Groundhogs

Il primo nucleo dei Groundhogs appare nel 1962, quando il chitarrista Tony McPhee fonda il gruppo insieme a Pete Cruickshank (basso) e David Borman (batteria). In quel periodo la scena musicale inglese era in gran fermento, si stava passando dal beat alla stagione fulgida e creativa del British-blues. Per dare un impulso più decisamente blues al rozzo beat-rock delle origini l’ex impiegato postale Tony McPhee chiama nel gruppo il pianista Bob Hall, un nome importante del blues d’oltremanica, e con questa formazione intraprende alcuni tour europei accompagnando il grande bluesman John Lee Hooker. La band si fa chiamare John Lee’s Groundhogs.
L’avvenimento è testimoniato dall’album John Lee Hooker And Seven Nights (Verve/Forecast 1966, USA), recentemente ripubblicato in CD dalla Sequel Records. Con un simile biglietto da visita si dovrebbero aprire orizzonti infiniti, invece l’irrequieto McPhee nel 1966 scioglie la band dedicandosi a collaborazioni saltuarie.

Interessante è il duo formato con la cantante Jo-Ann Kelly dove il nostro mette in mostra grandi doti tecniche all’acustica, rivisitando i classici del Delta-blues. Contemporaneamente si esibisce anche con gli Hapshash & Coloured Coat una delle primissime formazioni inglesi di pop psichedelico. Nel 1968, finalmente, Groundhogs prende corpo nuovamente con una formazione che accanto al chitarrista vede all’opera il ‘vecchio’ Cruickshank al basso, Ken Pustelnik alla batteria ed il cantante-armonicista Steve Rye. La nuova band registra Scratching The Surface (Liberty 1969, GB) che mantiene ben presenti i connotati blues del periodo. Il risultato è ovviamente di grande spessore, McPhee è cresciuto e brani come Married Man e No More Doggin’ mettono in mostra le grandi doti di questo strumentista al quale il classico blues comincia a stare stretto. Poco dopo l’armonicista Rye abbandona la band e il trio è sempre più nelle mani di McPhee.

L’alba del 1969 vede la pubblicazione di Blues Obituary (Liberty 1969, GB) dal titolo e copertina emblematica del nuovo corso dei Groundhogs. I brani sono dilatati, il suono è diretto verso forme più decisamente rock, il tutto senza però rinnegare le radici blues della band!
Thank Christ For The Bomb del Febbraio ’70 (Liberty 1970, GB) conferma il periodo creativo della formazione a tre. Nel disco, che sviluppa il tema dell’antinucleare, troviamo alcuni piccoli gioielli come Soldier, un classico ormai, e Garden.
Le ottime vendite del disco e i buon esiti dei tour europei, specialmente in Germania, convincono la band ad entrare immediatamente in studio.

Poco dopo, nel Novembre del ’70, esce Split (Liberty ’71, GB) una sorta di album concept sul tema della pazzia che si rivela un piccolo capolavoro nel suo genere. La prima facciata è occupata dalla suite Split, divisa in quattro parti, dove i Groundhogs toccano il vertice della loro produzione. Rock, blues, improvvisazione e psichedelia si fondono alla perfezione e McPhee arriva a vette creative impensate anche a livello compositivo.
La critica inglese, di solito tiepida, si scatena e giudica McPhee il Jimi Hendrix inglese. Così, inevitabilmente, le vendite del disco salgono. Il trittico Blues Obituary, Thank Christ For The Bomb e Split rimane anche oggi una delle migliori pagine del rock anglosassone ed un punto di riferimento obbligato per ogni appassionato di questo genere.

Purtroppo, come spesso accade, dopo aver raggiunto il culmine, inizia la lenta discesa. Il gruppo si siede sugli allori, McPhee sembra che abbia spremuto tutte le idee e pensa sempre più a se stesso. Pubblica così un album solo, Two Sides Of Tony McPhee (WWA 1973, GB), dove si divide tra congegni elettronici ed una side di blues acustico di tutto rispetto.
Dal vivo comunque i Groundhogs sono attivi, si mantengono ad alti livelli, l’impatto con il pubblico genera concerti incandescenti, tra i migliori in assoluto!

I primi veri segni di crisi si notano con l’abbandono del batterista Ken Pustelnik, all’indomani dell’uscita di Who Will Save The World (U.A. 1972, GB), un album diverso dai precedenti. McPhee intuisce che non può forzare il già alto livello creativo e sposta l’asse del gruppo verso il rock progressivo, ben più accentuato in Hogwash (U.A. 1972, G.B.), che presenta il nuovo batterista Clive Brooks (ex Arzachel, Egg). Inoltre, per la prima volta sono presenti organo e piano suonati dal chitarrista stesso. Ovviamente l’album viene mal recensito dai ‘puristi’ inglesi, che non gradiscono il cambio di rotta della band. Oggi, invece, a distanza di oltre vent’anni, il disco brilla ancora e si fa apprezzare almeno per tre titoli di rara bellezza: l’iniziale I Love Miss Ogyny, Mr. Hooker Sir John – dedicata al maestro Hooker – e 3744 James Road uno dei pezzi migliori nati dalla penna di McPhee.

Nel 1974 dopo varie traversie i Groundhogs si sciolgono e decretano la fine del primo periodo della loro esistenza. Tony McPhee si ritira per un paio d’anni nella campagna inglese, a Shwesbury. Qui amplia i suoi studi sull’elettronica, abbandonando la chitarra, e si dedica all’uso delle tastiere. Installa un proprio piccolo studio di registrazione e nel frattempo fa uscire Solid (WWA 1974, B.), un’incisione ‘postuma’ in linea con il precedente album, che conferma lo stato confusionale della band anche se qua e là troviamo degli spunti interessanti.
Nel 1976 il chitarrista ci riprova ed esce con una nuova band comprendente Martin Kent (basso), Mick Cook (batteria) – provenienti dagli Home, una formazione di hard-rock dei primi ’70 con tre album all’attivo – ed il chitarrista Dave Wellbelove che consente a McPhee di dedicarsi alle tastiere, sua nuova passione.

Crosscut Saw (U.A. 1976, B.) e Black Diamond (U.A. 1976, B.) sono due lavori sottotono, troppo rivolti ad un hard-rock senza cuore ed in linea con la crisi che attanaglia il rock in quel periodo.
Nel 1978 abbiamo l’ennesimo scioglimento degli ‘Hogs’ e Tony forma i Terraplane, un trio hard-blues senza infamia e senza lode, per poi fare sparire le proprie tracce fino al 1984, quando la Psycho Records immette sul mercato Hogging The Stage un doppio album che presenta la band dei tempi d’oro in superbe esibizioni a Leeds e Londra nel 1971 e Stoccolma nel 1976 con la seconda formazione.
Razors Edge (Landslide 1985, B.) è l’album del terzo capitolo Groundhogs. Accanto al leader troviamo Alan Fish al basso e Mick Kirton alla batteria. Il sound si è indurito notevolmente, ma non dispiace l’hard-blues anni ’80 che scorre nei solchi, la chitarra è tagliente come la lama di un coltello. McPhee si dimostra in forma e creativo, quasi come una volta. I fans gradiscono e la band è di nuovo una realtà del British-rock.

Poco importa se con Back Against The Wall (Demi-Monde 1986, GB) cambia ancora la formazione, ora con McPhee abbiamo il giovane ma apprezzabile batterista Mick Jones e l’esperto bassista Dave Anderson (ex Hawkwind ed Amon Duul). Il sound è addirittura migliorato, ora all’hard-blues è affiancato del progressive (inusuale per una band di questo tipo ed in un simile periodo). La crisi pesante in cui si dibatte il rock degli anni ’80 fa sì che un simile prodotto rischi di diventare un capolavoro! L’unico neo è rappresentato dal fatto che la critica e le riviste specializzate ignorano il disco che purtroppo passa inosservato.
Ad ogni modo, come spesso accade, si mettono in moto le piccole etichette specializzate e gli echi di resurrezione dei Groundhogs vengono colti in No Surrender (HTD 1989, GB) un’incisione live che testimonia il periodo di buona salute di McPhee e soci, che vengono ‘sor-presi’ in un club di Leos (Kent) alle prese con vecchi e nuovi successi (ottime le riprese di 3744 James Road e Garden).
Subito dopo vede la luce un altro ‘live’, questa volta doppio: Hogs On The Road (Demi-Monde 1980, GB). Si tratta di registrazioni che risalgono ad un lungo tour tedesco ed anche in questo caso: Hogs in ottima salute!

E’ soprattutto l’attività live il motivo dominante del corso della band anni ’80-’90 e sull’onda di questo ritorno abbiamo l’occasione di vederli finalmente in Italia nel Maggio del ’91. Due date soltanto: a Torino e Mantova (nel corso dell’annuale Festival Blues). E’ di questi giorni l’uscita del secondo lavoro solista di Tony McPhee: Foolish Pride (HTD 93, G.B.), mentre è annunciato un nuovo lavoro discografico, Groundhogs Night in cui vi è la volontà di proseguire da parte di un trio che si conferma a buoni livelli in questi anni di crisi – ormai perenne purtroppo – del rock. Quindi, l’avventura iniziata nel lontano 1962 continua, non conosce soste ed altre Groundhogs nights ci aspettano a rinverdire i fasti di uno dei migliori esempi di rock anglosassone.

Discografia

Groundhogs:
Scratching The Surface (Liberty 1968 GB) (ristampa BGO CD 15)
Blues Obituary (Liberty 1968 GB) (ristampa CD BGO 6)
Thank Christ For The Bomb (Liberty 1970 GB) (ristampa CD BGO 67)
Split (Liberty 1971 GB) (ristampa CD BGO 76)
Who Will Save The World (United Artists 1972 GB) (rist. CD BGO 77)
Hogwash (United Artists 1972 GB) (rist. CD BGO 44)
Solid (WWA 1974 GB)
Crosscut Saw (United Artists 1976 GB)
Black Diamond (United Artists 1976 GB) (rist. con Crosscut Saw CD BGO 131)
Hogging The Stage (2 LP) (Psyco 1984 GB)
Razors Edge (Landslide 1985 GB)
Back Against The Wall (Demi Monde 1986 GB)
No Surrender (HTD 1989 GB)
Hogs On The Road (2 LP) (Demi Monde 1990 GB)
Groundhogs Night (2 CD) (HTD 1993 GB)

Tony McPhee:
Two Sides Of Tony McPhee (WWA 1973 GB)
Foolish Pride ( HTD 1993 GB)

Franco Bigi, fonte Out Of Time n. 2, 1994

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