Telluride Festival

Per me, amante della montagna e appassionato di bluegrass, riesce difficile pensare ad una collocazione migliore di quella trovata dagli organizzatori del Telluride Bluegrass Music Festival. Questo accogliente paesino turistico si trova infatti tra le boscose montagne del Colorado, proprio in fondo ad una piccola valle, ai piedi di una catena di monti di notevole altitudine (a fine giugno sono ancora innevati) dove se di giorno, con il sole, si sta volentieri anche in costume da bagno, di sera è quasi indispensabile il piumino.

Il grande successo, sempre crescente, che questo festival riscuote da ormai 16 anni è la riprova che il connubio musica & natura è quantomai vincente. I musicisti che abitualmente suonano qui lo vivono come una grande festa e quelli, di nuovi, che di anno in anno vengono invitati, ne sono molto lusingati poiché l’ambiente che qui si ricrea ogni volta è qualcosa di veramente speciale: non mi era mai capitato di assistere a festival dove così massicciamente i musicisti si chiamano l’un l’altro a suonare assieme nei rispettivi set.

Ma veniamo agli avvenimenti di questa sedicesima edizione. Innanzitutto un programma fittissimo che prevede, senza contare i contest dei vari strumenti, ben 21 set nell’arco di tre giornate. I nomi in programma sono altisonanti, si va dalla Nitty Gritty Dirt Band ai New Grass Revival, da Bruce Hornsby a David Grisman, dagli Hot Rize alle Blue Rose, tanto da costringere ad una maratona alla quale nemmeno i più incalliti riuscirebbero a sopravvivere. L’organizzazione è praticamente perfetta, sia sul palco che fuori, decine e decine di volontari garantiscono la perfetta efficienza di tutte le strutture, dal parcheggio allo smaltimento dei rifiuti, e la cosa non è semplice, se avete presente cosa rimane normalmente su un prato alla fine di un concerto. Anche lo staff dirigente fa un ottimo lavoro ed in particolare risulta preziosissima per noi la collaborazione di Dawn Richardson (Production Assistant) il cui compito principale è coordinare le interviste con i musicisti presenti al festival. Sia all’interno che all’esterno dell’area del concerto vengono condotti con maestria anche una serie di workshop e seminari, dove le grandi star del palco trasferiscono il loro sapere e la loro professionalità direttamente ai fan più incalliti.

Ma veniamo ai fatti salienti; il primo giorno trascorre tranquillo, tra contest e gruppi minori, giusto per farsi un pò di fiato, ma già dal primo pomeriggio del secondo giorno si cambia marcia grazie ad una buona performance delle Blue Rose. Il gruppo delle ladies del bluegrass, capitanate dalla briosa Cathy Fink, fa veramente un’ottima impressione e le stesse ragazze, al termine del set, mi garantiscono di persona di non temere il confronto con alcun gruppo maschile. Le rassicuro che si vede e corro di nuovo sotto il palco perché insieme a Michael Martin Murphey sono già saliti anche il 50% dei New Grass Revival e della Dirt Band e tutti assieme regalano minuti di grande musica.

Neanche mezz’ora di intervallo ed ecco l’evento atteso da tutti: La Nitty Gritty Dirt Band sale sul palco al gran completo, ed è subito festa. Reduce fresco dall’incisione del capitolo secondo di Will The Circle Be Umbroken il quartetto forse in assoluto più popolare d’America scaraventa sul pubblico tonnellate di decibel e, come prevedibile, già dopo pochi brani inizia il carosello degli ospiti. Con Telluride in visibilio si chiude a tarda notte il loro set.

E’ ancora nelle orecchie di tutti l’eco di Battle Of New Orleans quando, il mattino dopo, una squisita Alison Krauss assieme ai suoi Union Station piacevolmente riscopre una serie di traditional che sono il giusto antipasto ai classici e perfetti Hot Rize. Tengono tutti incollati, questi ultimi, in maniera quasi magica; le voci si fondono alla perfezione, gli assoli sono senza sbavature, il bluegrass diventa quasi religione. Ed eccoli, un attimo dopo, irriverenti e dissacranti, con addosso i panni dei Trailblazers, capitanati da Red Knuckles, che null’altri è che Tim O’Brien nei panni di un’improbabile star del Music Business, accompagnato e sospinto, come un cavallo di razza, da un’ancora più improbabile impresario: Jerry Douglas. La gente si piega in due dalle risate ma non può fare a meno di notare che anche in tale guisa gli Hot Rize fanno sempre ottima musica. Il pomeriggio prosegue con un pò di scoppiettante western grazie ai Riders In The Sky ed approda, quindi, ai lidi del sofisticato Mr. Dawg. Riporta ai bei tempi del quintet questa esibizione di David Grisman, coadiuvato al violino, tra gli altri, da un eccezionale Mark O’Connor. “Tornerò ben presto alla grande a produrre ‘musica acustica leggermente usata’”, ci assicura a termine concerto, “perché mi piace spaziare qua e là, e l’importante è fare buona musica”.

Pienamente d’accordo mi faccio largo a gomitate, da tanto è affollato il settore della stampa, per poter conquistare un pezzettino di prato sotto il palco: i New Grass Revival hanno appena iniziato il loro set. Per loro è d’uopo un discorso a parte; presenti qui a Telluride ormai da 14 anni sono diventati un’istituzione per questo pubblico. Molti vengono qui solo per sentire loro, e loro, coscienti di ciò, danno ogni volta il massimo di sé stessi. Lo show è quindi, se possibile, anche più scoppiettante del solito, ci danno dentro, strappano applausi e consensi e sono in molti, quando alla fine lasciano il palco, a pensare che il momento clou del festival sia passato assieme a loro.

La serata si conclude con Bruce Hornsby, pianista poliedrico molto quotato negli States (nel 1986 ha guadagnato il Grammy come rivelazione), che si dimostra gradevole ed intelligente, richiamando sul palco gli stessi NGR e tutti i musicisti che gli capitano a tiro. Si giunge, un pò spossati da tanta abbondanza, al giorno conclusivo che vede di primo mattino una improvvisata session con una quindicina di artisti generosamente venuti a coprire il vuoto lasciato dal mancato set di Bryan Bowers.

La giornata prosegue con il duo Tim & Molly O’Brien e subito dopo con Maura O’Connell, reduce dai fasti nelle isole britanniche, dove la sua bella voce venne casualmente scoperta in un pub dai De Dannan, e qui accompagnata da Russ Baremberg, Edgar Meyer e Jerry Douglas.

Ma è alla fine della giornata il pezzo forte che conclude in bellezza: il set degli Strenght In Numbers, gruppo superstar formato da Sam Bush, Jerry Douglas, Mark O’Connor, Bela Fleck e Edgar Meyer (cfr. recensione dell’album The Telluride Session su questo stesso numero). Fanno faville e convincono tutti, sono tra i personaggi più amati, qui a Telluride, il loro repertorio è scritto ad hoc, mette in rilievo l’abilità di ciascuno di loro, l’insieme è compatto, la base è solida: sono un supergruppo, speriamo che decidano di proseguire in questa loro avventura.

Alla fine lo staff ci assicura che sono già al lavoro per una, se possibile, addirittura più ricca edizione per l’anno venturo; l’appuntamento è per l’ultimo weekend di giugno.

Daniele Bovio, fonte Hi, Folks! n. 37, 1989

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