Randy Weeks non è nuovo alle cronache musicali, la sua carriera è radicata nel lontano 1986 con la pubblicazione di Lonesome Pines su Wrestler Records, primo album dei Lonesome Strangers.
Madeline è il punto della situazione, dopo quindici anni di carriera e di esperienze che nelle mani giuste non potevano andare disperse. Rock stradaiolo e country scintillante, lontano mille miglia da Nashville, si confrontano con funky e blues, con nel cuore gli anni sessanta di Memphis e Stax. Un’idea stimolante che ha coinvolto profondamente anche i musicisti che lo hanno aiutato, da Tony Gilkinson, chitarrista molto attivo proveniente da X e Lone Justice, al batterista Don Heffington, vedi Dylan, ed ai tastieristi Phil Parlapiano, alla corte di John Prine e Skip Edwards a quella dell’amico ispiratore Dwight Yoakam.
L’album scorre veloce nel ritmo e rutilante nei suoni, aprendosi con Motor City, manifesto dello script di Weeks, un rock roots di campagna, al quale non è nemmeno estranea una strizzatina d’occhi ad un certo Stones sound, mentre la successiva Baby You Got To Choose riprende le tematiche tipiche dei sixties, maturate all’ombra degli studi Stax.
Proprio da questo dualismo che stenta a fondersi, deriva la chiave di lettura del lavoro di Randy Weeks, dove a seconda del prevalere di una o dell’altra vena, possiamo ascoltare brani come Madeline, title track fumosa e malinconica, Long Ride Home, Can’t Let Go, la splendida Last Dwi, ricca di echi western o la dolcissima ballata Make You Happy, nelle quali è chiara l’impronta rock, venata al punto giusto di country o di blues. Mentre bilanciano l’incerto compositivo di Weeks, If I Cut You, Don’t Step Away, Gimme Back My Soul vero e proprio viaggio nei sixties a tempo di soul.
Hightone 8116 (Country Rock, 2000)
Claudio Garbari, fonte Out Of Time n. 35, 2000
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