Per l’appassionato italiano di bluegrass, la Red Wine rappresenta un punto di riferimento preciso. In attività da quasi 10 anni questo gruppo genovese, fin dai tempi della 1° Convention al Ponderosa, ha consolidato fama e successi un po’ ovunque facendosi spesso ambasciatore all’estero della ‘via italiana alla country music’.
Non solo. Martino Coppo e Silvio Ferretti (rispettivamente mandolinista e banjoista della R.W. nonché nostri collaboratori) hanno fatto di recente le corna alla band unendosi a Jean Marie Peschiutta e a Natalie Shelar per una tournée negli U.S.A. con il nome di Freewheelin’. E da quanto ci ha detto il Ferretti, anche se Red Wine resta sempre l’interesse primario, il sodalizio con Freewheelin’ prosegue anche in Europa: quindi, bluegrassari, siete avvisati!
Avevamo lasciato la Red Wine un anno e mezzo fa sulle pagine di questa rivista, commentando la fortunata performance nell’ambito del 3° Toulouse Bluegrass Festival, e ora la ritroviamo con piacere grazie a una cassetta autoprodotta il cui contenuto (10 pezzi, per un totale di 25 minuti di buona musica) è molto gradevole.
Naturalmente si tratta di bluegrass (come diceva Abatantuono) “ciènt per ciènto” senza fronzoli né sberluccichi, che mira al sodo. Questa è la formula che il gruppo propone anche in concerto e che nel corso degli anni ha sempre più curato e ripulito sulla scia delle tendenze della attuale (e rilanciata) scena dell’’erba blu’ americana.
Al solito, colpisce la compattezza dell’insieme, la stabilità ritmica e il ‘drive’ intenso che la band produce in pressoché tutti i brani e che è la caratteristica primaria di Ferretti & Co.
Proprio l’amato Silvio, da sempre il ‘teorico’ della Red Wine, emerge assai bene da questo nastro mostrando una scioltezza banjoistica pregevole e stilisticamente inappuntabile e fornisce un decisivo apporto alle armonie vocali grazie ad un miglioratissimo e preciso ‘high tenor’. Non sempre soddisfacente, ma è opinione personalissima, il timbro del banjo e un po’ tutto il mixing, soprattutto in fase di bilanciamento dei diversi brani.
Buoni il solito Gambetta (anch’egli alla ricerca di una sua dimensione fuori dalla Red Wine, in una interessantissima veste solistica) e il sempre puntuale basso di Curreri, anche se il pivot attorno a cui ruota tutto il gruppo è da sempre Martino Coppo.
L’ottima presenza scenica, la indubbia maestria mandolinistica e le non indifferenti qualità vocali fanno di Martino uno dei personaggi sicuramente più interessanti del bluegrass in Italia e in Europa.
Dei brani proposti piacciono molto That Home Far Away, My Walkin’ Shoes e Blue Phases (quest’ultima firmata da Ferretti con precisi riferimenti a Pete Wernick).
Qualche piccola indecisione vocale nel gospel Daniel Prayed viene prontamente riscattata da Dixieland e Lost River (i due brani inseriti nelle compilation della Hi, Folks! Records). Evidenti sono le ispirazioni della R.W. a quei gruppi americani che più di altri hanno contribuito ad una rinascita del bluegrass negli anni ’80: i vari Doyle Lawson & Quicksilver, Hot Rize, Bluegrass Album Band, Bluegrass Cardinals, Nashville Bluegrass Band, ecc.
Se, dunque, non amate l’energia bluegrassara è meglio che scegliate qualcos’altro per allietare le vostre orecchie. In caso contrario precipitatevi ad ordinare questo nastro.
Autoprodotto (Bluegrass Tradizionale, Bluegrass Moderno, 1986)
Ezio Guaitamacchi, fonte Hi, Folks! n. 22, 1987