Ray Wylie Hubbard - Eternal And Lowdown cover album

Una serie di album, a partire dal celebrato Loco Gringo’s Lament, hanno rivalutato, a partire dagli anni ’90, questo ‘cavaliere folk’ texano, il termine è naturalmente ispirato dal penultimo album, sino a far di lui uno degli interpreti più intensi e uno degli autori più ispirati della sua generazione. Questa resurrezione artistica, che corre in parallelo, metaforicamente, a quella umana, è testimoniata da opere come Lost Train Of Thought, Dangerous Spirits, Live At Cibolo Creek, sino ad arrivare al recente Crusades Of Restless Knights. Dischi che, negli ultimi due lustri, hanno bilanciato gli anni bui di questo impareggiabile folk-singer di matrice honky-tonk e trovano pochi uguali tra quelli dei suoi colleghi.
Eternal And Lowdown, lo spessore di un’opera si rivela ancora una volta dal suo titolo, ci ripresenta una delle voci folk-country contemporanee più intelligenti, vere ed oneste dell’attuale scena cantautorale. Ray Wylie Hubbard è una delle figure più rappresentative del tanto favoleggiato progressive country-movement in Texas. Tanto parco di sé nell’ultimo trentennio, dopo l’incredibile esordio negli anni ’70 con la mitica Up Against The Wall Redneck Mother, negli anni ’90, l’artista rigenerato, è stato generoso di sé.
L’uomo ed il musicista nuovo, quello che tutto ha superato, ha trovato l’ispirazione proprio in tutto quanto ha patito e, invece di morire o sfiorire creativamente come molti songwriters della sua generazione, è rinato a nuova vita personale ed artistica.

Abbandonata la produzione di Lloyd Maines per affidarsi ad un altro multistrumentista austiniano, Gurf Morlix (chitarra elettrica, mandolino, basso e cori), Hubbard ci offre il suo album musicalmente più corposo, solido, ricco di songs che hanno sapori rock, brucianti sonorità southern r&b (ascoltate il sound di Didn’t Have A Prayer, soul ballad da brividi), brani rock a lenta combustione come si ascoltano a Memphis e grazie a J. J. Cale ed ai suoi epigoni.
La partenza con la slide-rock ballad Three Days Straight, la bellissima e southern The Sleep Of The Just, con Morlix e l’ex Faces McLagan in una gara di bravura tra slide guitar e organo, e la bluesy ballad Mississippi Flush, non lasciano dubbi.
11 nuove composizioni che, se da una parte sono musicalmente più solide e dinamiche nella struttura, rispetto al country-folk oriented sound dei lavori precedenti, dall’altra contengono tutti i luoghi topici del suo universo letterario, filosofico e teologico.
E’ suggestivo, ma anche semplicistico fermarsi all’allegoria di un Hubbard, visto come uno stagionato cow-boy in jeans alla Willie Nelson nelle vesti di Dante Alighieri, che ci guida a visitare un inferno postmoderno. Le sue laconiche e provocatorie osservazioni, che in poche parole mettono alla luce i demoni che sono in noi, che dipingono magistralmente i labili confini tra il bene ed il male, sono una sfida al destino con il quale lottiamo ad armi impari. Eternal & Lowdown è una sorta di consacrazione, un definitivo riconoscimento, per una delle più fervide e creative menti della scena texana; un nuovo, lungo ed affascinante viaggio nel territorio dello spirito.
Ray Wylie Hubbard rilega ancora una volta il suo CD di filosofia in una spettacolosa varietà di suoni e di accattivanti melodie. Mai come in questo album, ogni sua canzone si materializza musicalmente in un rock oriented sound pregno di superbe sonorità slide. Un sound corposo, pulsante, ma sempre sobrio, lineare ed asciutto che ha, di volta in volta, accenti country, honky-tonk, bluesy, country-rock, gospel.

Approdato alla Philo, cambia tutti i suoi comprimari abituali e troviamo, oltre al citato Morlix, Rick Richards, batteria, Ian McLagan, Hammond B3 e tastiere, e Eamon McLoughlin, violino nell’acustica e drammatica Sugar Cane, nel rock Weevils, e nel veloce country Black Dog, dove fa la sua comparsa anche il dobro di Jeff Plankenhorn. Chiude però con una ballata acustica delle sue, After All These Years, che con una grazia infinita, resa magica dal centrato uso di viola e organo, conferma come, nel nuovo capitolo di una laica ‘divina commedia’ texana, non vi siano risposte, ancor meno certezze, solo nuovi interrogativi, che, per ogni uomo di fine millennio, risultano ben più grandi di quelli danteschi. La vita è dura, spigolosa, ricca di sofferenze e di illusioni che svaniscono, perché descriverla diversamente?
Ma anche qui Hubbard sa trovare dolcezza, speranza, una poesia toccante che sembra lievitare dalle sue sublimi songs baciate da ritmi sempre più robusti, variegati ed attraenti. Come sempre, nelle sue opere, gli eroi non sono né buoni né cattivi, ma coloro che accettano la dura realtà della vita, che lottano e si dibattono tra il bene ed il male. L’honky-tonk hero ha vinto la sua battaglia, Eternai And Lowdown è ‘l’immagine sonora’, dolce-amara ma trionfante, di chi si è alzato orgogliosamente dalla polvere del Texas. Ogni granello di questa polvere pesa, musicalmente e poeticamente parlando, come un macigno. E’ una fortuna trovarla, sintetizzata magistralmente, nei pochi grammi di un compact disc.

Philo 1222 (Singer Songwriter, 2001)

Franco Ratti, fonte Out Of Time n. 39, 2002

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