Ci sono numerosi festival di musica folk e roots in estate negli Stati Uniti e uno di questi è il Falcon Ridge Folk Festival, che si tiene ogni anno l’ultimo weekend di luglio. Nel 2004 tre cantautrici con diverse esperienze musicali alle spalle si incontrano e improvvisano assieme alcuni brani gospel, bluegrass e old-time e, grazie alla perfetta alchimia che riescono a trovare in queste esecuzioni, decidono di mettersi assieme e di formare un gruppo, le Red Molly.
Si tratta di Abbie Gardner (chitarra e dobro), di cui recensiamo anche un album da solista in queste pagine, Laurie MacAllister (chitarra e banjo) e Carolann Solebello (chitarra, basso e mandolino). Dopo un EP nel 2005, pubblicano il loro primo album ‘full-length’ nel 2006, Never Been To Vegas.
L’album è registrato dal vivo in studio nell’arco di una giornata – l’11 dicembre 2005, per la cronaca – in presenza del pubblico. Non ci sono altri musicisti a supporto, ma solo Abbie, Laurie e Carolann. A seconda della canzone, le tre si scambiano il ruolo di voce guida, con le altre due a fare da voci armoniche. E sono proprio queste ben integrate armonie a tre voci, accompagnate dagli strumenti a corda, a costituire la cifra particolare di questo trio newyorchese. La loro musica spazia dai canti tradizionali al gospel, dal country classico di Hank Williams al folk con influssi ‘alt-country’ di artisti quali Patty Griffin, Ryan Adams e Gillian Welch. (Se vi ritrovate in queste definizioni, quest’album fa per voi).
Never Been To Vegas comprende quattordici tracce, per lo più cover dei musicisti sopra menzionati o brani di pubblico dominio, più due originali di Abbie Gardner, uno dei quali – Ohio, dall’accattivante ritornello – compare anche nel suo lavoro da solista, Honey On My Grave.
È difficile menzionare qualche canzone in particolare, dato che i brani scelti sono di autori di altissimo livello, ma dovendo scegliere segnaliamo la ‘murder ballad’ Caleb Meyer (di Gillian Welch) per l’ossessivo strumming del banjo, Long Gone Lonesome Blues (di Hank Williams) per lo yodeling a tre voci durante il ritornello, Blue Night per il suo ritmo incalzante, Long Ride Home (di Patty Griffin) per l’uso del dobro, Oh My Sweet Carolina (di Ryan Adams) per la sua malinconia e She’s Got You per l’esecuzione struggente di Carolann. (Una nota che si può muovere all’album è che con simili cover gli originali appaiono un po’ deboli, soprattutto Seven Years).
Per quanto riguarda un giudizio sulle singole componenti del trio, la Gardner ci sembra un tantino sopra le altre per la sua padronanza del dobro (anche se le altre sono comunque buone strumentiste), mentre non abbiamo preferenze dal punto di vista vocale. La Gardner e la MacAllister sono le due che prendono più spesso il ruolo di voce guida: la prima ha una voce più esuberante, la seconda più limpida, ma forse il contralto della Solebello meriterebbe di essere valorizzato di più.
Come in ogni album live (anche se questo è stato registrato in studio), non mancano le solite frasi che la band scambia con il pubblico. Ma in questo caso si tratta di pochi secondi e inoltre le tre dimostrano anche un certo spirito (facendo addirittura una battuta osé tra la dodicesima e la tredicesima traccia), per cui ci sentiamo di giudicare positivamente anche questo aspetto.
Resta solo da vedere se le Red Molly si vogliono proporre soprattutto come esecutrici (per quanto brave) o se col prossimo album proporranno più materiale loro, ma per il momento hanno passato il test dell’album d’esordio.
Autoprodotto (Country Acustico, Country Folk, 2006)
Vito Minerva, fonte TLJ, 2007
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