Il reame country di Nashville non avrebbe potuto mandare nella vecchia Inghilterra ambasciatore più titolato di Ricky Skaggs.
Fin dai primi solchi, addirittura sin dalla busta dell’album, si respira l’aria di ufficialità delle grandi occasioni, degli eventi lungamente attesi e preparati, sia dal punto di vista artistico non meno che da quello manageriale: all’aria bonaria di questo ragazzone, di questo ‘all american boy’, fanno riscontro i colori ed i luoghi comuni di Albione, Ricky fra i berretti degli scolari, Ricky fra i ‘pazzarielli’ cockney, Ricky fra i bobbies…
Ma apriamo la busta e cominciamo ad ascoltare: qualcuno presenta Charles Hay che presenta Ricky Skaggs che presenta una indiavolata Uncle Pen, compendio ed assaggio di virtù vocali e strumentali che ben meritano gli album d’oro e di platino e gli altri successi meticolosamente enumerati nella presentazione.
Lasciamo anche che qualche purista arricci il naso per i G-run della chitarra acustica che escono assai poco acustici dal pick-up, per l’implacabile batteria disumanamente perfetta… non sarebbe giusto incolpare Ricky Skaggs di ciò che le leggi del mercato oggi impongono.
Sappiamo, crediamo di sapere, che il suo cuore è quello di Family & Friends o del sublime album con Tony Rice in cui rivivevano gli anni d’oro dei ‘brothers-duets’.
Ma quello che in realtà conta è la capacità di un artista di adattarsi a tempi che cambiano, magari anche senza amarli, e cercando onestamente di usare al meglio i mezzi tecnici che si hanno: cosa che Skaggs fa in maniera ammirevole, sia che impugni il mando-caster o il fiddle.
Allora, deponiamo ogni eventuale animosità, e lasciamoci catturare dall’atmosfera di questo concerto a cui avremmo voluto assistere, dell’ottima scelta dei pezzi in cui all’omaggio a Bill Monroe iniziale segue una carrellata, un campionario di tutti gli umori che si possono cogliere nella country music di oggi: da Heartbroke di Guy Clark, cosi inconfondibilmente texana al feeling di Cajun Moon (bel duetto di fiddle con Bobby Hicks), dallo swing di She Didn’t Say Why alla frenetica Country Boy (e stavolta la chitarra acustica suona alla grande).
Giriamo il disco e rilassiamoci un po’ prima del gran finale con I’Ve Got a New Heartache e You Make Me FeeI Like A Man, nuova canzone inconfondibilmente opera di Rowan le cui sottigliezze di fraseggio sono ottimamente interpretate da Skaggs, di cui, come se il talento strumentale non bastasse, è bene non dimenticare le capacità vocali.
Gran finale che sarebbe stato ugualmente grande anche senza l’intervento del grande Costello, che si affianca a Ricky, dopo Rockin’ The Boat e Honey Open That Door, in Don’t Get Above Your Rising.
Grande Skaggs, gran disco, grande band, da consigliare ad occhi chiusi a chi ama il Nashville Sound ma anche a tutti i puristi dalla mente aperta e dalle orecchie lunghe!
Epic FE 40103 (New Traditionalists, 1985)
Luigi Grechi, fonte Hi, Folks! n. 17, 1986