Steve Gillette - A Little Warmth cover album

Steve Gillette è un cantautore folk americano già conosciuto in occasione della pubblicazione da parte della Sierra/Briar del suo recente album registrato direct-to-disk. Si è rifatto il suo nome parlando di Shep Cooke, per sottolineare come a seguito dei lusinghieri apprezzamenti riservati dalla critica a quell’album, era tornato in sala d’incisione questa volta sotto la guida nientemeno che di Graham Nash. Il frutto di questo lavoro è già disponibile grazie ad una nuova etichetta californiana, la Regency Records, diretta da Lloyd Segal e distribuita dalla Flying Fish.
La foto di copertina con Steve a cavalcioni su di una sedia che abbraccia una Fender Stratocaster ci dà subito l’immagine della diversa atmosfera di questo disco, elettrica e composita, più ricca e più orecchiabile. Egli non è più solo con la sua voce e le sue chitarre Martin, ma lo accompagnano stavolta grossi musicisti, spesso nostre vecchie conoscenze, tra cui Jennifer Warnes, Joel Bernstein (vocals), Chris Ethridge, l’onnipresente David Lindley, Hank De Vito, Thad Maxwell (steel guitar), Pete Sears (piano), abilmente guidati dall’esperto Willie (Graham Nash).

Le canzoni presentate, ancora una volta molto belle e particolari, sono squarci di vita quotidiana con i loro problemi e le loro complicazioni e l’accento maggiormente posto sui rapporti uomo-donna. Rapporti difficili e mai completi sicché la minaccia della solitudine, che però non diventa disperazione, si aggira tra i solchi quasi disinvoltamente. Solo tre i brani che Steve scrive interamente da solo: She’s Not You dolce e orchestrale, I Believe In You intensa e carica e To Be Good Friends nella quale l’autore si chiede quanto possa valere la sua amicizia.
In altre canzoni collabora con lui David Mackechwie, con cui ha trovato un’intesa ed un affiatamento davvero notevoli che hanno prodotto pezzi d’influenza country come Sweet Melinda, classica truckdriving song e Three Lines, con un delizioso e facile ritornello sostenuto da guizzi di steel guitar ed altri più lenti e distesi come Lost The Good Thing We Had (la nostra vita non è più quella di una volta) con indovinato accompagnamento vocale femminile e Ships That Pass In The Night altra dolce retrospettiva d’amore.

Da mettere in evidenza poi la presenza di un motivo di Nash, You’ll Never Be The Same (da Wild Tales) chiaro omaggio al producer e due splendide ballate firmate da Les Bohem (la prima con Mac Holbert che suona l’armonica): A Little Warmth lamento di un uomo provato dal freddo e dalla fatica che chiede un po’ di calore, brano che si merita giustamente di dare il titolo all’album e Holding On To Nothin’ ampia e fluida riflessione intorno ad un amore senza solide basi. La voce di Gillette, con quel suo timbro caldo, vibrante, maschio e sensuale, fa centro ancora una volta. Non resta allora che augurare buona fortuna a questo disco, per il quale non sono più sufficienti solo gli elogi della critica.

Regency 79002 (Singer Songwriter, 1979)

Raffaele Galli, fonte Mucchio Selvaggio n. 27, 1980

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