Ray Bonneville - Easy Gone cover album

Ray Bonneville appartiene alla categoria di artisti che arriva al debutto relativamente tardi, con tanta esperienza musicale e un bel po’ di storie vissute da raccontare. Era il 1993, aveva 45 anni, i primi 12 passati in Quebec, poi il trasferimento a Boston dove si stabilisce con la sua numerosissima famiglia, qualche anno dopo entra nei Marines per fuggire dalla figura autoritaria e bigotta del padre, gli anni ’70 li passa a Boulder in Colorado suonando con una blues band tutta sua, quindi Alaska, Seattle, e un’altra fuga, questa volta dalla droga, a Parigi, per tornare infine negli Stati Uniti passando da New Orleans. Un percorso geografico che ha probabilmente rafforzato le sue radici francofone, ma che sicuramente gli ha fatto scoprire il mondo musicale di Crescent City, che fino ad allora conosceva solo attraverso i dischi dei suoi personaggi storici.

Una lunga storia fatta di viaggi, luoghi, scoperte, esperienze musicali e un matrimonio difficile da tenere in piedi, sono stati gli elementi principali di una vita tutta da raccontare. A suo favore un’apertura mentale e artistica che gli ha permesso di assorbire stili e influenze; una voce calda e malinconica da consumato storyteller e una profonda sensibilità che gli ha fatto scrivere canzoni che hanno toccato il cuore di tante persone. Un pubblico che si è allargato anche grazie all’eco per  i riconoscimenti conquistati, su tutti il Juno Award per Gust Of Wind, album del 1999, e per la canzone I Am The Big Easy dedicata alla città di New Orleans colpita dal disastroso uragano  Katrina.

Easy Gone è il quarto album che Bonneville incide per la Red House, una raccolta che non aggiunge nulla a quanto l’artista ci ha offerto in passato, in perfetta continuità con l’appassionante proposta musicale che già conosciamo e apprezziamo. L’anima è blues, spesso anche gli arrangiamenti e la sequenza delle note, ma le canzoni di Ray Bonneville, introspettive, dall’atmosfera notturna, calda e umida come il profondo Sud, sono il concreto punto d’incontro di certo cantautorato texano, dei suoni tradizionali e di quel il mood confidenziale di JJ Cale a cui, senza alcun dubbio, Ray si è ispirato.

Who Do Call The Shots / Shake Off Them Blues / Where Has My Easy Gone / Love Is Wicked / When I Get To New York / Lone Freighter’s Wail / So Lonely I Could Cry / South Little One / Mile Marker 41 / Two Bends In The Road

Red House 269 (USA)(Blues, Roots Rock, Blues Rock, 2014)

Maurizio Faulisi, fonte Il Blues, 2014

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