Robert Lucas

C’è un autentico talento che nasce a Longbeach nel luglio del 1962: Robert Lucas, futuro bluesman dalla splendida voce e dal superbo tocco chitarristico espresso su di una slide Dobro, vintage quanto basta. E se a questi valori aggiungiamo la buona capacità compositiva, l’adeguato soffio d’armonica e soprattutto un’idea di suono rigorosa, intensa, tale da soddisfare le aspettative più rigide… beh, c’è quasi da gridare al miracolo.
Non ho quindi dubbi nell’affermare che chi apprezza, che so, John Hammond, Terry Garland, Catfish Keith, non può permettersi di ignorare Robert Lucas ed i suoi magnifici tre dischi pubblicati dalla Audioquest, una compagnia californiana nota per la sua produzione di cavi ed accessori esoterici destinati ad esaltare le prestazioni di componenti Hi-Fi.

Come facilmente intuibile si tratta di dischi audiophile (per giunta disponibili anche in vinile vergine), realizzati con la massima cura al fine di conseguire la maggior fedeltà di riproduzione sonora possibile. Può apparire singolare che, per raggiungere questo obiettivo, ci si sia focalizzati sul blues – ed in particolare su di un personaggio sconosciuto anche se eccezionale come Lucas – ma questa è forse la dimostrazione di come ci si stia ormai orientando verso particolari nicchie di mercato, dissolvendo ingombranti paradigmi.

Ciò detto, vorrei ora passare ad una breve disamina dei dischi in questione. Usin’ Man Blues esce nel 1990 ed è totalmente acustico. Lucas è in piena solitudine con slide ed armonica, ad eccezione di cinque brani su quindici che vedono la presenza di altri musicisti quali un violinista in Dancin’ With Mr. Jones e What Happened To My Shoes ed un trio (mandolino, chitarra, basso) in altri tre brani.
Molti gli originali, insieme a riprese di Robert Johnson, Son House, Blind Willie Johnson e Sonny Boy II. Splendido. Grande espressività e pathos; potenza e precisione sciorinate con una clamorosa disinvoltura, in modo naturale, senza la minima forzatura. Una caratteristica questa che rimarrà costante anche nella produzione a venire. Un avvertimento: la versione vinile di questo disco contiene tre brani in meno rispetto al CD, mentre per i due successivi lavori le versioni sono identiche. Proseguiamo.

Nel 1991 esce Luke And The Locomotives, un titolo che fa presagire la presenza di una band a supporto. C’è infatti un chitarrista elettrico (con Fender Strato), una sezione ritmica e Steve F’dor al piano in quattro pezzi. Le note di copertina riportano gli entusiastici apprezzamenti di Willie Dixon e Robert Jr. Lockwood; solitamente queste cose van prese con beneficio d’inventario, ma in questo caso le parole spese appaiono più che giustificate.
Grandi versioni di Feel Like Goin’ Home (M. Waters), Worried About It Baby (Howlin Wolf), Meet Me In The Bottom (Hooker), Good Morning Little Schoolgirl (Sonny Boy) e Stranger (Elmore James) in compagnia di sei notevolissimi brani originali. Questi ultimi si integrano alla perfezione ed il disco risulta molto omogeneo a dispetto delle differenti fonti dalle quali il materiale è stato attinto.

Il geniale Lucas è quindi anche grande ‘ambientatore’, avendo capito tutto di come si suona il blues ed, in definitiva, di cosa significa ‘comunicare’.
Built For Comfort, il terzo disco, è realizzato nel 1992 e risulta essere una sorta di ‘incrocio’ dei due che l’hanno preceduto, nel senso che fonde le peculiarità di entrambi. Infatti, dei dodici brani presenti, sette sono originali, due di Elmore James, due di Robert Johnson ed uno – la title track, appunto – di Willie Dixon. Una buona metà dei brani vede in azione Lucas ‘solo’ o con modesto supporto, mentre l’altra metà è strumentata con pianoforte, basso, batteria. In due brani c’è anche la chitarra elettrica splendidamente fifties di Dave Melton, con quella tipica entusiasmante saturazione che è un pò il trademark di tanti dischi del passato, a me – e credo anche a voi – molto cari. C’è poco da dire, questo è un altro capolavoro assoluto, che sublima la dicotomia Mississippi-Chicago, risolvendola in una dimensione esoterica, prossima alla magia.

Questi i tre dischi sinora pubblicati, ma per gli irriducibili c’è anche una cassetta uscita nel 1989 ed intitolata Across The River (Delta Man Music 901). Pur trattandosi della prima esperienza, Lucas è già sicuro ed il risultato validissimo. Spiccano Terraplane Blues e Crossroads di Robert Johnson, I Can’t Be Satisfied (è stato uno dei primi brani che circa una ventina di anni fa mi hanno avvicinato a Muddy Waters e poi al blues: meravigliosa), Write Me A Few Of Your Lines di Fred McDowell e Ground Hog Blues di JLH.
Bene, mi auguro che quanto sin qui detto sia sufficiente per muovere il vostro interesse verso Robert Lucas. E’ chiaro che la visione musicale di questo signore è molto bene a fuoco e che l’onestà e la sincerità, oltre che la bravura, sorgano in grandi quantità da questi lavori che raccomando caldamente a tutti gli appassionati. La loro reperibilità è alquanto difficoltosa, tuttavia ogni sforzo per entrarne in possesso sarà ampiamente ricompensato. A voi.

Renato Bottani, fonte Out Of Time n. 1, 1993

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