Non lo ascoltavo da molto questo gigante (mi riferisco alla sua figurina – quasi 2 mt d’altezza per ben oltre 120 kg! – non alla sua importanza: è stato uno dei più trascurati rockers dei lontani 50’s), nonostante il 66enne abbia prodotto una gran quantità di materiale.
Lo si deve ricordare per essere stato l’artista per più tempo legato alla mitica Sun Records.
Per metter mano su suoi lavori più recenti ci si rivolga alla Rounder. Oggi incide per la minuscola MC Records, per la quale se ne esce ora con un disco modesto, ma divertente. Tomorrow Never Comes ha un sound in bilico tra country e rock’n’roll, esattamente la ricetta che ha creato il rockabilly, qui proposto rispettando la caratteristica principale del genere, l’immediatezza, l’approccio ‘live’, apparentemente poco pensato-subito eseguito.
La band che l’accompagna è formata da David Hughes al piano, Jeff McKinley al contrabbasso, Jerry Cavanagh alla batteria e, sorpresina, da Maria Muldaur (!) ai cori. Un suono essenziale, quindi, dietro la bassa (intendo il timbro) voce di questo signore che, nonostante l’età, va ancora girando con una chitarra con lingue di fuoco disegnate sulla cassa.
Lo preferisco quando è alle prese col r’n’r, come in Too Much Monkey Business di Chuck Berry, Honey Hush e Low Down Dog di Joe Turner, nello strumentale Wipe Out classico dei Surfaris del ‘63, e anche quando incattivisce la sempre bella The Blues Come Around di Hank Williams Sr.
Meno apprezzabile è il risultato delle scontate Will The Circle Be Unbroken e Rolling In My Sweet Baby’s Arms, canzoni poco adatte ad essere trasformate in altro rispetto alla loro forma originale.
Il tutto parte bene con Detour, che ricordo cantato da Jim Rooney quando girava l’Italia con Rowan e Keith nei primi anni ’80, qui in stile Johnny Cash.
Tra alti (parecchi) e bassi (pochi) Tomorrow Never Comes è un disco modesto …ma divertente.
MC Records 0040 (Traditional Country, Rockabilly, 2000)
Maurizio Faulisi, fonte Country Store n. 58, 2001