitarristica folk americana.

Stefan Grossman
-Kicking Mule 105, Acoustic Music For Body & Soul
Grossman & J. Renbourn
-Kicking Mule SNKF 139, 1978, Stefan Grossman & John Renbourn
Due buoni dischi in una dimensione diversa da quella degli innumerevoli dischi didattici di Stefan Grossman, con capolavori come Requiem For Patrick Kilroy e ottimi brani come il famoso Bermuda Triangle Exit.

E’ molto difficile parlare di una ‘scuola inglese’ intendendo con questo termine una omogeneità di intenti e di stili; di fatto alcuni chitarristi inglesi si sono imposti all’attenzione dagli anni ’60 in poi per il loro lavoro strumentale, ma il filo conduttore ipotetico che li lega è alquanto sottile.

Un concreto dato di fatto è che tutti questi chitarristi hanno iniziato a sviluppare i rispettivi stili strumentali motivati e ispirati dal blues acustico americano, ma come vedremo ciascuno ha evoluto e sviluppato il discorso a modo proprio, e tutti sono andati a parare in contesti molto più europei e poco bluesistici.

Davey Graham
-Decca LK 4649, 1964, Folk, Blues & Beyond
-Decca 4780, 1966, Midnight Man
-Decca, Hat
-Decca, Large As Life & Twice As Natural
1970, Holly Caleidoscope
-Kicking Mule SNKF 138, 1977, The Complete Guitarist
Uno dei più triti e polverosi luoghi comuni è quello per cui Graham è stato il guru musicale di gente come Renbourn o Jansch, ma è veramente difficile ritrovare nella musica di costoro segni dell’influenza dell’ipotetico ‘maestro’. In realtà Graham, più che una influenza diretta e specifica, è stato un esempio luminoso e pionieristico, per aver iniziato a suonare brani acustici già dall’inizio dei Sixties. L’ultimo album è il migliore dell’effimero nuovo corso del chitarrista, di cui già non si parla più; gli albums precedenti vedono Graham alle prese con materiale estremamente vario, dal blues canonico degli anni ’40 e ’50 ai tradizionali americani di varia origine, a brani di autori famosi come Bob Dylan e Paul Simon. Accanto a queste cose, piuttosto datate, in ogni disco si trovano un paio di egregi episodi acustici solo chitarristici, spesso influenzati da armonie orientali e dissonanti. I dischi sono difficili da reperire, ma provateci; vi prego di notare che tutti questi albums di Graham non sono elencati in nessun libro o giornale, che io sappia, nemmeno nel quasi-completo Folk Music Sourcebook di Larry Sandberg e Dick Weissman.

Wizz Jones
-CBS 64809, Right Now
-The Village Thing, VTS 24, 1974, When I Leave Berlin
-Plant Life PLR 009, 1977, Magical Flight
Altro personaggio rimasto nell’ombra, analogamente a Graham, mentre altri chitarristi come Renbourn e Jansch hanno raggiunto una notorietà maggiore, Jones è citato da quasi tutti i chitarristi inglesi come un precursore dello strumento acustico in Inghilterra.

John Renbourn
-Transatlantic TRA 149, 1966, Another Monday
-Transatlantic TRAL 5167, 1968, Sir John Alot Of Merrie Englandes Musik…
-Transatlantic TRA 224, 1970, The Lady & The Unicorn
-Transatlantic TRA 336, 1976, The Hermit
-Transatlantic TRA 355, 1979, The Black Balloon
John Renbourn è da molti considerato il più grande chitarrista inglese vivente; di fatto è uno dei pochi chitarristi al mondo in cui una tecnica fantasmagorica non si risolve in fredda e banale ginnastica ma è un puro esercizio di gusto e di equilibrio. Nonostante Renbourn abbia iniziato profondamente influenzato dal country-blues americano, questo lato della sua musica è quello da considerare più marginale e irrilelevante, non particolarmente positivo da un punto di vista artistico. Il Renbourn che suona Louisiana Blues o Nobody’s Fault But Mine o ancora Candy Man è molto meno credibile e significativo di quello di Lady Nothing, uno dei suoi primi capolavoli. Di fatto nel corso degli anni Renbourn ha prodotto le sue cose migliori sviluppando matrici più consone alla sua sensibilità, rielaborando temi rinascimentali o di musica antica con strumenti più moderni, mostrando una particolare attitudine per una armonizzazione estremamente ricca ed elaborata anche di semplici temi di provenienza popolare. The Hermit è unanimamente considerato il culmine di questo processo, con i brani originali della prima facciata e gli arrangiamenti di brani di O’Carolan che iniziano la seconda, e di fatto è il documento più significativo della sua arte chitarristica insieme al successivo The Black Balloon. La tecnica di Renbourn è molto più europea e classicheggiante che quella di altri chitarristi sia inglesi che americani, e si adatta perfettamente alle sue scelte musicali.

Bert Jansch
-Reprise6455, 1971, Rosemary Lane
-Vanguard 9212, 1966, Lucky 13
-Charisma CLASS-6, 1978, Avocet
Strumentista molto sottovalutato, a mio avviso, Jansch ha esibito uno stile molto meno ‘flashy’ e appariscente di quello di Renbourn, più essenziale e privo di abbellimenti e più vicino all’approccio strumentale americano, proprio per la sua essenzialità e per il suo tocco più incisivo. Anch’egli in bilico tra tradizione britannica e americana, ha composto eccellenti strumentali e inciso ottime versioni di classici altrui come la Anji di Davey Graham. Tutto ciò vale per i primi due dischi: Avocet testimonia di tempi più recenti e di strutture musicali più dilatate.

Gordon Giltrap
-Transatlantic ORL 8278, 1969, The Contemporary Guitar Sampler
Questo è l’unico disco (stampato peraltro anche in Italia nella linea Orizzonte della Ricordi) in cui è possibile rintracciare qualche scampolo dei primi lavori strumentali di Gordon Giltrap. Chitarrista assolutamente atipico per questa fantomatica ‘scuola inglese’ (potrebbe infatti essere accomunato coi discendenti contemporanei americani di John Fahey), Giltrap suona in questa antologia due splendidi brani, di cui uno, Ive’s Horizon, suonato alla 12 corde, evidenzia uno stile irruente ed emozionante.

Martin Carthy
-Mooncrest CREST 25, 1972, Shearwater
Carthy è un revivalist scozzese che lavora prevalentemente su materiale tradizionale o, occasionalmente, su materiale più contemporaneo reinterpretato con uno stile più tradizionale. La chitarra non veniva usata in questo senso nella tradizione inglese e scozzese, ma Carthy ha sviluppato uno stile arpeggiato molto particolare, derivato in parte da tecniche americane (ad esempio applicando alla chitarra accordature modali del banjo appalachiano), e usato prevalentemente come accompagnamento alla voce.

Dave Evans
-Kicking Mule SNKF 107, 1974, Sad Pig Dance
Disco atipico nella produzione dell’etichetta, con quasi tutti brani originali suonati da Evans in uno stile fluido ed originale.

Michael Chapman
-Criminal Records, Play Guitar The Easy Way
-Black Crow CRO 202, 1981, Almost Alone
Chitarrista misconosciuto, con all’attivo più di una decina di albums (non tutti acustici), Chapman ha il merito di aver introdotto le accordature aperte in Inghilterra una quindicina di anni fa.

John Martyn
-Island ILPS3167, 1971, Bless The Weather
Pur non usando la chitarra come strumento autonomo, Martyn ha esibito nella sua carriera discografica (soprattutto nella prima fase prevalentemente acustica) uno stile arpeggiato originale, scaturito dal suo primo approccio con la musica acustica negli anni ’60 influenzato, come molti altri chitarristi inglesi, sia dal folk anglosassone che da quello americano, dal blues e dal jazz.

Nick Drake
-Island ILPS9105, 1970, Five Leaves Left
Nonostante Nick Drake sia stato apprezzato (anche se da una ristretta cerchia di estimatori, malgrado la notevole qualità della sua musica) soprattutto per le sue liriche drammatiche, il suo lavoro chitarristico è un esempio di lucidità e creatività; il suo stile è sempre essenziale e raffinato, centrato più sulla qualità che sulla quantità di lavoro svolto, sempre di ottimo livello sia come accompagnamento o contrappunto alla voce che nei momenti più specificatamente strumentali.

Pierre Bensusan
-Rounder 3023, 1975, Près De Paris
Malgrado sia francese, Bensusan può essere accostato senza troppe forzature a questi chitarristi, soprattutto a John Renbourn, non per una somiglianza musicale quanto per una eccellente tecnica e una capacità di complesse e complete armonizzazioni.

Maurizio Angeletti, fonte Hi, Folks! n. 6, 1984

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