Terry Allen – Lubbock cover album

Da qualche anno a questa parte molti nomi di valore sono venuti dal Lone Star state: da Joe Ely a Butch Hancock, da Guy Clark a Rodney Crowell, da Jerry Jeff Walker a Michael Murphey, e così via, per nominare solo alcuni dei più famosi. Proprio il Texas poi ha rinnovato il country, con l’introduzione degli outlaws Waylon & Willie, e ha riproposto uno stile honky-tonk rivisitato negli anni ’70. Allen è un nuovo personaggio, ma i più attenti ed i cultori avranno notato già il suo nome nelle note di copertina di Times Love A Hero dei Little Feat, dove Terry scrisse per la band di Lowell l’ottima New Dehli Freight Train. A parte questo illustre capitolo Allen è comunque un musicista nuovo di zecca tutto da conoscere e da apprezzare. Dell’uomo non sappiamo molto, mentre il musicista ci ha affascinato immediatamente con due opere tanto diverse quanto riuscite.

Le prime notizie le abbiamo nel ’75, con l’uscita del primo album: Juarez. Già nel titolo il disco rispecchia quella che è la cultura di base dell’autore: la musica di Allen è tutta intrisa di elementi ed umori tipici della terra da cui proviene. Il sapore del border, le particolari fusioni musicali tra lo stile texano e quello messicano, le leggende ed i miti dei luoghi di vita sono alcuni degli elementi principali della musica di Terry. Juarez è un album particolare: completamente acustico, ha come base il pianoforte e pochi scarni strumenti di contorno: l’acoustic guitar di Gregg Douglass (Terry and the Pirates), la slide di Peter Kaukonen e la voce di Terry Allen. Miti e leggende della sua terra sono riportate in un particolare racconto sonoro, con la citazione di luoghi storici quali Juarez, Dogwood, Cottez, e l’uso continuo di termini comuni come corte madera, cantina, carlotta etc.
Comunque il disco serve egregiamente da introduzione alla vera opera principe di Terry Allen: Lubbock (On Everything), un album doppio, dalla struttura musicale corposa e solidissima, che non esito a giudicare tra i più belli di quest’anno. Allen è un musicista poliedrico e riesce a sviscerare completamente la sua splendida struttura di autore in questo doppio album: è un tour de force veramente ineccepibile in cui l’autore sfiora volutamente tutti gli elementi più tipici della musica texana (ed americana). Nel disco troviamo musica tex mex, country, honky-tonk, rock, blues ed alcune trovate jazz/dixie: il tutto eseguito con incredibile maestria, con i vari stili fusi alla perfezione in un tutt’uno sonoro.

Un album come Lubbock (On Everything) è un piacere per l’ascoltatore preparato ed una miniera di scoperte per il novizio: tramite questo disco ogni ascoltatore può avere una particolare introduzione nel microcosmo musicale dell’autore, che non è tanto un piccolo mondo personale chiuso, quanto un libro aperto su tutto quello che di meglio la musica texana ha mostrato fino ad oggi. Inoltre l’album è denso di citazioni dei luoghi classici della moderna mitologia texana: da Lubbock, il titolo appunto, che è la patria di Buddy Holly, Ely, Hancock ed altri, a Flatland Farmer, da My Amigo alla colta The Wolfman Of Del Rio, da High Plains Jamboree a Amarillo Highway.
L’incisione del disco è avvenuta nel corso del ’78, negli studios di Don Caldwell a Lubbock, dove hanno inciso anche Ely ed i Maines Brothers; proprio la presenza di Joe Ely e della sua band è assai importante per la corposa struttura base del suono, che molto deve al sapiente stile di Ely, anche se Allen svolge poi personalmente ogni sua teoria sonora. Oltre a Joe Ely, Lloyd Maines ed il resto della band (non dimentichiamo lo splendido fisarmonicista Ponty Bone), appaiono nell’album di Allen anche Richard Bowden, Don Caldwell, Jesse Taylor ed altri validi strumentisti della zona adiacente a Lubbock.

In un contesto denso di canzoni e melodie tanto varie ed accattivanti, mi limito a citare solo alcuni dei titoli: infatti data la vastità del materiale esposto, porterebbe via troppo spazio il descrivere minuziosamente ogni canzone. Apre l’album Amarillo Highway, una tipica melodia texana, di quelle che si sentono alla radio mentre si percorrono le infinite autostrade del grande stato americano; quindi abbiamo High Plains Jamboree, un brano mosso dedicato ai celebri altopiani spazzati dal vento; segue la pianistica The Wolfman Of Del Rio, una ballata decadente e malinconica, dal testo colto e pieno di citazioni e di vita locale.
Lubbock Woman e The Girl Who Danced Oklahoma sono due tipiche canzoni/racconto, che trattano di due donne differenti e di due ambienti in netta antitesi, ma con in comune un discorso musicale simile; specialmente la lunga The Girl Who Danced Oklahoma è stupenda per la sua lineare struttura sonora e per il particolare accompagnamento ritmico pianistico. Truckload Of Art, che è introdotta da un recitato molto personale, ha una sua struttura melodica intima e personale, differente dal resto di Lubbock... Seguono alcune cose di sapore francese come la spiritosa Oui e Rendevous USA.

Cocktails For Three è un brano vagamente old-fashioned, mentre la seguente The Beautiful Waitress è una splendida canzone che ha le sue radici in certe melodie europee. L’uso continuo del violino ed il testo denso di citazioni la definiscono uno dei punti basilari del disco, e quella sua atmosfera tutta particolare le conferisce un tono musicale unico. La versione di New Dehli Freight Train, eseguita in sette lunghi minuti, con una ritmica trascinante, tipica di un treno appunto, è veramente accattivante, superiore anche a quella dei Little Feat, anche se il paragone non ha molto ragione d’essere in quanto le due esecuzioni sono molto diverse.
Nell’ultima facciata troviamo l’autobiografia Flatland Farmer, la splendida My Amigo, una pura ballata acustica dal vago sapore messicano, quindi The Pink And The Black Song con accenni fiatistici che ci rammentano il miglior Bromberg e, per concludere, il valzerone acustico The Thirty Years War Waltz, che ci rammenta uno dei capolavori del duo Ely/Hancock, cioè West Texas Waltz. Appunto questa ultima canzone ci dà la misura del valore di Allen come autore, della sua classe di liricista e della sua preparazione pura di musicista. Sicuramente Terry Allen ha un avvenire assicurato, al di fuori dei confini di quell’anonimato che fino ad ora lo ha accompagnato, ed un album come Lubbock è da considerarsi tra i pochi dischi imperdibili che mi permetto di consigliare a chiunque.

Sugar Hill 1047 (Traditional Country, Honky Tonk, 1979)

Paolo Carù, fonte Mucchio Selvaggio n. 26, 1980

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