The Band – Jericho cover album

Sono passati ormai 15 anni da The Last Waltz, quello che doveva restare l’ultima testimonianza di un gruppo che aveva segnato la storia del rock… Ed ora abbiamo tra le mani Jericho, il primo album della Band dal 1975.
Tutto questo fa uno strano effetto. Viene da pensare che i motivi che spingono un complesso a rimettersi insieme non siano solamente artistici. Forse sarà perché pensare alla Band senza Manuel e Robertson riesce veramente difficile. Ma ascoltando Jericho ci si rende conto che questi non sono altro che pregiudizi, magari fondati, ma pur sempre pregiudizi. Ci sono i tre membri originari Levon Helm, Rick Danko e Garth Hudson coadiuvati da Jim Weider, Randy Ciarlante e Richard Bell. Richard Manuel è presente nel disco con un brano inciso prima della sua scomparsa: Country Boy.

L’assenza di Robertson si sente fino ad un certo punto e se si pensa che buona parte del disco è fatto da cover, e che cover… Oltre a quelle di Willie Dixon e Muddy Waters, ci sono due pezzi che da soli sarebbero sufficienti per consigliare l’acquisto del CD: Blind Willie McTell, di Dylan, sembra fatta apposta per la Band, ed Atlantic City di Springsteen, dove la stupenda melodia viene rielaborata in chiave folk-rock usando mandolino e fisarmonica, con un risultato che lascia a bocca aperta.

Ci sono ottimi originali, come The Caves Of Jericho e Remedy, il cui incipit ricorda The Night They Drove… ed altri momenti meno felici (Move To Japan).
Ma tutto questo non ha nulla a che vedere con la nostalgia. Jericho è un ottimo disco, in cui c’è tutto ciò che ci ha fatto amare il sound della Band; certo che se il lavoro si mantenesse sui livelli delle prime quattro canzoni sarebbe un capolavoro. Ma non ci si può proprio lamentare. In fin dei conti è come se avessimo ritrovato in perfetta forma un amico che non speravamo più di incontrare.

Essential ESSCD 199/Pyramid Rhino R2 71564 (Roots Rock, 1993)

Gianni Sibilla, fonte Out Of Time n. 2, 1994

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