Richie Furay - I Still Have Dreams cover album

“Faccio ancora dei sogni”, canta Richie Furay nel suo nuovo album, il terzo da solista. Ma difficilmente qualcuno gli crederà, nemmeno stavolta il suo messaggio sembra destinato ad essere raccolto, sarà lasciato cadere ancora nel vuoto. Perché, pur essendo questo lavoro meno brutto del precedente (col quale Richie aveva toccato il fondo), non vi è in esso alcuna traccia di rinnovamento, di ritrovata ispirazione. Richie gestisce alla meno peggio quello che resta del suo patrimonio artistico di un tempo, che non era davvero poca cosa. E lo fa fin quasi a commuoversi, tali sono il suo impegno e la sua diligenza, facilmente avvertibili, che però, evidentemente, non bastano più.

Richie è in crisi soprattutto perché non sa quello che vuole, è incerto, confuso. Pur avendo ancora un buon contratto con una delle case discografiche più importanti, l’Asylum, si fa convincere dai suoi dirigenti a sfornare un disco di soft-country-rock che è freddo, inconsistente, appassito senz’essere sbocciato. Non sono serviti né i quotatissimi session men che lo hanno aiutato in studio, né il generoso contributo di alcuni ex come Timothy Schmit e Randy Meisner, che sembra abbiano risposto alla chiamata più per riconoscenza che per convinzione.
Le cose più interessanti sono poi i tre pezzi firmati da Billy Batsone, ex bassista della sua ultima band, che Richie, guarda un po’, ha appena liquidato. E sia in questi brani sia nei rimanenti otto non si colgono neppure quegli elementi adatti per farsi strada tra le charts dei singoli. Certo, l’insperato e recente successo dei Poco non ha portato fortuna a Richie, che sembrava essersi riavvicinato un po’ a loro. (I Poco attuali oggi non hanno certo bisogno di lui). Così i problemi per l’ex Springfield sembrano essersi moltiplicati anziché risolti. E l’immagine del suo declino ce la fornisce, sia pure involontariamente, proprio questo disco che riporta il suo indirizzo all’interno della busta. Si è mai vista una cosa del genere da parte di una superstar? Chi se lo sentisse, allora, è invitato a fargli pervenire qualche buona idea per il suo futuro, che si preannuncia piuttosto complicato.

Asylum 231 (Country Rock, 1979)

Raffaele Galli, fonte Mucchio Selvaggio n. 24, 1979

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