Esempio tra i più brillanti di una maniera equilibrata e riuscita di coniugare eleganza e feeling, tecnica ed istinto, questo terzo LP di Robben Ford sembra voler fare il punto proprio sul rapporto che può esistere tra il blues ed una sua esposizione non tradizionale e canonica. Questo tipo di progetti sono sempre pericolosi ed ambigui e comunque di difficile lettura; Robben Ford non è riuscito perfettamente a catturare lo spirito blues e racchiuderlo in questa incisione, ma nei nove brani che danno vita a Talk To Your Daghter si può sentire come ci sia andato molto vicino ed in alcuni casi riuscito propriamente soprattutto quando il suono della sua chitarra diviene rabbioso, abbandonando un umore jazzato e fusion.
Ad un primo ascolto quello che più sorprende non è tanto il sound o la musica, quanto l’idea che Robben Ford sia tornato indietro negli anni per ripensare e riassaporare il feeling di una musica nera che non è solo blues, ma anche soul e rhythm’n’blues. Ma poi, ripercorrendo il cammino di questo chitarrista, ci si ricorda di collaborazioni con George Harrison, Kiss, Little Feat, Loggins e poi subito dopo lo si ricorda accanto a Miles Davis, o come chitarrista dei migliori Yellowjackets.
L’ascolto comunque è interessante e dopo aver superato una diffidenza per un certo tipo di armonizzazioni o di sonorità di tastiera, si viene catturati dalla chitarra, dal suo sound soprattutto, ed anche da un fraseggio ottimo, perfettamente inserito in una operazione del genere in cui convivono eleganza, tecnica, una buona dose di rabbia e di sangue.
Talk To Your Daghter è discontinuo, non tanto nella maniera di affrontare l’universo musicale nero, quanto nell’energia con la quale viene proposto.
In sintesi un album da ascoltare attentamente, un album per chi ama proiezioni moderne in una delle forme musicali più tradizionali.
WB 925 647 – 1 (Roots Rock, Blues Rock, 1988)
Giuseppe Barbieri, fonte Chitarre n. 32, 1988
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