Richard Meyer - A Letter From The Open Sky cover album

A due anni dal promettente The Good Life, Richard Meyer, folksinger dell’area newyorkese, ci sorprende con uno sterminato CD, sospeso fra cielo e terra, palpitante di suoni intriganti, la cui cifra magica e soave è nascosta nei passaggi segreti della mente.
La poetica di Richard è tersa ed elegiaca, imprendibili e diafani i magici accenti della sua chitarra acustica, malinconica la sua voce di fragile menestrello, ammalianti molte delle sue ballate, come pietre di luna immerse in liquidi miracolosi.
Un disco dolente e autunnale, struggente di languido pessimismo, cui contribuisce una piramide di musicisti, fra i quali è dolce notare il sigillo dell’ineffabile Jack Hardy, vocal in Magic Wand. C’è forse un lieve riferimento al mondo incantato di Donovan Leitch, umori jazz e fremiti di blues.
Fra i brani, tocca l’inquietante Blind October, densa di arcani accordi. Un lancinante violino di sangue boemo trafigge l’ombrosa Century’s End. E’ una bolla di sapone fatato, un’acquamarina preziosa, l’ottima Lost Dove di biblico riferimento.
Leggera come un sortilegio, la delicata A Spring Without Ages, il gioiello del disco. Atmosfere sospese e corde affatate nei percorsi visionari di A Letter From The Open Sky, brumosa come un film di Carnet l’indimenticabile The Magic Wand, perdente Who Was That, echi di Macca in un paio di pezzi. Peter Pan è tornato da Kensington Gardens.

Shanachie 8012 (Singer Songwriter, 1994)

Francesco Caltagirone, fonte Out Of Time n. 5, 1994

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