Starliters - Lightin’ The Stars cover album

Li conosco personalmente da circa cinque anni, sono buoni amici, li ho ascoltati dal vivo almeno una trentina di volte, posseggo i loro lavori discografici. Per scrivere queste due righe cercherò di mettere in pratica il più possibile quel necessario distacco che permette al recensore di stendere liberamente un articoletto senza farsi influenzare da fattori personali. Altrimenti, dovessi anche tener conto di quanto mi è stato raccontato circa la produzione del disco che vado a presentarvi, finirei per condizionare il vostro parere.

La cosa importante, concorderete, è il prodotto finale.
Poco importa sapere quanti km si è dovuto macinare l’artista per arrivare allo studio, in che condizioni psico-fisiche si è trovato al momento delle registrazioni, se il materiale che ha registrato era pronto grazie a mesi e mesi di prove, oppure se è stato suggerito-imposto dal produttore il giorno prima o addirittura il giorno stesso delle registrazioni… Poco importa. Il prodotto finale è ciò che conta. E questo è buono. Anzi ottimo. L’esperienza maturata in centinaia di concerti, in Italia e all’estero, ha dato i suoi frutti.

Gli Starliters nascono nel 1995 come Howlin’ Lou & The Starliters, un quintetto di musica rockabilly che cerca subito di costruirsi una personalità originale, evitando di proporre solo classici e andando a pescare materiale di personaggi meno famosi e celebrati.
In fondo le canzoni di Presley, Vincent, Haley, Perkins, Cochran e Lewis avevano già trovato spazio nei concerti dei gruppi nei quali i componenti degli Starliters avevano fatto precedentemente parte.

Gli Starliters, in altre parole, sono la summa di una serie di esperienze (Tribal Bops, Rockhouse, Watchout Blues Band), un nuovo punto di partenza al quale si è giunti a seguito di un percorso obbligato attraverso i classici del genere.
E’ per questo che oggi ai loro concerti si ascoltano solo raramente brani famosi. Per dirla tutta, oggi la band non credo si possa definire 100% rockabilly, il loro periodo storico di riferimento è andato via via spostandosi a ritroso fino ai primi anni ’50, quel periodo che si deve considerare pre-rock’n’roll. E trattandosi di materiale bianco, inevitabilmente si entra con tutti e due i piedi in territorio honky tonk, hillbilly e western swing.

Fatta una concessione all’indimenticabile Johnny Horton, Lightin’ The Stars è una raccolta di canzoni di rara reperibilità nella versione originale, e i tre brani scritti da Massimo Zampini (lead vocals e guitar. Gli altri sono Sergio Panigada, steel; Roberto Marmieri, contrabbasso; Matteo Bosisio, guitar; Corrado Masotina, drums) si inseriscono in questo contesto senza svelare la loro attualità.

Le tracce che preferisco, se può interessarvi, sono Blues Around My Door, I Don’t Know If I Should Leave, Watch Dog, Hoot Scoot, Love Is A Fever e la conclusiva 3 Times 7 di Merle Travis con effetti di registrazione che rendono il brano ancora più ‘vintage’ dei precedenti.

Il suono prodotto è tipicamente anni ’40 e ’50, registrato con apparecchiature d’epoca e con largo uso di eco. Apprezzo questa scelta, e anche quella del Mono, ma preferisco la Stereofonia e i potenti, moderni mezzi che abbiamo oggi a disposizione.
Hats off e applausi agli Starliters, se li meritano.

Tail TRCD-112 (Hillbilly Boogie, Rockabilly, 2002)

Maurizio Faulisi, fonte Country Store n. 62, 2002

Link amici

Comfort Festival 2024