Ry Cooder ha sempre desiderato di cimentarsi nella composizione di una colonna sonora completa: lo dimostrano alcuni suoi lavori spuri per Blue Collar di Paul Schrader e Verso Il Sud di Jack Nicholson, due partecipazioni interessanti, anche se marginali. Questa volta, però, il chitarrista ce la mette tutta, e, grazie anche al soggetto del film, trova il movente adatto per sviscerare la sua cultura: infatti, The Long Riders (letteralmente I Lunghi Cavalieri), tratta della leggenda delle bande dei fratelli Jesse e Frank James e dei fratelli Younger (che per estrema finezza il regista fa interpretare dai fratelli Corradine e dai fratelli Keach); e, data la visualità scenica in bilico tra mito e realtà che il regista Walter Hill dà al film, Cooder ha la possibilità di giostrare in un campo di musica popolare che conosce a menadito.
Hill ha girato il film cadenzandolo sulle ballate da cui è composta la colonna sonora, dando così un ruolo di primaria importanza al lavoro di Ry. Walter Hill è un regista giovane ed intelligente, che ha raggiunto il successo commerciale tramite Driver e The Warriors (I guerrieri della notte), ma che ha girato un piccolo masterpiece con il suo film di esordio, L’eroe della strada, un film certamente anomalo, ma indubbiamente interessante, che si svolgeva negli anni ‘30 a New Orleans, e ci mostrava l’irreale (a quel tempo) mondo del pugilato abusivo (era infatti proibito!!!); Hill ha firmato il film con una tecnica nuova e geniale, colorando in modo sapido il vivace ambiente creolo, ed introducendovi con gusto elementi locali.
Questo suo nuovo lavoro, che dovrebbe apparire sugli schermi nostrani ad ottobre, ci mostra un nuovo tentativo di unire la genialità del nuovo cinema statunitense con il meglio nel campo di certa musica, dove la dovizia del mezzo cinematografico ben si amalgama con l’intelligenza e la sapienza di un musicista di indubbio talento quale Cooder. Un tentativo del genere era già stato operato alcuni anni fa, e con successo, da Sam Peckinpah, che aveva unito al suo lavoro la splendida colonna sonora di Bob Dylan, per il film Pat Garrett e Billy the Kid. Se il lavoro di Dylan entrava in un ambito musicale piuttosto particolareggiato, vedi la musica del border, colorando il tutto con tinte di puro genio dylaniano (Knockin’ On Heaven’s Door), il lavoro di Cooder è più personalizzato da una puntuale e particolare ricerca nell’ambito della musica western.
Parlando di musica western non mi voglio riferire alla musica country; infatti esiste una netta distinzione tra i due generi musicali: il country cui siamo abituati oggi è uno stile musicalmente addomesticato e condizionato dall’industria di Nashville, mentre la musica western (o cow-boys songs) è stile essenzialmente popolare, che nasce dalla cultura derivante da uno strano miscuglio di razze continentali ed europee, ed è basato su ballate struggenti e malinconiche, che i cow-boys erano usi cantare nei lunghi bivacchi notturni, mentre stavano a guardia delle mandrie. I canti dei cow-boys erano infatti tramandati di bocca in bocca, fatto tipico della tradizione popolare: canzoni come Red River Valley, Bury Me Down In The Loneprairie, Tumbling Tumbleweeds e Jesse James e molte altre, sono nate e cresciute grazie a questa tradizione popolare.
Cooder conosce benissimo il campo, ed essendo uno studioso/amatore possiede una interessante collezione di dischi, quindi il suo lavoro acquista un sigillo di serietà che nessuno gli può misconoscere: infatti se osserviamo molte sono le canzoni tradizionali rielaborate dal chitarrista in questa sua ultima fatica, vedi Jesse James, Rally Round The Flag, Archie’s Funeral, Seneca Square Dance, etc; mentre anche le composizioni dello stesso Cooder hanno un forte sapore tradizional-popolare, come The Long Riders, Wildwood Boys, Cole Younger Polka.
The Long Riders è quindi un lavoro serissimo, ben studiato e splendidamente eseguito: una strumentazione scarna, quasi acustica, essenziale nella sua perfetta struttura sonora, che si serve di musicisti quali David Lindley (eccellente sotto ogni aspetto), Milt Holland, Jim Dickinson, Bill Bryson, Curt Bouterse, Jim Keltner e Tom Sauber. Il disco ci presenta una sequela di brani, alcuni strumentali, alcuni vocali, in cui la tradizione del west è rivisitata con lo spirito dell’amatore: infatti basta sentire la versione di Jesse James, la famosa ballata dedicata ai fratelli fuorilegge, o il tradizionale Rally Round The Flag, tipica canzone secessionista, per rendersi conto del valore del lavoro.
Vari sono gli stili di musica western presenti nell’album, dalle square dances (Seneca Square Dance) alla condensata musica per funerali (Archie’s Funeral), dalla musica da ballo (Cole Younger Polka) per finire con alcune songs che più risentono della musica di quel tempo: Wildwood Boys e I’m A Good Old Rebel; un cenno a parte merita la title track The Long Riders, che risente delle influenze di uno dei maestri del chitarrista: Joseph Spence. Il disco scorre via in un baleno, nella sua personale struttura acustica, con i brani strumentali ben amalgamati l’uno con l’altro: la musica western ha quindi in questo colto lavoro cooderiano la sua celebrazione, grazie alla rivalutazione di tutto il suo particolare bagaglio culturale.
Sentite brani come Better Things To Think About o I Always Knew That You Were The One, e vi renderete conto di quanto Ry abbia rivisitato la musica popolare, personalizzandola al punto da renderla sua. Questo disco riporta alla luce il Cooder ricercatore di musica popolare, cioè quel musicista che ci aveva colpito con Into The Purple Valley o anche, se vogliamo, con Chicken Skin Music. Non è che con questo voglio mettere in cattiva luce il Cooder di Bop Till You Drop, per amor di dio, il disco è certamente splendido, suonato ad un livello galattico, ma volutamente urbano, e quindi diretto ad un pubblico ben differente.
Qui Cooder ritorna più intimista, modesto, va alla ricerca delle sue origini, della musica che lo ha ammaestrato ed affascinato quando ancora era agli inizi di una carriera tanto valida quanto continuativa. The Long Riders è quindi un film che vuole ripetere i fasti di classici quali I Compari (McCabe And Mrs Miller) di Altman ed Il Mucchio Selvaggio (The Wild Bunch) di Sam Peckinpah, sicuramente i due migliori western dell’ultimo decennio. Il classicismo di Peckinpah, quel Wild Bunch che è il trionfo di arte e spettacolo, ha avuto il pregio di aprire la via ad un nuovo tipo di western realista, essenziale, ma profondamente legato al contesto storico-sociale del tempo, e questo The Long Riders è un suo diretto discendente, con un punto sicuramente a suo vantaggio: la colonna sonora di Mr. Ryland P. Cooder.
Reprise HS-3448 (Country & Western, 1980)
Paolo Carù, fonte Mucchio Selvaggio n. 32, 1980
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