Sherrie Austin picture

Negli ultimi dieci, quindici anni sono aumentati gli artisti che arrivano nella capitale del Tennessee dalla lontana, più geograficamente che per cultura, terra d’Australia.
Per diverse ragioni, una delle più famose dell’ultima generazione di questi emigranti musicali è Sherrie Austin che torna in questi mesi negli scaffali dei negozi di dischi dopo qualche anno di assenza.
Sherrie arriva negli Stati Uniti con grosse speranze e sogni tutti legati al mondo dello spettacolo ed in particolare della musica country. Quando nel 1997 ottiene un contratto discografico con la Arista di Nashville e pubblica il suo primo album Words, la strada verso il successo sembra ormai in discesa.
Ma si sa, nel mondo tentacolare e dalle leggi imperscrutabili del music businness mai dare niente per scontato. Le prime reazioni del pubblico sono discrete ma malgrado ci vada vicina in più di una occasione, la Austin non riesce ad entrare nelle prime venti posizioni delle classifiche country.

Passano due anni e la major regala alla giovane cantautrice una seconda chance, ma quando per l’ennesima volta Never Been Kissed sfiora ma non entra la top 20, la casa discografica smette di credere in lei e chiude il rapporto di lavoro.
Eppure lo stile di questa bella ragazza che pare uscita da una favola, è in piena sintonia con ciò che le radio country trasmettono in quegli anni, vale a dire una musica giovane ed accattivante che non sembra così lontana da quella che fa vendere milioni di dischi a più di una cantante partita da Music Row.
Eppure Sherrie ha fatto la sua gavetta, quando lascia la Arista è considerata già una sorta di veterana dell’ambiente grazie alle sue qualità di autrice che le valsero presto un contratto con una delle tante compagnie di pubblicazioni. Eppure lei canta bene, una voce acuta e nasale al punto giusto, così adatta al genere ma allo stesso tempo aggressiva quando serve ed in grado di colorarsi di tonalità più universali. Come può spiegarsi tutto ciò?
Semplicemente non si spiega, o meglio possiamo immaginare che ogni artista abbia la sua dimensione ed evidentemente quella di Sherrie non è quella della grande superstar da copertina. Lei stessa lo fa capire quando racconta di quei quattro anni trascorsi con la major, anni vissuti vertiginosamente tra mille impegni per promuovere il suo nome nuovo, senza mai fermarsi un minuto per riflettere sul contenuto del proprio lavoro o semplicemente capire se stai facendo ciò che realmente vuoi ed hai sempre desiderato fare.
Ecco allora che l’uscita dalla Arista, voluta o meno, ha finito col rappresentare una nuova grande opportunità per far finalmente conoscere al pubblico la vera faccia di Sherrie Austin e della sua vena creativa.

Un primo disco indipendente esce nel 2001, si intitola Followin’ A Feelin’ ed ha come obiettivo dichiarato quello di cambiare rotta musicale e far tornare alla luce le radici country di Sherrie (proprio così, radici country perchè esistono luoghi in Australia dove si vivono realtà che nemmeno nel più profondo sud degli Stati Uniti). Ecco allora spiegato il perchè della cover di Jolene e del sound modernamente tradizionale dell’intero disco.
Neanche Followin’ A Feelin’ riceve la meritata risposta dal mercato, è vero si tratta di una etichetta indipendente ma il lavoro è buono e dopotutto qualche buon riscontro di critica e pubblico se lo porta a casa, si tratta forse solo di una questione di tempo, di calarsi pienamente nella nuova realtà.
Ma dopo quasi dieci anni a Nashville Sherrie comincia a sentirsi spaesata, insicura ed un po’ demoralizzata. Mille domande e nessuna risposta se non quella di abbandonare per qualche tempo Music City per raggiungere la famiglia in California e ripensare al futuro.
Ma cosa può cambiare la vita di una cantautrice se non una nuova canzone ispirata e quasi rivelata durante il momento più buio della sua ancor giovane carriera?
Ed eccola la canzone, una story song così diversa da quelle scritte o coscritte dalla Austin fino ad oggi, un pezzo che tocca le corde giuste e ti strappa inevitabilmente qualche lacrima.

Questa è Streets Of Heaven, primo singolo e title track del nuovo disco, scritta con i fidati Al Kasha e Paul Duncan e letteralmente piovuta dal cielo nel cuore e nella testa di Sherrie che di getto compone questo lento, una preghiera accorata di una madre da una camera d’ospedale per la piccola figlia in fin di vita, prima una disperata richiesta a Dio perchè salvi la giovane vita e alla fine una dolcissima raccomandazione affinchè si prenda cura della bimba durante il suo cammino sulle strade del cielo. Una canzone che parla della fede, sulla perdita e sul ritrovamento della stessa, della speranza, della consapevolezza che qualcuno di più grande ha e avrà cura di noi.
Quando Streets Of Heaven viene diffusa dalle radio americane, la risposta del pubblico è entusiasta e le richieste arrivano copiose così come le lettere di ringraziamento a Sherrie da parte di persone che si ritrovano nella storia raccontata.
E’ anche grazie a questi incoraggianti riscontri, con il singolo che diventa la prima top 20 e quindi top 15 hit dell’artista, che nell’agosto del 2003 esce per la Broken Bow Records il nuovo album contenente 12 nuove bellissime canzoni quasi tutte scritte da Sherrie Austin con illustri colleghi e prodotte dal collaboratore fidato Will Rambeaux.
L’album si apre con le note di Singin’ To The Scarecrow, l’unica canzone che non porta la firma della cantante ma quella di Dennis Linde uno degli autori preferiti da Sherrie, l’atmosfera del pezzo è spensierata, vivace come la gioia che si prova cantando le proprie canzoni, così tanto per il gusto di cantarle, senza problemi legati al mercato discografico, basta la presenza di uno spaventapasseri a fare da pubblico.

Ritmiche sostenute con tanto di banjo e fiddle in primo piano anche in Small Town Boy, la storia del brano nato dalla penna della coppia Austin – Rambeaux, è quella classica della fuga dalla stretta realtà della provincia ad inseguire sogni più grandi, salvo accorgersi di aver agito troppo impulsivamente, dove finiscono le illusioni e comincia la realtà.
Uno dei migliori pezzi del disco è Ride ’Em Cowgirl, una donna che vive un momento cruciale della propria vita e deve bilanciare libertà ed emozioni con sicurezza e responsabilità, il finale è aperto alle interpretazioni più personali ma il fatto che la canzone sia tra le più autobiografiche del disco, lo si percepisce dalla carica emotiva che assume qui il cantato di Sherrie. Meraviglia!
Drivin’ Into The Sun, scritto con Georgia Middleman, è il classico pezzo da autoradio, per temi trattati e ritmiche, mentre chi volesse ritrovare un po’ di quelle sonorità country pop che avevano caratterizzato i primi lavori, vada ad ascoltarsi la ballata pianistica Fools Like Us o la più acustica Love Unafraid.
Merita un accenno a parte anche la bella Remind Me, l’unica firmata tutta Sherrie Austin. Nasce invece dall’illustre collaborazione con Kostas I’m Still Fallin, una sorta di reggae, molto sgrezzato, sicuramente il più divertente episodio del disco. C’è anche una bella traccia nascosta, un bel rock dal sapore sudista intitolato Heart On Ice ed inserito dopo qualche secondo dal termine dell’ultima traccia Like A Cat.
Qualche parola sulla strumentazione e sui musicisti presenti nell’album, una bella formazione nella quale primeggia Larry Franklin principalmente al violino ma anche al mandolino, Paul Franklin immancabile alla steel, mentre il curioso suono della kalimba è affidato a Jonathan Yudkin.

Un bel disco dunque, caratterizzato e trascinato da una canzone bellissima e importante, ma ricco di spunti diversi che sapranno accontentare un po’ tutti i gusti di chi ama la country music prodotta a Nashville. Un bel passo avanti in un momento cruciale nella carriera artistica di Sherrie Austin che si dimostra sempre più matura e capace, sia come autrice sia come cantante, le sue composizioni hanno sullo sfondo storie più articolate ed affascinanti mentre il suo stile si è fatto originale e riconoscibile.
Un lavoro che potrebbe riproporla al grande pubblico per tentare una nuova scalata al successo, magari non stellare ma abbastanza da garantirle il suo seguito ed alleviarle le preoccupazioni per il futuro.
Un futuro che comincia subito con l’allestimento di un nuovo sito internet ricco di notizie, curiosità e belle foto. Un futuro che sarà fatto di tante nuove, belle canzoni, ve lo assicura uno che dal suo esordio non ha mai smesso di ascoltare la voce e le melodie di questa bella e simpatica australiana a Nashville!

Discografia:
Words (Arista Nashville 1997)
Love In The Real World (Arista Nashville 1999)
Followin’ A Feeling (WE Records 2001)
Streets Of Heaven (Broken Bow Records 2003)

Roberto Galbiati, fonte Country Store n. 70, 2003

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